Se in Italia un’intera classe politica,
insieme a tutta la sua rete
di relazioni sociali, a ogni livello, alto
e basso, ha mostrato nei suoi comportamenti
quotidiani, ora apertamente, ora a
sua insaputa, una propensione a un agire
da cialtroni pronti, pur di far cassa, al più piccolo trucco di illegalità, fino a
chiedere
il rimborso di Nutella e Mutande Verdi, non sarà certo
una legge elettorale
a cambiare le cose. Il cambiamento è un
problema di cultura,
di cultura del limite. E di investimenti
ponderosi, continui, per generazioni,
nella formazione/istruzione. Per questo appare fuori luogo, non
argomentato,
il suggerimento di Napolitano
secondo il quale le forze politiche, nel varare
una nuova legge elettorale,
sono chiamate a “ribadire il già sancito,
dal 1993, superamento del sistema proporzionale”.
Come se tentare
altre strade fosse rischioso, come se tornare al proporzionale
fosse una sciagura,
mentre continuare nel maggioritario fosse la salvezza.
Ma è così?
Per un’analisi empirica, e per un primo
assaggio di confronto, si scelgano solo
questi parametri: la “qualità” delle persone chiamate
a governare e la “qualità” della corruzione politica.
La qualità
delle persone
Nel periodo della Prima Repubblica, con sistema elettorale proporzionale
sostanzialmente puro, la difesa della libertà del voto, e della sua pari
efficacia
nella scelta dei rappresentanti della Nazione, era fortemente sentita
al punto che,
quando nel 1953 il governo De
Gasperi tentò di introdurre un premio
di maggioranza ( l’assegnazione del
65% dei seggi alla forza politica che avesse
ottenuto almeno il 50%+1 dei
voti), l’opposizione la contestò duramente
definendola “legge truffa”, perché stravolgeva la limpidità proporzionale
del risultato
elettorale. Se la “legge truffa” rimase senza applicazione è anche
perché la piccola formazione liberale scissionistica
di Epicarmo Corbino impedì
alla coalizione tra Dc, Psdi, Pli, Pri, Svp e
Partito sardo d’azione
di superare il 50%+ 1 dei voti (la
coalizione si fermò al 49,8% e l’anno successivo
la legge fu abrogata). Senza
l’opposizione, solitaria anche contro i partiti
di appartenenza, di Corbino, e insieme di Parri, Calamandrei e Codignola,
la legge truffa avrebbe conseguito i suoi effetti.
Il sistema
proporzionale puro dura fino al 1993.
S’apre con De Gasperi, si chiude con C.A.
Ciampi; per riconoscimento unanime,
due grandi statisti. La Seconda
Repubblica, dapprima, per una spinta referendaria,
nasce con un maggioritario con recupero proporzionale,
il Mattarellum, e, successivamente, per
la fame di potere di partiti padronali,
si chiude con il Porcellum, con lista di nominati e premio di maggioranza,
in breve la
famosa “porcata” (la facilità con la quale abbiamo accolto le volgarità
nel discorso politico lascia già intendere la gravità della sconfitta della
Politica,
anche per il silenzio degli intellettuali). La Seconda Repubblica, con le due
versioni di sistema maggioritario regala la possibilità di diventare statista
a
Silvio Berlusconi. Grande statista?
Paragonabile a De Gasperi e a Ciampi?
E per unanime consenso? E’
difficile dire.
In ogni caso. per una conferma circa le
differenze di qualità
delle persone chiamate a governare nella Prima e nella Seconda Repubblica,
valga qualche esempio. Al Ministero della (Pubblica) Istruzione il sistema
proporzionale ha chiamato, per fare qualche nome, i Moro, gli Spadolini, i Valitutti,
il
sistema maggioritario Moratti e Gelmini;
al Ministero dell’Economia e Finanze il
proporzionale ha chiamato
i Vanoni,
i Visentini, gli Amato, il maggioritario Tremonti e Tremonti;
al Ministero di Grazia e Giustizia il proporzionale ha chiamato i Martinazzoli,
i Rognoni,
i Vassalli, il maggioritario Mancuso (Mancuso!), Castelli (Castelli!),
Mastella (Mastella!). Vogliamo continuare? Un nome per tutti: Bossi. Sì, grazie
al maggioritario, Bossi è stato Ministro (Ministro!) di
questa Seconda Repubblica.
Per fortuna, grazie alla lotta, ancora una volta solitaria
e contro partiti ipocriti
e sordi, di Bozzi
e altri liberi cittadini, di spirito liberale, il Porcellum
è stato spazzato via.
è stato spazzato via.
La qualità
della corruzione
La Prima
Repubblica ha prodotto Tangentopoli, anche con risvolti
tragici,
ma la Seconda Repubblica ha
prodotto la Casta, una devastante diffusione
della corruzione a ogni
livello, anche con risvolti inimmaginabili per insolenza.
Ha scritto Giovanni Valentini, qualche tempo fa: “Ai tempi della vituperata
Prima
Repubblica, ci eravamo illusi – chi più, chi meno – che la “questione
morale”
fosse in realtà una questione politica. E cioè un problema
di ricambio e di
alternanza della classe di governo… Ma nella cosiddetta
Seconda Repubblica,
sommersa ormai da scandali di ogni genere e colore,
abbiamo dovuto via via
prendere atto che il malaffare e la corruzione
non sono affatto debellati.
Tutt’altro. E anzi, nonostante quel tanto
di bipolarismo che siamo riusciti in
qualche modo a innescare,
la “questione morale” purtroppo continua come e anche
più di prima”.
Caro Presidente, se è ora quindi di superare il
proporzionale puro,
è anche ora di superare il maggioritario, comunque camuffato.
Resta il sistema tedesco. O svedese.
O no?
Severo Laleo
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