venerdì 28 ottobre 2022

Berlusconi, il governo Meloni e Gobetti


Berlusconi vota in Senato la fiducia a Meloni e insieme chiude definitivamente la sua, e dei suoi sbraitanti epigoni/imitatori, imbarazzante era (aperta proprio con un interessato sdoganamento del fascismo). 

Avrà cmq il "merito" di aver scritto così l'ultimo capitolo dell' "autobiografia della nazione", perché, al termine di questa sua avventura, ora in corso con la sua allieva di lunga data, Meloni, l'Italia chiuderà, al pari della Germania, i suoi conti con il fascismo, una volta per tutte; infatti, quando questi al governo presto cadranno, non più risorgeranno (per la forza intrinseca della nostra pur imperfetta democrazia).

E nulla sarà come prima. L'auspicata da Gobetti "rigenerazione" liberale e democratica, con cent'anni di ritardo, sarà compiuta. Almeno si spera.

O no?

Severo Laleo 

sabato 8 ottobre 2022

Annie Ernaux, “Memoria di ragazza”: il senso di scrivere, la corazza e il maschio

 


Caro Scapece,


hai visto? Avevi ragione. Il Nobel, nonostante tutto, serve, è davvero utile, 
almeno ti fa conoscere un sacco di persone che hanno dato (e danno)
molto alla umanità nostra strana (sì, strana, non vedi quante persone sono ancora 
senza paura della guerra!), anche attraverso la letteratura. Quest'anno il premio 
per la letteratura è toccato a Annie Ernaux.
Appunto, grazie a questo premio, ho subito voluto conoscere Annie Ernaux
leggendo una sua opera, e ho scelto "Memoria di ragazza".
Ho avuto difficoltà all'inizio a leggere. Una scrittura “nuova”. 
Almeno per me, lettore precario.
Non è una "storia" costruita nel rispetto di un canone, al contrario, è proprio 
un racconto/confessione di un brandello di vita (correva l'anno 1958) visto 
da lontano nel tempo, scavando sì nella memoria, ma cercando di ricostruire, 
con attiva partecipazione, luoghi, azioni, contesti, pensieri, di quei momenti. 
Il racconto riguarda una ragazza di 18 anni che vive il suo primo incontro 
con l'altro (il maschio, l'uomo, H.), nella sua prima uscita oltre la sua 
abitazione/ambiente, lontano dalla famiglia, da padre e madre.
La scrittura è intrigante, a volte spezzata, estranea, ma cmq cattura: e potresti 
perderti nel suo insistere sempre tra la descrizione puntuale del fatto 
in quel presente e i rimandi ad una memoria in qualche modo sorvegliata 
e aperta, sofferta e indifferente. Più che altro una memoria che vuole 
scandagliare il passato con il coraggio di dire di sé, succube e padrona 
della vergogna, ma anche allontanando quel sé dal proprio sentire attuale: 
tanto è comunque successo! 
Il gioco di scrittura di "andare e tornare", rappresentando la realtà della vita, 
della vita facilita la comprensione. Quante ragazze possono riconoscersi 
in quel processo (anche se i tempi sono molto cambiati), in quel sentirsi 
nell'abbandono degli eventi senza possibilità quasi di intervenire in una fase 
delicata della propria crescita personale? Non sembra forse un tratto universale 
della gioventù? Una sfida a porsi fuori da sé in libertà, senza nascondimenti.
Eppure qualcosa non di scontato è successo nel 1958. 
Perché “Memoria di ragazza” racconta anche la facilità irriflessa della rottura 
di una corazza religiosa, etica, culturale, costruita addosso, maglia su maglia, 
inesorabilmente, da una madre molto premurosa e tuttavia di sguardo 
lungimirante (e da un ambiente chiuso, povero, scandito da tempi dal ritmo 
cattolico): basta l’ingresso in una “colonia” per tirar via quei lacci mai annodati 
della corazza. Senza tormenti, comunque assenti nel racconto.
Tutto scorre via. Non trovi un’idea dell’”amore”, e completamente manca 
il progetto di vita, così fortemente radicato in quella generazione, 
specie se di ambiente/formazione cattolica. 
Di colpo "ciò che credevano di essere, scompare".
Ma un progetto in nuce forse esiste, ed è il desiderio di sé e dell’Altro. 
L’amore capita essere l’incontro un po’ casuale, 
un po’ cercato, un po’ caduto addosso, poi ardentemente desiderato, 
nel suo aspetto corporeo.
Mentre il sé è indagato, scavato, allontanato, ripreso, portato in luce agli sguardi 
di tutti, il “maschio” è appena abbozzato, forse di proposito. Il maschio 
ne esce “selvaggio”, dominato a sua volta dal “desiderio” e basta. 
Un ignaro schiavo. Altro che padrone: sarà padrone anche delle sue mosse, 
ma le mosse affondano nell’indistinto del desiderio.
Nella “memoria” H. è un oggetto sì di desiderio, ma anche un fantasma, 
senza parole, solo gesti e sesso (anche se in una foto futura sarà al centro 
di una grande famiglia).
La “memoria” restituisce un solo caso di “gentilezza” nella relazione, 
un solo “ti amo”, di Pierre D, che non si lascia schiacciare dal “desiderio”, 
perché nella mente ha anche altro. E durevole nel tempo: in una lettera 
ricorda ancora “la bella ragazza”.
Ti sembrerà strano, caro Scapece: anche se nel leggere non ho incontrato 
i grandi problemi, pur sento il desiderio di rileggere il racconto, 
perché vorrei meglio capire il senso della scrittura di Annie (itinerario nel sé? 
è troppo: intento pedagogico?); più volte Annie Ernaux tocca questo punto, 
ma credo di non averlo compreso appieno, ho bisogno di rileggere 
Memoria di ragazza.
E non mi basta la sua dichiarazione: "A che scopo scrivere, d'altronde,
se non per disseppellire cose, magari anche una soltanto, irriducibile
ogni sorta di spiegazione -psicologica, sociologica o quant'altro-,
una cosa che sia il risultato del racconto stesso e non di un'idea precostituita
o di una dimostrazione, una cosa che provenga dal dispiegamento
delle increspature della narrazione, che possa aiutare a comprendere
-a sopportare- ciò che accade e ciò che facciamo".
Stammi bene, caro Scapece, e sempre buone cose.
Severo

