Ha ragione Scalfari, in Italia la “politica politichese”
è sempre in attività. Anche quando avanza
il nuovo.
Una volta un gran maestro di politica politichese era Bossi,
dalla ricetta sempre pronta e sicura. Rapido
nel licenziare
anche un suo gran Consigliere. Fu il primo nuovo d’Italia.
Ma niente cambia nel bel Paese.
E i Bossi
ogni tanto tornano. Più o meno furiosi.
In verità, al di là delle intenzioni,
spesso ambigue,
nonostante la trasparenza, quando il nostro
Premier
tratta con Berlusconi fa “politica
politichese”,
al più alto grado, e l’intesa è perfetta. Tanto
per i dettagli
si lascia la trattativa a un esperto di sola
politica politichese,
il gran Verdini. E politica
politichese incarna il Premier
quando tratta con Alfano, persino quando incontra
il Presidente
della Repubblica (purtroppo); e ancora
politica
politichese maneggia, quando
tratta con la Confindustria.
Addirittura, andando oltre Scalfari, il Premier trasforma
anche l’antipolitica in politica politichese. Almeno in Tv.
Quando non è possibile praticare la politica politichese
ecco nascere immediato il conflitto e diventa
impossibile
il dialogo. Succede con i Sindacati, con il
mite Bersani,
con Cuperlo,
già Presidente del Pd, con la Magistratura,
con il M5S,
con gli altri Enti (Regioni, Province, Comuni),
in breve, con la struttura democratica del Paese.
Intanto la politica
politichese vecchia o nuova sfibra il Paese.
Impedisce il pensiero collettivo e crea
sudditanza.
Ma insieme genera, non si sa quando,
ribellione.
E qui è il problema di fondo. Negli ultimi
vent’anni
la struttura democratica e sociale del
Paese ha subito
scossoni e arretramenti violenti dinanzi al
procedere
senza freni di un’ideologia, sì, proprio
così, di un’ideologia,
ma questa volta del capitale. Negli ultimi
vent’anni
ogni ostacolo al libero prodursi della
ricchezza è stato
abbattuto o dominato. I risultati sono
noti. Almeno
nel nostro mondo occidentale. E non solo.
Dichiara ora la Presidente della Federal
Reserve,
Janet
Yellen: "Non e' un segreto che negli ultimi decenni
l'ampliamento
della diseguaglianza si e' configurato con un aumento
dei
guadagni e della ricchezza da parte di un ristretto numero
di
persone e con livelli di vita stagnanti per la maggioranza
della
popolazione". E preoccupata si chiede se “questo trend
sia
compatibile con il grande valore che gli americani hanno
tradizionalmente
assegnato all'equità e alle opportunità”, e continua
“le
diseguaglianze di reddito e di ricchezza sono vicine
ai massimi
degli ultimi cento anni". Questa è la rappresentazione
reale del processo di
arricchimento/impoverimento delle persone.
Questa è la tendenza da invertire.
Ma la politica del nostro Governo è figlia
di questo tempo,
e di questo tempo ha assorbito i miti, il verso,
e le modalità
di azione. E quantunque il Premier nel suo
Io possa desiderare
il cambiar verso, non può accorgersi,
perché unto dal suo tempo,
di essere prigioniero di un’ideologia.
Così, impossibilitato/inabile
a prendere le distanze dal suo mondo per
meglio capire il trend,
continua a dar man forte al processo già avviato di
incremento
delle diseguaglianze. Senza inversione di sorta.
Spetta così a questo Governo, e al suo
Premier, figlio di questo ventennio,
ancora lottare convinto per il cambiamento
(di cui mai è stata esplicitata la
direzione), mentre si trova
a facilitare un percorso già segnato da
altri a danno esclusivo
del lavoro e di ogni libertà personale al
lavoro legata.
Impegna tutte le sue forze questo nuovo Governo per sembrare
un gigante del cambiamento, ma diventa solo
un obbediente
e ignaro esecutore di progetti in altre
sedi già definiti.
Il traguardo è già segnato a sua insaputa:
la riduzione
della democrazia delle persone a favore
dell’accentramento
delle decisioni nell’oligarchia dei
capitali. D’accordo Napolitano.
E la forbice tra la libertà dei possessori di ricchezza
e la schiavitù
dei possessori di lavoro (quando c’è) cresce.
Forse è tempo di scendere in piazza con
determinazione
per gridare la volontà di uscire dal trend
delle diseguaglianze
e di rifiutare la schiavitù. Per noi e per ogni altra persona,
perché, a sentir Landini, “attraverso il
lavoro le persone trovano
non
solo i mezzi per sostentarsi, ma anche realizzazione e dignità”.
O no?
Severo Laleo
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