Su un marciapiede di Viareggio, nel 2024 dopo Cristo, una persona fuori di sé, colpita nella sua borsa, investe e uccide, con determinazione rabbiosa, e senza pietà, un'altra persona¹, un ladro di borse, irregolare, fuori della sua patria, senza dimora.
È terribile. È insopportabile: secoli di civiltà del diritto stramazzano a terra, davanti a una vetrina insanguinata e a una borsa recuperata.
Eppure è sempre così, ancora: al di là di tanta ferocia dell'attimo, il "successo", dominante, impaziente, e a volte violento, dei "benestanti" non sopporta, e cancella in ogni modo, l'esistenza della "miseria", precaria, schiava del caso, disorientata, e a volte violenta, quasi sempre soccombente, degli "ultimi".
La "parola" muore definitivamente e vive sola la "forza": e quel marciapiede diventa il luogo/simbolo del fallimento atroce nella relazione tra chi ha e chi non ha, tra chi può "dare" e chi chiede di "avere".
O no?
Severo Laleo
¹ Nourdine Naziki
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