giovedì 8 settembre 2022

Una donna al potere è un cambiamento?

 



Si è parlato molto, e a più livelli, del successo politico di “una donna

nella sua corsa, pare senza ostacoli (mah!) verso Palazzo Chigi.

Non poche donne, anche di cultura femminista, valutano positivamente,

almeno sul piano di una rottura nuova e forte con la tradizione,

l’arrivo (cmq ancora molto in forse) alla Presidenza del Consiglio

di una donna, a prescindere. E tutte/i argomentano in qualche modo la novità.

E ognuna/o pone le sue ragioni.

Indubbiamente la persona donna al potere fa sì notizia, spezza sì,

con la sua presenza fisica, il dominio degli uomini ancora ben presenti

e radicati dappertutto, e sempre pronti a riagganciare il potere, ma di per sé,

per il semplice fatto di essere donna, non ha/avrà alcuna possibilità

di migliorare la vita di tutte le donne, se non ha, e non pratica,

una visione definibile, per brevità, femminista.

Molto chiara, in questo senso, la riflessione di M. Caiani

e F. Stefanutto Rosa, il Mulino, 8 Settembre 2022.


E torna la domanda: una donna al potere è un cambiamento per tutte/i?

A parità di assetti, ormai codificati di potere, il cambiamento non esiste,

anche se certamente esisteranno differenze nella gestione politica, 

nel rapportarsi con le istituzioni, nella partecipazione personale a eventi 

e situazioni. (E tante donne con responsabilità di governo hanno saputo 

imprimere alla propria azione una valenza di innovazione.)


Gi attuali assetti del potere segnano ancora, nelle essemblee di rappresentanza

e nelle sedi di “governo”, una sproporzione di presenza tra uomini e donne,

una sproporzione tutta a vantaggio degli uomini, senza giustificazione alcuna;

ora se questi assetti non vengono modificati nessuna donna potrà mai essere

il cambiamento.


E’ tempo, per uomini e donne, di riflettere su cambiamenti possibili 

nelle istituzioni, studiando/definendo forme di organizzazione del potere 

completamente nuove, dove, ad esempio, nelle assemblee e nei governi, 

la parità assoluta uomini/donne sia stabilita per legge e non affidata al caso 

e/o al buon intendimento del “capo” di turno, sia questi un “capo” partito, 

sia questi un “capo” di governo.

