Questa
volta non vorrei essere d’accordo con chi,
trascurando
del tutto la logica del contesto, utilizza
brani del discorso
di Napolitano, in
ricordo di Loris D’Ambrosio, per aprire una
polemica politica.
E’
vero, siamo tutti in attesa di parole chiare da parte del Presidente
sul videomessaggio del Cavaliere Condannato,
ma l’assenza
di un Presidenziale monito ad hoc, non giustifica operazioni
di rielaborazioni di
discorsi nati per altre esigenze, sebbene contengano
dei riferimenti importanti
a politica e giustizia.
E’
bene conservare intatta la nostra delusione per il silenzio Presidenziale
(tra
l’altro se il Presidente non “parla” siamo sempre liberi di “parlare” noi,
e forte, per esprimere comunque
la vitalità di una democrazia di persone civili
a prescindere dal mutismo Presidenziale), ma non dirigiamo ogni pezzo
del discorso di Napolitano nella direzione della nostra
delusione.
Non
è utile e confonde le idee.
Essendo
certo il dato dell’assenza di ogni riferimento esplicito
al
videomessaggio, si cerchi di cogliere, se si vuole, nelle parole
di Napolitano, il “detto” e non il “nondetto”.
Nel
discorso di oggi alla Luiss, Napolitano,
con irriducibilità, continua a difendere
i magistrati quali “impiegati pubblici” (e insieme tutti gli "impiegati"),
contro
quanti hanno usato, anche di recente, il sintagma
“impiegati
pubblici” in senso dispregiativo, molto dispregiativo,
dipingendo
i “pubblici
ministeri”, per di più, “rosi dall’invidia”.
Anzi,
non paghi, chiarivano: "esiste una magistratura fatta
di
impiegati statali che hanno fatto un compitino, vincendo
un
concorso, e che ora sono liberi, indipendenti, irresponsabili
perché non
subiscono nessun controllo e mettono sotto
gli altri poteri dello Stato, quello
esecutivo e quello legislativo”.
Contro
tal genìa di spregiatori, il Presidente,
nel rispetto
del suo alto compito, si schiera e insiste: "Non
c'è nulla di più impegnativo
e delicato che amministrare giustizia, garantire
quella rigorosa osservanza delle leggi, quel
severo controllo
di legalità, che rappresentano… "un
imperativo assoluto
per la salute della Repubblica". Anche la
considerazione della peculiarità
di questa funzione, e l'inequivoco rispetto
per la magistratura
che ne è investita, sono invece stati e sono
spesso travolti nella spirale
di contrapposizioni tra politica e giustizia che
da troppi anni
imperversa nel nostro paese".
Non si possono fare salti di gioia, continua
a tenere il Presidente
un’innaturale equidistanza, quasi obtorto collo, tra giustizia e politica,
solo ai fini di un appello perché la
politica e la giustizia cessino
di "concepirsi ed esprimersi come
mondi ostili, guidati
dal sospetto reciproco, anziché uniti da una
comune
responsabilità istituzionale”, ma da che parte stia è chiarissimo.
E quasi si giustifica per tanta tenacia,
confessando: “Ci tocca operare
in questo senso, senza arrenderci a resistenze ormai
radicate
e a nuove recrudescenze del conflitto da spegnere nell'interesse del
paese”.
Giustificando forse così anche il suo vigile ….silenzio.
E anche quando, nel ricordare l’impegno del
suo amico e consigliere, rivela:
“Il Consigliere D'Ambrosio mi ha,
innanzitutto, sempre spinto a mettere
l'accento sull'importanza decisiva della
formazione non solo in senso
culturale e tecnico-giuridico ma in senso
deontologico cioè come acquisizione
di modelli di comportamento ispirati a quei
valori e criteri - l'equilibrio,
la sobrietà ed il riserbo, l'assoluta
imparzialità e il senso della misura
e del limite - che sono il miglior
presidio dell'autorità e dell'indipendenza
del magistrato”, non si può
non essere d’accordo. Anche perché il senso
della misura
e del limite sono sì virtù per un magistrato, ma obbligano,
perché il limite
non sia mai valicato, il Presidente a intervenire con ferma determinazione
contro chi insulta
la magistratura. Una volta l’insulto “i giudici sono matti,
sono mentalmente
disturbati hanno turbe psichiche e sono antropologicamente
diversi dalla razza
umana” ebbe da parte del Presidente
Ciampi
una risposta immediata. Senza sconti.
E va bene, Napolitano oggi ha parlato di Loris
D’Ambrosio.
Ma il Presidente Napolitano, alle più gravi insinuazioni
insultanti dell’oggi,
deve ancora, a noi cittadini miti, un chiarimento,
anche perché è in
qualche modo coinvolto.
Deve spiegare qual è, sentito il
videomessaggio di Berlusconi
(ex premier condannato per frode fiscale e già commensale
non casuale di persone di mafia), il suo diretto o indiretto rapporto,
da Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura,
con quella parte di Magistratura, se esiste, pervicacemente organizzata
“per
realizzare il socialismo per via giudiziaria”.
Qualcuno potrebbe sempre pensare, data per assodata
tra i berlusconiani la diabolicità dei
comunisti, che quei giudici
godano, in segreto, dell’appoggio di un Presidente socialcomunista.
Ma se il Presidente ritiene quel videomessaggio, con incitamento alla
ribellione (farsa),
ab imis falso,
insultante, illiberale fino all'eversione o almeno irrispettoso
nei confronti
delle istituzioni costituzionali, è bene che parli.
E subito. Senza sconti. Ricordando Ciampi.
Altrimenti ognuno può pensare …
O no?
Severo Laleo
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