La pretesa di nascondere dietro l’improbabile inadeguatezza della nostra
Costituzione l’eclatante
fallimento della Politica, soprattutto della classe dirigente
di questa
cosiddetta seconda Repubblica, dai Bossi ai Berlusconi con la servile
appendice
calderoliana, è davvero
insopportabile. Al limite della sfrontatezza.
Si tende a giustificare l’incapacità di una
classe politica ad agire secondo
una condotta etico-politica ineccepibile nel
rispetto della norma costituzionale,
con la meschina trovata di “aggiustare” la Costituzione alla reale e palese
inadeguatezza
del personale politico, solo per una migliore e più snella
manovrabilità del Potere.
La nostra Costituzione non è un freno o
peggio un impedimento alla realizzazione
di una buona pratica di governo, e se
l’elettorato distribuisce i voti in misura
non gradita secondo le attese dei
partiti (partiti? si fa per dire!)
non è la Costituzione a dover cambiare, sono le modalità di proposta e di azione
politica
da parte dei partiti (innanzitutto diventando democratici, cioè con l’obbligo
di praticare una trasparente e controllabile democrazia interna,
appunto secondo
Costituzione!) a dover cambiare.
.
La riforma dei partiti precede ogni
tentativo di modifiche alla Costituzione.
Un percorso diverso è segno di
prepotenza antidemocratica,
anche se gli artefici si dicono democratici.
La nostra Costituzione impone un limite
alla nostra cultura democratica
e alla nostra responsabilità politica: il
rispetto, in caso di modifiche,
delle procedure da essa previste. Anche per questi motivi aderisco al
documento
dei Comitati Dossetti per la Costituzione, di seguito riportato.
Comitati Dossetti per la Costituzione
La
legge grimaldello contro la Costituzione grave errore del Governo e dei
partiti
I Comitati Dossetti per la Costituzione
denunciano come inammissibile il disegno di legge costituzionale approvato dal
Consiglio dei ministri il 6 giugno 2013, che detta nuovi modi e tempi per la
riforma della Costituzione in violazione dell'art. 138 della Carta.
Violazioni che consistono, a
tacer d’altro:
1. nel
riconoscimento al Governo dell’inusitato ruolo di proponente delle riforme costituzionali, per giunta
coadiuvato da una commissione di esperti nominati dallo stesso Governo;
2. nell’altrettanto inusitata imposizione di un
limite temporale al procedimento di revisione, come se si trattasse dell’approvazione, con caratteri d’urgenza, di una legge ordinaria;
3. nella
diminuzione da tre mesi ad uno dell’intervallo intercorrente tra la prima e la seconda approvazione del testo
delle leggi di revisione costituzionale: un intervallo voluto espressamente dai
Costituenti perché le eventuali modifiche costituzionali potessero essere adeguatamente
discusse nell’opinione pubblica prima della delibera definitiva
delle Camere (nella quale, com’è noto, non è ammissibile la presentazione di emendamenti) .
Si è eccepito che queste modifiche
verrebbero ad essere contenute in una legge costituzionale ad hoc. Questa non è però una valida giustificazione. Da un lato tali modifiche spiegherebbero
infatti “effetti permanenti” con riferimento alla disciplina
procedimentale delle future leggi costituzionali, per cui si tratterebbe di “deroghe con effetti permanenti” e cioè di vere e proprie modifiche
surrettizie all’art. 138; dall’altro il fatto che tali modifiche siano
contenute in una legge costituzionale non significa alcunché perché le leggi costituzionali, non
diversamente dalle leggi ordinarie, devono rispettare i limiti formali e
sostanziali posti dalla Costituzione.
Si tratta pertanto di una legge
grimaldello che fa saltare le garanzie e le regole che la Costituzione stessa
ha eretto a sua difesa, e che finché sono in vigore vanno rispettate. Essa contempla che in diciotto mesi
vengano cambiati forma dello Stato, forma di Governo, Parlamento e l’intero equilibrio fra i poteri dello
Stato su cui riposano i diritti dei cittadini.
I Comitati Dossetti per la Costituzione,
richiamandosi alla grande manifestazione di patriottismo costituzionale
tenutasi a Bologna il 2 giugno con la partecipazione di popolo e rappresentanti
di movimenti di massa, e dando seguito al loro appello del 2 maggio “Giuristi contro la Convenzione”, fanno presente al Governo ed alla
maggioranza parlamentare che con tale disegno di legge, rispecchiante la
mozione delle Camere del 29 maggio scorso, viene compiuto un gravissimo errore,
a cui, tuttavia, sarebbe ancora possibile non dare corso.