E magari riflettere sulle origini del monocratismo (perché ogni struttura 

di potere ha e deve continuare ad avere sempre e solo “un capo”, 

uomo o donna che sia?), sperimentando forme di direzione duale, più corrette 

sul piano formale, più produttive sul piano delle decisioni/azioni.

A ciascuno/a le proprie idee, ma il confronto a due, uomo/donna, 

in ogni situazione, anche molto difficile (pace e guerra) potrebbe garantire 

una migliore qualità della decisione politica.

Con un’organizzazione del potere centrata sulla parità assoluta uomini/donne,

anche nella carica per eccellenza monocratica (Presidenza del Consiglio), 

forse il cambiamento sarà a tutte/i chiaro. Perché il soffitto di cristallo può 

andare in frantumi solo con una riforma/rivoluzione istituzionale.

O no?

Severo Laleo

(nel giorno di Elisabetta II)




lunedì 9 maggio 2022

Un'iniziativa per la pace. Da parte delle vittime

 Ormai è chiaro, i capi di Stato, a vario titolo impegnati in questa assurda, insensata, orrenda guerra, quasi tutti maschi, con i limiti propri (evidenti e non contrastati) di una cultura, chi più chi meno, tutta maschilista, non sono stati in grado di trovare le "parole' giuste per avviare trattative a oltranza per risolvere la guerra scatenata dalla Russia contro l'Ucraina. E tanto forse (non avendo noi la possibilità di scoprire chissà quali altri oscuri interessi), perché questi "capi", a cultura maschilista dominante, sono imbrigliati dalla logica (emotiva) del vincere/perdere.

Muti di parola, parlano con le armi (qualunque forma vestano).


È giunta l'ora, dopo tante morti e sofferenze, della rivolta del mondo pacifista, del pacifismo senza se e senza ma, del pacifismo universale. I mille movimenti pacifisti del mondo non possono limitarsi a dire/scrivere di volere la pace. Di fronte all'impotenza dell'ONU e dei grandi della terra, tutti schiavi di regole capestro e favorenti l'immobilismo, è necessario prendere con forza, noi persone "semplici", in quanto cmq vittime, dirette e/o indirette della guerra,  un'iniziativa di manifestazione politica di una volontà generale di pace.

Un'iniziativa internazionale per gridare, con una sola voce, "vogliamo il cessate il fuoco" e "vogliamo un tavolo di pace", per risolvere tutti i problemi/causa del contenzioso.

A organizzare/gestire questa manifestazione dovrebbero essere i mille movimenti delle donne, non a caso ora ributtate, insieme a figlie/i, dalla guerra negli scantinati e nei corridoi cd umanitari a perpetuate il destino di vita dell'umanità, mentre i maschi si scannano a vicenda tra loro inseguendo la morte.

È ora di un nuovo One Billion Rising per la pace.

O no?

mercoledì 27 aprile 2022

Il Papa, la Premier Kallas e la presenza della donna al Potere



Vorrei provare a porre, forse un po’ forzatamente, su un medesimo piano,
per una riflessione aperta, parole proferite in contesti molto diversi
da persone distanti tra loro, ma con un medesimo pensiero/assillo nella testa.


Agli inizi di aprile, nel suo viaggio apostolico a Malta, Papa Francesco
ha ricordato: “La tenerezza delle madri, che danno al mondo la vita,
e la presenza delle donne sono l’alternativa vera alla logica scellerata
del potere, che porta alla guerra
. Di compassione e di cura abbiamo 
bisogno,
  non di visioni ideologiche e di populismi, che si nutrono 
di parole d’odio e non hanno a cuore la vita concreta del popolo, 
della gente comune.”


Sempre in Aprile, in un’intervista al Times, la Premier dell’Estonia, 
Kallasha sostenuto: "Forse è molto sessista, ma lo dirò comunque: se avete dato, se hai dato alla luce una vita umana, togliere la vita al figlio di un'altra madre è così crudele". ilFattoquotidiano.it, in sintesi, così ricostruisce l’affermazione di Kallas, ispirata dal libro Il declino della violenza di Steven Pinkerpsicologo di origine canadese: “Se al Cremlino ci fosse stata una donna l’invasione dell’Ucraina non ci sarebbe mai stata.


Per il Papa Francesco, quindi, “la presenza delle donne è l’alternativa vera alla logica scellerata del potere, che porta alla guerra”, e per la Premier Kallas, “l’invasione dell’Ucraina non ci sarebbe stata,
con una donna al Cremlino.


