Quando si porrà finalmente un
"limite" al dominio maschile, in politica,
con regole semplici e trasparenti?
Il FLI è il primo partito, ora, a
provarci con una proposta chiara,
e appunto semplice. Ha promesso, nel merito, Fini: "Garantiamo che il 50
per cento dei
candidati nelle
liste siano donne, senza quote.
Candidati e candidate siano in
numero pari".
E anticipa, su questo tema, una sinistra
timida e indecisa. E apre una strada,
almeno pare, per il bicratismo perfetto. Nei partiti e nelle istituzioni.
Sì, perché non basta candidare donne e
uomini in numero pari,
è necessario anche garantire la presenza
di uomini e donne. alla pari,
nelle istituzioni, con un'altra semplice regola. Ancora da
scrivere.
Eppure, se ci si siede intorno al
grande tavolo del mondo, a colpo d’occhio,
uomini e donne sarebbero divisi
perfettamente a metà o quasi,
senza stare troppo a contare a uno a
una.
E se si entra in una qualunque classe di
scuola, almeno nella nostra Europa,
noi già vediamo, tra i banchi,
piccoli uomini e piccole donne, in pari numero,
o quasi, perché, è universalmente noto,
in una classe “mista”,
con pari, o quasi, presenza di uomini e
donne, tutti lavorano al meglio.
E si sta meglio. E per tutti è
un’esperienza di fondo per aperte relazioni.
Anche per il futuro di adulte/i. Sempre
insieme, senza esclusioni.
Ma appena i tavoli diventano
negoziali, di governo, di decisione,
la presenza delle donne è casuale,
facoltativa, opzionale;
e appena i banchi diventano
istituzionali, di amministrazione,
la presenza delle donne, se va bene, è
“quotata”, al minimo.
Ora, se si vuole aprire una via
possibile al cambiamento della società,
nella direzione dell’estensione della
democrazia e della trasparenza,
e soprattutto della formazione di una
decisione pubblica
non più condizionata/dominata da una
cultura di genere maschile,
in tutti gli “organismi” di
natura decisoria di pubblica (e non solo) utilità,
la presenza uomo/donna non può non
essere pari.
O no?
Severo Laleo
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