Con la condanna della Commissione
Grandi Rischi (attenzione non parlo
della condanna delle persone, ognuna rispettabile e in buona
fede,
almeno così voglio credere), in Italia ha luogo un importante
cambiamento,
significativo, per il comune sentire, e quasi disegna un civile
spartiacque.
Un cambiamento, si spera, fecondo di nuovi comportamenti di
etica sociale,
soprattutto nelle nuove generazioni, le quali, nel loro agire
pubblico,
non potranno più dimenticare, domani, il dolore della gente d’Abruzzo.
E giunge severa la condanna, e carica di senso, e di
speranza,
proprio in un momento, così deflagrante, di degrado generale
della vita pubblica,
esito di un decennio e più di “distrazioni” diffuse in ogni
campo d’azione,
specie per il “fare”, allegro, delle classi dirigenti al potere,
spesso inette.
Unfit, comunque.
La sentenza del Giudice Unico Marco Billi, con il suo rigore nell'analisi
della sequenza dei fatti, con la sua determinazione “nel capire i
fatti”,
condanna, insieme alla colpevole faciloneria, anche, ad
esempio,
l’incapacità di un Governo, sebbene tecnico e nato persino con l'ambizione
(esagerata) di modificare la "mentalità" degli italiani, di varare una
legge
anti-corruzione moderna, efficace, giusta, in sé dissuasiva di reati,
solo perché ancora schiavo dell'arte nostra di "arrangiare" accordi al ribasso,
per non
urtare questa o l’altra sensibilità (si fa per dire!) di una già sfiduciata
classe politica, confermando, così, ancora una
volta, la logica tutta italiana
dell’”accomodamento”, sempre a scapito della ”serietà” consapevole
delle proprie responsabilità. Laddove il Governo dei Professori ha fallito,
e ancora fallisce sulla legge anticorruzione,
un Giudice, da solo, è riuscito a richiamare, all'obbligo morale dell'attenzione
verso le persone, i "potenti", i decisori, di turno.
A L’Aquila muore il nostro pressappochismo, la nostra
sciatteria,
la nostra approssimazione, la nostra imprecisione, la nostra incapacità
pigra ed egoistica di spenderci per il bene pubblico, e di usare,
con intransigenza, l’“onestà” della ragione
(mentre più attenti e generosi diventiamo quando si toccano i
sentimenti).
Forse la civilizzazione del nostro Paese partirà da L’Aquila.
O no?
Severo Laleo
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