Ognuna/o di noi è invitata/o a riflettere, e non può, per pigrizia mentale e/o per inveterati luoghi comuni, cavarsela abbandonando il campo, semplicemente non ascoltando (quando non si sminuisce/insulta); 
al contrario, è tempo di comprendere quanto la storia del potere e del dominio, e delle conseguenti guerre, qualsiasi origine abbiano avuto (religioni, nazionalismi, imperialismi, razzismi, scontridi classe, etc.) dipenda dalla cultura maschilista dei capi/governanti, quasi sempre, appunto, “maschi”; tutte le strutture di potere, nelle democrazie meno, più nelle autocrazie, si fondano su questa visione dei rapporti di forza  direttamente alimentata/corroborata da secoli di pratica maschile della volontà di sopraffazione, vestita di ogni pretesa/pretesto e includente ogni possibile atrocità lungo il percorso per la “vittoria”.

Questa logica di guerra per la vittoria non è una logica facile da seguire da parte di tutte le madri per il fatto che “danno al mondo la vita”, “hanno dato alla luce una vita umana”.

Eppure, al di là dell’essere madre o no, il Papa Francesco e la Premier Kallas sottolineano l’importanza della presenza (parlano proprio di presenza), della donna nelle sedi del Potere: entrambi, con convinzione e passione, osano sostenere un legame diretto tra donne e rifiuto della  guerra, quale tempo/spazio “crudele” di violenza, morte e disperazione.
Riflettiamo. Almeno da noi, nelle nostre democrazie in Europa, forse è ora di sperimentare, magari con un impegno convinto dei partiti di sinistra, riforme costituzionali nella direzione della parità assoluta uomini donne nei luoghi istituzionali della rappresentanza e del governo, con l’intento/speranza e di contenere la “logica scellerata del potere che porta alla guerra” e di introdurre, nel servizio politico al bene comune, l’idea/pratica della “cura” con tutte le sue implicazioni dirette e indirette sulla vita delle persone. Per dare alla pace una nuova possibilità e durata.




giovedì 10 marzo 2022

La guerra è sempre e solo un duello

 Scrive Tomaso Montanari  nella breve nota di commento alla traduzione, a cura di Nadia Fusini, di un testo "struggente" di Virginia Woolf¹: "Nessuno  come  Virginia  Woolf  ha  saputo esprimere  la  radicale  alterità  delle  donne  rispetto  alla  guerra:  eterno  “gioco”  bestiale  dei  maschi, frutto  della  loro  (della  nostra)  puerile  e  omicida  volontà  di  potenza." 

Mai come questa volta, in questa assurda guerra tra sordi (nel senso di incapaci di ascoltare) e di muti (nel senso di incapaci di usar parole), l'immagine della guerra come "gioco" bestiale dei maschi è evidente e sotto gli occhi di tutte/i: donne, bambini e persone  anziane costrette a soffrire/fuggire per lasciare libero campo di battaglia agli "uomini", ai "maschi", fino al "duello" finale tra "due" irriducibili. 

È così scoperto il " gioco", e così accettato da quasi tutti gli uomini e da non poche donne, che si fa molta fatica a ragionare, a tentare di aprire la mente, a riflettere e infine a gridare, mentre osserviamo impotenti: "fermatevi, siamo tutte/i coinvolte/i, non solo "i" duellanti. Le persone contano."

Il "gioco" vuole sempre un vincitore e un vinto, senza eccezioni, proprio come nella logica "puerile". 

Questa è la guerra, e non si dica che è propria del "genere umano", è solo del genere maschile (nel senso di strutture di potere ancora intrise, nelle autocrazie più, meno nelle democrazie, della cultura maschile del dominio.) 

Grazie Virginia Woolf.  

¹Pensieri di pace durante un'incursione aerea (agosto 2940)

lunedì 7 marzo 2022

8 marzo 2022: quest'anno le mimose alle donne russe e ucraine.

 Si sa, si sa da sempre, la guerra è affar di uomini, nel senso di maschi al potere, abituati per natura e cultura a accapigliarsi per raggiungere un obiettivo di dominio, spesso mascherato da ragioni di sicurezza, di economia, di spazio vitale e via di seguito. 