La previsione e l’auspicio, formulati da molti e dallo
stesso Presidente della Repubblica che da qui a poco più di diciotto mesi si possa
concludere l'iter delle riforme, sono tutti basati sul presupposto che il
disegno di legge costituzionale, presentato ora al Parlamento, sia subito
approvato e poi, nello spirito dell’Alleanza manifestatasi il 29 maggio, sia definitivamente varato in seconda
lettura alla fine di ottobre, con una maggioranza che superi i due terzi dei
voti, in modo tale che sia esclusa la possibilità di indire il referendum confermativo.
In tal caso partirebbe subito la
procedura di revisione, prima in un Comitato parlamentare di 40 membri e poi
nelle aule parlamentari, dove il dibattito è pensato come rapido e formale.
Quanto al tipo di cambiamento, si va
dalla forma di Stato, alla forma di Governo, al numero dei Parlamentari, al
bicameralismo, fino alla corrispondente legge elettorale, mentre si affaccia il
mito del presidenzialismo. Si tratta di materie in cui le posizioni presenti
nel Parlamento e nel Paese sono le più diverse e contrastanti e che il Comitato dei 40 in pochi mesi
dovrebbe ricondurre ad unità, in un momento di massima crisi del Paese e di minore corrispondenza, dal
punto di vista rappresentativo, tra l’elettorato ed il Parlamento eletto con la legge “Porcellum”. La stessa legge proposta dal governo mostra di avvertire l'anomalia di un
cambiamento della democrazia e dello Stato fatto da una rappresentanza che non
rispecchia proporzionalmente le componenti dell’elettorato e che dunque può risolversi nell’imposizione di una minoranza. Infatti la legge stabilisce che il Comitato
dei 40 deve essere formato in modo da rispecchiare la proporzione fra i Gruppi,
tenendo conto non solo dei loro seggi in Parlamento ma anche dei voti
conseguiti alle elezioni politiche: segno che si vede la stortura ma non la si
risolve; infatti questa correzione proporzionalistica che per la prima volta
misura i rapporti fra i Gruppi parlamentari sulla base dei voti ricevuti e non
dei seggi, riguarda solo il momento referente del lavoro del Comitato, ma non
riguarda ovviamente il voto d'aula; questo poi avverrà non nella costituzionalmente
obbligata doppia lettura a distanza di tre mesi l'una dall'altra, ma con il
contingentamento dei tempi e l'arbitraria riduzione di tale intervallo ad un
mese. A questo punto rimarrà solo il referendum confermativo, che in ogni caso potrà essere richiesto, ma sarà troppo tardi perché l’elettorato, tormentato da una crisi gravissima e oberato da altri pensieri
possa decidere con libertà di coscienza sulla sorte della Repubblica e del suo ordinamento
democratico, piuttosto che essere trascinato in una sorta di plebiscito.
Tutto ciò dice come i prossimi 18-24 mesi saranno mesi di passione per la Costituzione
e forse la sua ultima prova.
Dov’è allora l’errore? A parte l’errore che è nella cosa stessa, esso sta nel fatto che, anziché offrire, come si vorrebbe, una
garanzia di durata al Governo Letta ed alla Grande Alleanza, la partita
costituzionale così aperta diventa fonte della loro massima debolezza. Agli occhi di
molti la questione diventa infatti il caso serio di una Repubblica democratica
e rappresentativa che sta o cade, e quindi attinge un’assoluta priorità a partire dal momento stesso in
cui si comincerà a discutere in Parlamento la legge
costituzionale di deroga all’art. 138.
Non vi è chi non veda come tra i mezzi per
fermare la riforma vi sia la procurata caduta del Governo, la dissoluzione
della sua maggioranza e l’insorgere di fratture nell’ambito degli stessi partiti della maggioranza, forse con le inevitabili
dimissioni dello stesso Presidente della Repubblica.
I Comitati Dossetti per la Costituzione,
per parte loro, si propongono le seguenti azioni:
1) esercitare una “moral suasion” per indurre i partiti di
maggioranza del Parlamento – che tutti si richiamano alla democrazia ed alla libertà – a garantire che in seconda lettura la legge grimaldello non sia
votata da una Santa Alleanza che raggiunga i due terzi dei voti, in modo che
non sia esclusa la possibilità costituzionale del referendum popolare;
2) presentare o promuovere la
presentazione, sin da questi mesi estivi, di singole leggi di revisione
costituzionale che, su punti specifici, e senza travolgere l’intero ordinamento:
- correggano il sistema bicamerale
investendo la sola Camera del rapporto di fiducia col Governo;
- ridefiniscano il rapporto fra Stato,
Regioni ed altre autonomie locali, ponendo rimedio alle negative esperienze
fatte fin qui;
- ridisegnino il numero dei
parlamentari;
- riscrivano l’art. 81;
- stabiliscano un tetto di spesa per le
spese militari ed un minimo di spesa per le spese scolastiche e formative;
- introducano il principio del reddito
minimo di esistenza vitale;
- enuncino un criterio d’indirizzo sui rapporti fra Italia ed
Unione Europea, sopraggiunti dopo l’entrata in vigore della Costituzione del 1948, criterio basato sul
perseguimento dell’unità vera e non solo economica dell’Europa e sulla salvaguardia della
personalità, dei valori supremi e della qualità della vita della comunità di tutti gli abitanti della
Penisola.
