Dovremmo essere tutti femministi è il titolo di un volumetto
-in realtà si tratta di una versione rivista di un intervento preparato
per una conferenza del 2012- di Chimamanda Ngozi Adichie,
una scrittrice nigeriana, nota anche, e non solo, per il fortunato
romanzo L’ibisco viola.
La scrittrice, in questo suo intervento, racconta personali esperienze
della sua vita, significative sul piano della comprensione delle differenze
tra generi, a partire da un episodio, gradevole a leggersi,
capitatole negli anni della scuola elementare in Nigeria.
(Scoprì allora bambina, con gran disappunto, che il capoclasse doveva
per forza essere un maschio, nonostante la sua prova, per la promozione
a capoclasse, secondo le indicazioni della maestra, avesse ottenuto
il miglior risultato!)
“Uomini e donne -scrive Chimamanda- sono diversi...Le donne
sono leggermente più numerose degli uomini (il 52% della popolazione
mondiale è femminile), ma la maggior parte dei posti di potere
e di prestigio è occupata da uomini. Wangari Maathai, attivista keniana
e Nobel per la Pace morta nel 2011, l’ha sintetizzato perfettamente così:
più sali e meno donne trovi.” Vero!
E a conclusione del suo discorso giunge a una sua definizione
di femminista: “la mia definizione di ‘femminista’ è questa:
un uomo e una donna che dice sì, esiste un problema con il genere
così com’è concepito oggi e dobbiamo risolverlo, dobbiamo fare meglio.
Tutti noi, uomini e donne, dobbiamo fare meglio.”
Si può essere d’accordo. Il problema della disuguaglianza reale
di condizioni tra il vivere da uomo e il vivere da donna è innegabile
(è facile dire, soprattutto dalle nostre parti, i tempi sono cambiati!)
in ogni civiltà e paese sia pure in gradazioni molto diverse tra loro,
ed è anche innegabile che potrà essere superato solo con l’impegno
partecipe di uomini e donne insieme.
La parola d’ordine è “insieme”!
Eppure, nonostante l’impegno a superare insieme i condizionamenti culturali
ancora sfavorevoli per le donne, in realtà il fine resta sempre quello
di poter sostituire l’uomo con la donna là dove si esercita il potere, senza
modificare di un millimetro l’attuale struttura dei poteri, tutti o quasi
di struttura monocratica, almeno all’apice, struttura derivante direttamente
dal millenario dominio maschile.
“...gli uomini -continua Chimamanda- governano, nel vero senso della parola,
il mondo. La cosa poteva avere senso mille anni fa, quando gli esseri umani
vivevano in un mondo in cui la forza fisica era la qualità più importante
per sopravvivere. La persona fisicamente più forte aveva più probabilità
di diventare il capo...Oggi viviamo in un mondo profondamente diverso.
La persona più qualificata per comandare non è quella più forte.
E la più intelligente, la più perspicace, la più creativa, la più innovativa…
Un uomo ha le stesse probabilità di una donna di essere intelligente, innovativo,
creativo..”
Forse la soluzione non è chi, da solo, uomo o donna che sia,
ma chi, insieme, un uomo e una donna. Non il monocratismo, ma il bicratismo.
O no?
Severo Laleo
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