Le relazioni internazionali sono intrise di quest'anima maschilista, se a ogni convegno/incontro/dialogo tra  parti in causa il tema è sempre unico: trovate equilibri territoriali, di armamenti, di risorse per garantirsi reciproca sicurezza. Sul tavolo solo e sempre la pistola. E spesso il più forte impone le sue ragioni, fino all'aggressione. E proprio qui che la cultura del dominio cancella, con il "costi quel che costi" il senso della "cura" nei confronti dei popoli governati. Le persone diventano strumenti per il dominio di questo o dell'altro. La vita stessa viene espropriata in un assurdo crescendo di violenza.

L'assenza di "cura" lascia campo aperto al traffico di morte dell'antico, inveterato spirito di "dominio".

Questo modo di reggere il mondo è da cambiare,

Uomini e donne non possono massacrarsi.

E già la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e la nostra Costituzione aprono spiragli verso il cambiamento. Verso un'idea di pace attiva e dialogante. Manca forse solo la trasformazione delle strutture di potere, oggi a preponderanza maschile, in strutture di potere a parità uomini donne, per dare presenza anche alla cultura della differenza.


Domani 8 marzo, le donne ucraine e le donne russe, con il sostegno di milioni di altre donne in tutto il mondo, in ogni città del mondo, si incontreranno, anche senza un luogo, per  imporre con le  manifestazioni il punto di vista della "cura": il rifiuto della guerra per il rispetto della vita di tutte/i.


A queste donne, quest'anno, le mimose.


domenica 27 febbraio 2022

La guerra a una dimensione: il potere maschile

 Giornalisti, analisti politici, e perfino uomini di Stato hanno definito Putin ora un paranoico, ora un criminale, ora un autocrate violento, anche se non mancano gli adulatori (e chi ha dimenticato le adulazioni!): per ultimo ieri Trump ha definito Putin un genio, un saggio! E vabbè. Evidentemente non appare sbagliato parlare/discutere di guerra cercando di addebitare le responsabilità ad un uomo, a quest'uomo, a quest'uomo criminale o, per qualche altro, a questo genio. E sui social gli epiteti per Putin abbondano e spesso non sono ripetibili. E così, quasi inconsapevolmente, molte/i esperte/i, pur al termine di analisi complesse, si trovano sempre a ricercare le cause  scatenanti della guerra nella personalità di Putin. Ma nessuno riflette sul fatto che non si tratta della paranoia, della criminalità di una persona, di un singolo uomo, ma in realtà della visione della vita e del potere propria di gruppi di maschi, sia politici sia militari, una visione palese, a volte ostentata, in una dittatura, nascosta e latente in una democrazia. 

Il potere dappertutto è saldamente nelle mani di caste maschili. E queste caste continuano ad avere una visione maschilista dei rapporti sociali ad ogni livello con tutte le conseguenze nella logica guerra/pace. 

Ma la guerra riguarda tutte/i, riguarda l'intero genere umano, a maggioranza di donne rispetto agli uomini, e non si può pensare che il potere di vita e di morte delle persone possa ancora dipendere esclusivamente dalla preponderante dimensione maschilista del potere. È ora di riconoscere anche la dimensione femminista del potere, potrebbe essere diversa, potrebbe portare novità. E poiché non sarà possibile al presente portare nelle sedi del potere la visione femminista del mondo e della storia, si spera possano tutte le donne del mondo organizzarsi e manifestare contemporaneamente in tante parti del mondo (hanno già dimostrato di saperlo fare) non solo per richiedere una parte di potere, almeno la metà, per incidere nelle decisioni fondamentali per la vita di tutte/i, ma soprattutto per esprimere il proprio punto di vista libero e forte su questa guerra, dando alle donne russe una sponda per una protesta decisiva e risolutiva, e per portare nelle relazioni tra persone e stati una diversa visione, non più dominata dal maschilismo. O no?


mercoledì 9 febbraio 2022

Amato, le congreghe dei maschi e la democrazia di parità

 


Il 6 Febbraio, nel giorno della beata Giovanna di Portogallo,

per scelta suora domenicana, dopo aver rinunciato, lei,

figlia del Re Alfonso V, al trono, leggo su La Stampa un’intervista

di Mirella Serri al nuovo Presidente della Corte Costituzionale,

Giuliano Amato, convinto sostenitore dell’importanza della presenza

delle donne nelle istituzioni per incrementare il “tasso di democrazia”.