Altri temi specifici, se urgenti,
potranno essere oggetto di singoli progetti di legge di revisione
costituzionale, tutti sottoponibili, poi, separatamente a referendum popolare.
I Comitati Dossetti per la Costituzione
suggeriscono al Governo ed ai partiti veramente desiderosi di un
perfezionamento della nostra Costituzione che questa è la strada meno conflittuale col
Paese e con la giovane tradizione costituzionale italiana, nonché la più rapida per raggiungere graduali e
sicuri risultati di avanzamento istituzionale nella continuità dell’ordinamento democratico.
I Comitati Dossetti, infine, invitano tutte le associazioni, enti,
sindacati, comunità culturali e religiose a mantenere vigile l’interesse e la cura per la Costituzione
ed i valori che in essa finalmente hanno raggiunto la soglia del diritto
obbligante per tutti, e propongono che fin d’ora siano raccolti contributi volontari da depositare in un fondo presso la
Banca Etica per far fronte alle future spese dei prevedibili referendum in cui
si dovrà combattere la battaglia per la
Costituzione.
Raniero La Valle, Luigi Ferrajoli, Domenico Gallo, Umberto Allegretti,
Gaetano Azzariti, Francesco Bilancia, Nicola Colaianni, Alfonso Di Giovine,
Gianni Ferrara, Alessandro Pace, Giovanni Palombarini, Livio Pepino, Alessandro
Pizzorusso, Armando Spataro, Francesco Di Matteo, Tommaso Fulfaro, Sandro
Baldini, Maurizio Serofilli, Luisa Marchini, Barbara Romagnoli, Beppe
Giulietti, Francesca Landini, Associazione “Salviamo la Costituzione:
aggiornarla non demolirla”,
Giovanni Battista Baggi, Umberto Andalini, Alfonso Gianni, Francesco
Grespan, Stefano Sanchioni, Lidia Campagnano, Aldo Asvero Tropepi, Umberto
Musumeci, Anna Biagini, Gabriella Bentivoglio, Alda Busi, Maria
Ricciardi Giannoni, Associazione Liberacitadinanza, Giuseppe Salmè, Forum
Cittadini del Mondo R. Amarugi, Maurizio Buzzani, Bronzini Giuseppe, Mauro
Bortolani, Ada Pallai, Pietro Galati, Tiziana Valpiana, Gian Carlo Poddine,
Vilma Lucia Caon, Antonio Mammi, Comitato Dosseti per la Costituzione di Casalgrande
(RE), Marialba Pileggi, Romolo Tamburrini, Innocenza Indelicato, Ilaria
Cornetti, Giulia Venia, Gaetano Bonifacio, Umberto Baldocchi, Franco Ronconi,
Roberto Riverso, Eleonora Bellini, Gioacchino La Greca, Sebastiano Gulisano,
Silvia Maggi, Vittorio Campanelli, Irene Del Prato, Doria Di Caprio, Alfonso
Sabin, Matteo Cerutti Soia, Bartolo Angiani, Enrico Peyretti, Franco Borghi,
Luisella Basso Ricci, Angelo Ciprari, Teresa Lapis, Ignazio Giovanni Patrone,
Stefano Celli, Giulio e Lucia Sica, Nicoletta Gandus, Lanfranco Peyretti, Carlo
Ridolfi, Carlo Ferraris, Massimo Torelli, Carlo Cappellari, Pierpaolo Loi,
Antonio Porro, Antonio Boncristiano, Dignatici Patrizia, Stocco Giuseppe, Fabio
Massimiano, Tonino Venturi, Dora Marucco, Nadia Norcini, Corrado Gregori,
Silvia Manderino, Paolo Ferrari, Lorella Amigoni,
Roma, 10 giugno 2013
Il documento è aperto alle firme di altri giuristi associazioni e cittadini; chi
voglia sottoscriverlo può farlo al linkhttp://www.economiademocratica.it/ oppure al link http://www.comitatidossetti.it/ utilizzando l’apposito spazio dei commenti, anche semplicemente scrivendo
"aderisco".
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