La CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL'UNIONE EUROPEA
è
stata approvata, pur riprendendo e adattando la Carta già proclamata
nel dicembre del 2000, solo quattro anni fa. Nel 2010. Non è
ancora vecchia.
Eppure non appare nelle nostre discussioni sulla
riforma del lavoro
e sull’art. 18, anche se l’Italia è tra i
Paesi fondatori dell’Europa.
Il nostro Premier (nel suo ruolo di avamposto rivoluzionario), socialista
europeo, continua a battersi, senza argomentare e spiegare, per la certa
“libertà dell’imprenditore di poter licenziare”; e aggiunge, per
evitare
di non essere compreso, una precisazione: ”l’art.18 per gli imprenditori
è una mancanza di libertà”.
E subito ottiene, il socialista europeo, il
plauso da robusti esponenti
dei “poteri
forti” (per fortuna anche di Caltagirone).
E conseguentemente, al di là delle
annunciate, e non ancora definite,
tutele venture per i lavoratori -della cui libertà
nessuno pare interessato
in questi nuovi tempi di rivoluzioni- è difficile dubitare da che parte
si sia accomodato il
Premier.
Sicuramente con il nuovo e con il futuro. E
con Caltagirone.
Ma al di là del gioco polemico, se si
interiorizzano almeno tre degli articoli
della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea, forse il dibattito
potrebbe giungere a più
moderni e nuovi risultati. Per il bene di tutti.
L’articolo
16 della Carta (Libertà d'impresa) recita: “È
riconosciuta
la libertà d'impresa, conformemente al diritto dell'Unione e alle
legislazioni
e prassi nazionali”.
Chiarissimo: la libertà dell’imprenditore,
e si potrebbe dire
di chiunque altro, ha sempre i suoi limiti;
in questo caso, nel diritto dell’Unione
(per noi, utilizzatori di lavoro nero, è
quasi una fortuna) e nelle legislazioni
e prassi nazionali; in ogni caso non può
dirsi libertà la “licenza” di ledere
la
libertà altrui, mai (e i socialisti credo sperino in un’estensione
del principio
dappertutto nel mondo).
L’articolo 30 della Carta (Tutela in caso di licenziamento ingiustificato) recita:
“Ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro
ogni licenziamento ingiustificato,
conformemente al diritto
dell'Unione e alle legislazioni e prassi nazionali”.
Chiarissimo: ogni lavoratore (e non questo
sì e l’altro no),
ogni lavoratore, senza eccezioni, ha diritto alla tutela, e non
domani, ma subito,
sin dall’inizio del rapporto di lavoro, contro
ogni licenziamento ingiustificato.
Forse è dovere dei governanti, al termine
di un ampio dibattito,
e nel solco -soprattutto se i governanti si
sentono “riformisti”-
di un cammino di civilizzazione della
società, sia riempire
di senso il diritto alla “tutela”,
nel rispetto dell’art. 1 della Carta
(La dignità umana è inviolabile. Essa deve
essere rispettata
e tutelata), sia definire precisi
contorni per l’area
dell’ “ingiustificato licenziamento”.
O no?
Severo Laleo
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