Le donne. Strane storie: qualche secolo fa, in tempi di monarchia,

Giovanna, che, pur pregata di assumere il trono, chiede

di rimanere appartata, vince alla fine la sua difficile battaglia,

oggi, in tempi di democrazia, le donne che pur chiedono di raggiungere

ruoli apicali”, senza pregiudizi, subiscono “la cooptazione maschilista”,

e alla fine sono condannate a restare appartate. Questa la verità.

Eppure per Amato le donne sono essenziali per la democrazia,

soprattutto perché cambiano l’ordine del giorno.”

E spiega: “Quella che oggi per i maschi e per i mezzi di informazione

è cronaca separata dalla politica, per le donne diventa un ineludibile

compito della stessa politica.

La quale non può occuparsi solo di ristori, pur giusti, per i ristoratori

ma deve farsi carico di ragazzi abbandonati a se stessi, vittime dei peggiori

messaggi dei social, che stuprano le loro compagne di classe o perseguitano

i loro compagni più deboli; oppure di genitori che, anziché educare

i loro figli alla convivenza, li rendono aggressivi e intolleranti nelle attività comuni.

Questo è un grande, urgente, tema politico, di cui ho colto peraltro

più di una traccia nel discorso inaugurale del Presidente Mattarella.

D’accordo per carità. Ma la presenza delle donne in democrazia

non può essere sempre, e a volte solo, legata a una funzione aggiuntiva

di “farsi carico” del crescente bisogno sociale di “cura”; la presenza

delle donne nelle istituzioni, secondo quanto normalità richiede,

è essenziale per il buon funzionamento di una democrazia avanzata.

L’intervista è tutta da leggere, perché contiene, pur senza sottolineature,

importanti spunti di riflessione storica e politica, e colpisce soprattutto

per umana sincerità.

Quando Serri, la giornalista, chiede al Presidente “da dove nasce

il suo rapporto positivo con il mondo femminile”, a rispondere non è

il “dottor sottile”, né l’esperto di diritto, né l’uomo politico, ma solo

e semplicemente l’uomo nel suo privato; una risposta fuori dagli schemi,

tanto chiara, quanto ammirevole, tutta presa dalla sua vita privata.

Queste le sue parole: “Ho cominciato a percepire gli effetti della disparità

davanti all'evidenza che ne avevo nella mia stessa vita privata.

La ragazza che ho frequentato fin da quando avevo 14 anni,

la mia attuale moglie Diana Vincenzi, con cui studiavo al liceo

e poi all'università, nel percorso professionale è rimasta penalizzata.

Il nostro comune professore mi diceva "Diana è più intelligente e farà

più strada di te". Invece dopo la nascita dei figli, per consentire a me

di andare a insegnare prima a Modena, poi a Perugia e a Firenze,

lei è rimasta indietro. Solo dopo che fui chiamato a Roma, lei ha potuto

muoversi e fare la sua carriera, mentre io mi occupavo di più della casa.”

Si tratta di una “disparità” sperimentata direttamente e risolta a livello

personale. Bene.

Ma la realizzazione di una democrazia avanzata resta. Le “congreghe dei maschi

non sono più sufficienti, né è più sufficiente “chiamare” le donne,

grazie a uomini “illuminati” per dare alla democrazia la sua funzione

di “attenzione e cura” ai problemi della società.

Forse, per costruire una democrazia avanzata, sono necessarie riforme

costituzionali che vadano nella direzione di garantire una parità assoluta

uomini/donne in ogni sede di dibattito pubblico (Enti Locali e Parlamento)

e di governo (Giunte e Consiglio dei Ministri).

Comunque vada, grazie Presidente Amato.







martedì 23 novembre 2021

"Libertà inutile" è un libro utilissimo

 

