martedì 26 giugno 2012

Non bocciare (ma è per il suo bene!)



Di Giugno, il 26, nel 1967, a 44 anni, a Barbiana, nel Comune di Vicchio,
in Provincia di Firenze, muore don Milani. Don Lorenzo Milani.
Non tutti sanno chi è don Milani,
soprattutto i papà dei Pierini (i ricchi), troppo spesso votati alla politica,
sempre attenti alla “giustizia”, a premiare e a punire, con imparzialità;
ma spesso anche i severi professori dell’interrogazione regolare con voto,
sempre attenti a evitare “differenze di trattamento” tra gli alunni.
Sconosciuto, pare, don Milani, anche a qualche ministra/o improbabile
dell’istruzione, indaffarata/o, nell’era della fine delle ideologie,
a licenziare il ’68 e a favoleggiar di merito per “primi della classe”.
E sconosciuto, pare, anche a molti altri, sempre catturati
dalla passione della politica, giovani, moderni, vivaci, avanti in tecnologia,
gioiosi, perché del tutto ignari dell’esistenza dei Gianni (i poveri),
ma plagiati dalla mito della meritocrazia, soprattutto per gli altri,
perché, si sa,  i politici, da “eletti”, non hanno il dovere di dare,
con serietà, gli esami, ma solo di prendere i “voti”.
E senza interrogazioni regolari.
Non tutti sanno chi è don Milani.
Eppure, don Milani, solo per ricordare qualche suo tratto di “maestro”,
è stato, e si può ben dire, tra i pedagogisti del ‘900,
il più tenace manovale di educazione nella “scuola lunga”:
quella “senza vacanze”, 365 giorni su 365;
il più agguerrito padrone delle parole: che sono da distribuire a tutti,
per estendere la libertà di tutti (“la parola ci fa eguali”);
il più completo maestro privato: ma a difesa della scuola pubblica;
il più laico prete cattolico: per sostenere una scuola democratica 
aperta a atei e credenti;
il più “ingiusto” dei maestri nelle valutazioni:
per garantire parzialità di trattamento (mai “far parti uguali tra diseguali”);
il più radicale assertore del successo scolastico:
quando alla scuola chiede, senza deroghe, di “non bocciare”;
il più lucido esperto di didattica: quando chiede di dare la scuola a tempo pieno
a quelli che sembrano cretini”;
il più lucido esperto di psicologia scolastica: quando afferma che
agli svogliati basta dargli uno scopo”;
il più obbediente dei figli della Chiesa: ma per gridare 
che “l’obbedienza non è più una virtù”, almeno quando le leggi 
non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte)”.
E tanto altro ancora.
Ma la modernità del nostro mondo, con la sua velocità, la sua assenza di sguardi,
non ha il tempo né le risorse materiali e umane per curarsi di chi “si disperde”,
e regala a don Milani, con un bonario e ammirato giudizio,
l’epiteto di “prete visionario”. E’ questo, forse, il destino di ogni profeta.
O no?

Severo Laleo 

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