Grazie a una nuova forza politica, FARE per Fermare il Declino,
a mio avviso utile e determinante per ampliare la
strada alla modernità del Paese,
il grande pubblico ha avuto modo di
conoscere, più da vicino, grazie alla TV,
e alla Rete, nuove belle persone, preparate
e disinvolte, brillanti e competenti,
disponibili a impegnarsi in politica,
ognuna a suo modo, e secondo il suo ruolo,
con il nobile fine di chiudere
definitivamente l’era fallimentare
dei Calderoli
e delle Minetti e, bocca mia
taci, di Isso, essa e ‘o malamente.
E con gran convinzione si battono. Fino all’ultimo, nonostante tutto.
Preparato e disinvolto è apparso Giannino. Brillante e competente Boldrin.
Originale e trasparente Zingales.
Ma le persone, per quanto in gamba,
nascondono spesso curiose fragilità.
E così Boldrin,
non riuscendo sempre a sviluppare un civile dialogo
con i suoi avversari, né a costruire, da
buon maestro, le condizioni,
di metodo e di argomenti, per convincere (obiettivo d’obbligo in una campagna elettorale) i suoi interlocutori,
si trova a chiudersi a riccio, rigido, nella sua gabbia di professore scostante, e a volte arrogante. E s'arrocca.
Non è civile, tutti si sa, e non è utile, dar
dell’ignorante a una persona;
al contrario, è civile, ed è utile, contribuire
a realizzare, anche con i propri
comportamenti sociali, quel “processo di aggregazione politica libero
da
personalismi e senza pregiudiziali ideologiche” (dal Manifesto di FARE
per Fermare il Declino). E appare fragile, il professor Boldrin, perché coltiva
ancora un’idea “avara” della politica. Forse un economista, attento ai dati,
tende a trascurare la lezione di un povero “don”
di campagna: “Ho imparato
che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti
insieme è politica.
Sortirne da soli è avarizia”. E non riesce a praticare l’arte del “sortirne insieme”.
E così Giannino, distratto dai mille impegni,
non riuscendo a comprendere
la modernità liberale
di una relazione alla pari con ogni suo interlocutore,
si spinge, quasi
sempre, a porsi, pieno della sua sgargiante presenza,
in una posizione di “illuminazione”
e, per dar sempre più lustro al suo
sapere, cade, da persona
puerilmente fragile, nell’errore di inventarsi master
(e lauree?). Così
senza alcun profitto, solo per fragilità. E s'arrocca.
E che dire del suo
amico cofondatore Zingales,
pensatore di qualità?
Semplicemente, non
riuscendo a risolvere, pur “in ginocchio”
orante,
nel giusto rispetto di
un minimale dovere di trasparenza, una questione,
comunque delicata, per
amicizia, in amicizia e con amicizia, si lancia in Rete
a dichiarare la
propria “disperazione profonda”. Ma
insieme dichiara anche la sua fragilità, in quanto, sia pur per una scoperta “per caso”, palesa una sua
personale diffidenza,
incomprensibile, verso l’amico, al punto da dedicare,
almeno per serietà, del
suo tempo prezioso al controllo di una dichiarazione,
buttata là, a bocca cincischiante, appunto, dal suo amico Giannino,
in un’intervista in
TV. Ancora un brillante professore, dalla diffidenza
pronunciata, per
dovere di onestà denunciata, debole sul piano
della relazione con
gli altri. E s'arrocca.
Scrive di suo pugno, il professore Zingales:
“Anche la Lega e Forza Italia erano cominciate con grandi ideali:
guardate
come sono finite. Speriamo che a Fare non tocchi la stessa
sorte”.
Mah! Anzi, ancora mah!
Forse, l’essenziale, per fermare il declino,
non è tanto il che FARE,
quanto il come ESSERE.
O no?
Severo Laleo
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