Caro Scapece,

scusami se sarò spiccio stasera, ma vorrei solo parlarti rapidamente 
della mia ultima lettura, ancora un libro di (storia/cultura) politica. 
Si tratta di Libertà inutile di Gianfranco Pasquino.
E questa volta vorrei anche spingerti a leggerlo. Sai, Libertà inutile
è proprio un bel libro, si legge bene, è essenziale, chiarificatore, molto, 
soprattutto per chi ha (usato) il giudizio facile, a volte pedagogicamente 
guarnito, anche se non sempre espressamente dichiarato, 
con un suo procedere argomentato e documentato, con discrezione 
però, e sempre garbato/educato anche quando sprizza gocce acri 
di ironia, senza preferenze di sorta. Ed è davvero un utilissimo 
profilo ideologico dell’Italia repubblicana” per chiunque 
voglia aspirare a essere parte, con una propria opinione 
informata, di una “società classicamente democratica”.
E, per quanto mi riguarda, tu ben sai, già sostenitore nei miei piccoli 
ambienti scolastici, dell’insegnamento dell’”Educazione Politica”, 
lo vedrei bene, insieme alla lettura di carte/dichiarazioni (Costituzione, 
Dichiarazione Universale, Carta dei diritti europei, etc.), come testo 
scolastico, d’obbligo o consigliato, nel triennio secondario, 
per tentare, naturalmente nelle mani di prof. ferrate/i e appassionate/i, 
di guidare ogni minore (si voterà a 16 anni!) all’interiorizzazione 
(critica) di regole e procedure democratiche, e al libero esercizio 
della responsabilità (etica) verso l’/le/gli altro/e/i. 
Altrimenti, per intenderci, si rischierà di mettere in mano 
“’e criature” ... il futuro della democrazia.
Ma a volte ti incita alla rabbia, quella semplice, sai, del morso delle labbra, 
quando, durante il racconto, tranquillo, coinvolgente, mentre sei sul punto 
di cogliere l’importanza di una riflessione, e vuoi capire con più sicurezza, 
ecco una nota invidiosa pronta a rimandarti al tuo posto, del tipo 
esauriente è l’analisi di…”, "sul punto si veda l’interessante esplorazione 
condotta da…”. E vabbè!
Infine, inaspettatamente, ho trovato anche un incoraggiante spunto 
a non abbandonare un tema, da me a volte accarezzato, quello del sorteggio 
nella selezione di candidature, e non solo al parlamento (che, tu sai, 
desidererei vedere composto a parità assoluta uominidonne), 
se possono essere valutate incoraggianti queste parole inserite 
in una nota:”il tema [del sorteggio] circola più o meno sotterraneamente 
ed è sicuramente meritevole della massima attenzione.” 
Hai capito? Meritevole della massima attenzione.
E, ancora, e può sembrare una minuzia, ho trovato di grande serietà 
quel non dimenticare, almeno là dove il riferimento diventa significativo
(ad es., nota 7, p. 50), l’altra metà del mondo, in un contesto 
politico/culturale dominato, a dir poco, specie se si guardano le vicende 
di non pochi leader, anche oltre l’Italia, da una mentalità e da un fare 
al maschile: “le idee camminano sulle gambe degli uomini (come affermò 
il presidente Mao Tse-tung) e delle donne…” 
E qui, come tu già immagini e sai, mi vien da chiedere: sono anche 
le istituzioni democratiche in sé, così come sono (state) concepite, 
e come hanno funzionato e funzionano, e da chi sono agite, 
con quali competenze, atteggiamenti e culture, parte integrante 
di quel processo di miglioramento/peggioramento della qualità 
della democrazia? E avrebbe un peso rilevabile/misurabile sulla qualità 
della democrazia, una riforma di quelle istituzioni, ancora oggi 
dominate in grandissima parte da uomini, nella direzione di una parità 
assoluta uominidonne? Vabbè, basta, se no continuo a parlarti 
del monocratismo e del bicratismo.
Stammi bene e sempre accuort.
Buone cose. 
Un abbraccio

sabato 9 ottobre 2021

Sala e la “normale” parità assoluta

 



Trovo sulla stampa, per la gioia di questo blog, la seguente dichiarazione 

del sindaco di Milano, SalaAvevo fatto delle promesse che spero 

di aver mantenuto. La prima: un’assoluta parità uomini-donne

la volta scorsa era stata sostanziale. Ritengo normale 

che sia così.”

Al di là della soddisfazione di aver mantenuto una promessa, 

la dichiarazione del sindaco Sala assume un’importanza politica 

notevole, perché alla “sua” decisione di scegliere sei uomini 

e sei donne per la “sua” Giunta dà il carattere della “normalità”.


Ora, se il sindaco Sala riconosce la “normalità” della parità assoluta 

uomini-donne, immagino potrebbe anche non essere contrario 

ad una “norma” per la quale ogni sede di amministrazione/governo, 

per legge appunto, debba essere a parità assoluta uominidonne.

