Oggi, nei giorni della vittoria del "movimento",
il paradosso politico
è il
seguente: abbiamo bisogno di più "partito";
l'antipolitica è nata
vent'anni fa
con Berlusconi e giunge a una sua vittoria con Grillo.
L'antipolitica di Berlusconi era: arrendetevi
all'imprenditore,
i partiti hanno
fallito, ora "ghe pensi mi"; e inventa il “danarismo
avvilente”, per tenere a libro
paga i “servi liberi” alla Ferrara;
l'antipolitica di Grillo é: arrendetevi al Movimento, i
partiti hanno fallito,
si ritorni alla
"volontà popolare"; e inventa il “vaffismo” per attrarre
la protesta nel grido liberatorio della piazza.
La differenza non
è di poco conto: schiavizzazione vs liberazione.
Ma è sempre contro i partiti. Anzi entrambi (e
non solo) fondano
non-partiti.
Ora se, per l'estensione di una democrazia tra pari,
si vogliono contrastare le spinte leaderistiche,
fondamentalmente maschiliste,
antipolitiche, antipartitiche,
bisogna inventarsi nuove forme dell'agire politico; è necessario
superare insieme sia la
verticalità dei partiti
padronali
(veri non-partiti al servizio del leader carismatico -mai parola
nobile caduta così in
basso!-), sia la orizzontalità dei movimenti
atomizzati (vere
non-associazioni, almeno nel livello nazionale,
semplicemente "piattaforma...veicolo di confronto
e di consultazione che...trova il suo epicentro" in
un blog),
sia la burocratizzazione arrivista e autoritaria dei partiti tradizionali
(veri luoghi di lotta di potere), e costruire, al
contrario, dall'interno,
grazie anche a una riforma dei partiti, una democrazia tra pari
attraverso la pratica di una "sovranità
conviviale".
O no?
Severo Laleo
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