Non si era mai visto in televisione, nel luogo delle
immagini e dei suoni veloci,
un trattamento di visibilità così esclusivo, continuo e profondo
per le “parole”,
a prescindere dalle forme diverse di discorso e di testo.
Forse solo il maestro Manzi, con pari intensità, riuscì, in passato, in Tv,
a dare alle “parole” altrettanta visibilità, per offrire,
allora,
gli strumenti del sapere, a chi, non per sua colpa escluso dal bene-istruzione,
chiedeva di imparare a “leggere”.
#Fazio e #Saviano tornano, novelli maestri, nella Tv del consumo rapido
e del danarismo
avvilente di oggi, a dare
visibilità alle “parole”, per offrire,
a chi sceglie di tenere gli occhi aperti, gli strumenti di
comprensione della realtà,
non più attraverso le lettere in bella grafia alla lavagna,
ma attraverso il racconto attento, drammatico, di significati
e di fatti.
E tra questi, le violenze (e tra queste, i nuovi #suicidi, gli
antichi #femminicidi).
Grazie alle parole di “Quel che (non) ho” la Tv torna a “parlare”
a tutti,
non per un agitato divertire/addormentare, ma per sereno incupire/svegliare,
sia pure solo per suggerire riflessioni.
Bravi!
Ma forse “quello che (non) ho” è da dare a
tutti, in empatia, almeno per augurio.
O no?
Severo Laleo
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