In pratica, con la sua dichiarazione il sindaco Sala esplicitamente afferma 

di non condividere l’idea e la prassi (per altro già limitata da vigenti 

disposizioni) di lasciare alla personale decisione del “capo”, 

magari illuminato, e sempre maschio (almeno in questa tornata 

recente elettorale), la scelta di quanti uomini e quante donne 

debbano entrare in Giunta/Governo, ma di ritenere “normale” 

la parità assoluta uominidonne.

Una normalità forse da estendere (non esiste ragione per essere 

contrari!) anche al governo nazionale, ancora così tanto dominato 

da troppi maschi combattenti.

In attesa del bicratismo, s'intende (anche nella guida dei partiti)!

O no?

Severo Laleo

giovedì 24 giugno 2021

WPL, donne leaders: quando la retorica imbriglia senza ragione l’agire politico

 


Si è svolto il 21 giugno scorso un summit, a cura della Fondazione Women 

Political Leaders, per ribadire ancora una volta l’importanza 

della leadership politica femminile, soprattutto adesso dopo la pandemia, 

per costruire il futuro in direzione di una “nuova normalità 

e un mondo migliore per tutti.” E vabbè!

Hanno anche parlato Draghi e Macron.

Draghi, capo di un esecutivo al maschile, dichiara: Ogni giorno milioni 

di ragazze imparano che non possono realizzare i loro sogni. 

Sono discriminate, a volte con violenza. Devono accettare, 

anziché scegliere, obbedire anziché inventare. 

Tutto questo non è solo immorale e ingiusto, è anche poco lungimirante: 

le nostre economie si perdono alcuni dei loro maggiori talenti, 

le nostre società ignorano alcune delle migliori leader del futuro...

ridurre le differenze di genere deve essere una priorità globale”.

Dichiara Draghi, ma non propone e non agisce in senso politico 

per rinnovare le istituzioni e ridurre realmente le differenze di genere.

Anzi, dimentica spesso di "nominare" donne in misura pari 

agli uomini, quando ha bisogno di qualificate collaborazioni.

Macron, a sua volta, già impegnato a tenere in piedi un esecutivo 

a parità di genere, dichiara: Abbiamo bisogno di costruire 

una leadership femminile nel regno politico. Nessuna società 

sarà in grado di affrontare le sfide di oggi se utilizzerà solo metà 

delle sue risorse viventi, della sua forza, della sua capacità 

di promuovere, sia nel servizio pubblico che nelle aziende, 

la diversità, che è la pietra angolare dell'innovazione.

Dichiara bene Macron, e con maggior vigore, ma non esistono 

sue proposte e strade percorribili per “costruire una leadership 

femminile nel regno politico.

La retorica delle buone intenzioni è salva, ma il paniere è vuoto.


Infine, l’obiettivo fondamentale della stessa Fondazione

tra gli altri, è proprio quello di aumentare il numero e l'influenza 

delle donne nelle posizioni di leadership politica

Ma non si trovano proposte di legge ad hoc. 

Tutto appare un gioco delle parti e un incredibile spreco 

di risorse a ogni livello. Si attende.

Eppure, perché, se c’è tutta questa volontà e convinzione, e c’è, 

di portare quanto meno a parità la presenza politica di uomini 

e donne anche a livello di leadership, perché non si introducono 

semplici riforme istituzionali, a quanto pare da tutte/i ormai 

ritenute non procrastinabili, per le quali, ad esempio, 

a. le assemblee politiche, ad ogni livello, siano sempre formate 

da un numero pari di uomini e donne (almeno qui da noi in Europa); 

b. gli esecutivi sian sempre formati da uomini e donne alla pari, 

per legge e non per “concessione” del capo, quasi sempre 

un maschio; 

c. la carica monocratica di Presidente, di Capo del Governo,

di Ministro sia trasformata in carica duale da affidare a un uomo 

e una donna insieme con pari facoltà (bicratismo vs monocratismo)?

Perché invece di dichiarare continuamente l’importanza della presenza 

delle donne in politica, non ci si impegna a agire per rendere reale 

questa presenza alla pari con gli uomini, modificando le leggi?

Le strutture di potere politico (e non solo) sono l’esito di una storia 

patriarcale tutta al maschile e per questo ogni carica di potere 

è sempre di tipo monocratico. Con la presenza paritaria di uomini 

e donne al potere, può essere sperimentata una forma diversa 

di organizzazione del “comando” non più di forma monocratica.

E forse qualcuna/o potrebbe studiare le conseguenze in campo culturale 

e sociale di una nuova forma di esercizio della guida politica.

O no?

Severo Laleo