Si
è chiusa a Milano con Human Factor la Leopolda di Sel,
proprio
nel giorno della rinascita, in Grecia,
della
Grande Sinistra e del suo significato,
anzi
delle ragioni del suo esistere. In verità una necessità.
Sì,
è vero, a Milano Sel ha svolto una sua Leopolda,
ma la
differenza politica è enorme: mentre la Leopolda
di
Firenze è, comunque, il chiudersi, insieme
a sincere
persone
in cerca di cambiamento, di molti ambiziosi,
interessati
e ubbidienti, intorno al proprio “Leader”
nazionale
(un
giorno, in Italia, si dovrà pur chiarire il significato di leader,
specie se si ritiene lecito, per un leader, il parlare per noi
con
condannati e imputati e l’usare di nascosto la manina),
la Leopolda di Milano è stato l’aprirsi di tante persone
di
provenienze diverse intorno a un progetto collettivo,
da
costruire insieme tra persone alla pari, senza “il leader”
(anzi
con una leadership collegiale). Bene!
Eppure
in Italia una nuova struttura di aggregazione
di
una sinistra storicamente sparpagliata, rissosa,
individualista
e impotente dovrà sperimentare strumenti
originali
per stare insieme. In stabilità di idee e di programmi.
Se
non si cambia, si muore, e con noi muore, purtroppo,
anche la democrazia, così come delineata dalla
nostra Costituzione,
democrazia ormai appaltata al leaderismo
della neoconservazione.
Ma se
i metodi e gli strumenti per stare dentro il partito
della
sinistra sono sempre gli stessi, ora legati a vincoli
di provenienze
ora caratterizzati da lotte per
conquistare posizioni,
sarà difficile offrire una reale apertura a nuovi accoglimenti.
Forse
bisogna sperimentare qualcosa di “nuovo”.
Le
persone, specie se giovani e interessate a intraprendere
un
nuovo impegno in politica a servizio del bene comune,
devono
sapere che nel nuovo partito:
1.
non esiste un leader decisore, un leader capo, un monocrate,
ma
una leadership di servizio, senza
alcun “affidamento totale
al
‘capo’”, che è sempre
un/a singolo/a;
2.
anzi la leadership di servizio è
affidata a una coppia, un uomo,
un Carlo, e una donna, una Rosa;
una leadership
duale;
3.
la dirigenza non è scelta con la ricerca del voto comunque,
con
le intese tra gruppi/cordate, con passaggi a volo tra correnti,
ma
per sorteggio, sempre
garantendo parità uomini/donne,
da
un elenco di persone
disponibili a candidarsi approvato
a
grande maggioranza, secondo criteri definiti in trasparenza piena,
nelle sedi
di competenza dagli organismi dirigenti;
4. l’autofinanziamento è obbligatorio e riservato solo a persone iscritte,
con quote definite o libere, ma mensili,
in continuità nell’anno;
5.
la battaglia per il finanziamento
pubblico dei partiti è principio
di
democrazia egualitaria;
6.
la democrazia non può abbandonare nei sistemi elettorali il diritto
di proporzionale
rappresentanza per garantire il dovere della governabilità;
7.
la visibilità è da trasferire dai talk show, dai format dall’alto,
dalle
manifestazioni “centrali”, ai luoghi aperti, in ogni territorio
dove operi un
circolo, per incontrare nuove persone
attraverso la nostra presenza di discussione, magari
organizzando
su un tema forte (lavoro, legge elettorale, solidarietà, diritti)
tanti sit in di discussione in tanti luoghi diversi
ma
in contemporanea; la visibilità delle persone nella pratica
della
politica e non del semplice ascolto.
Con
altre parole, il nuovo partito della sinistra sarà
un partito/comunità,
un partito/convivio, un partito/essere insieme,
un partito/solidarietà,
un
partito/mutuosoccorso, un “luogo reale”, fisico, dove regole
nuove
e trasparenti rendono possibile una
relazione “alla pari” tra le persone,
dove la dirigenza sarà
scelta anche per “sorteggio”, dove uomini e donne,
in
spirito di
servizio, siederanno “in pari numero” nei posti
di
guida, dove non si eleggerà a “capo” un
“singolo”, spesso
un
maschio, ma una “coppia”, un uomo e una donna
(si tratta
di passare dal monocratismo di sempre, forma di potere
erede
storica del maschilismo, al “governo
duale”, al bicratismo del futuro).
Il
cambiamento non è un desiderio, è un progetto
e
ha bisogno di
sperimentazioni.
O
no?
Severo
Laleo
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