venerdì 25 novembre 2022

Antonello Caporale, Soumahoro, il diritto all’eleganza e il sorteggio

 


Oggi Antonello Caporale ha scritto sul Fatto Quotidiano,

con rammarico sincero e vivo, a partire dalla “carne” delle sue idee,

idee di sinistra, un lucido, condivisibile articolo sulla vicenda

Soumahoro, senza tuttavia “ripercorrerla” quella vicenda,

ma soffermandosi sul grave danno (“un proiettile al cuore)

portato alla sinistra dal suo apparire.

E aggiunge: “Questa vicenda ci punisce più di una sconfitta elettorale,

ci dice che le elezioni non sono il catalogo dal quale scegliere

il migliore di turno, il volto più telegenico, l’eloquio più emozionante,

il coraggio meglio esibito ma il saldo di cinque anni di lavoro,

magari oscuro ma pulito, sincero.”

Non si puo’ non essere d’accordo. 

E prima di tornare al punto (per una personalissima conclusione)

si concedano due riflessioni:

1. praticare le “idee” di sinistra non è facile senza aver interiorizzato,

con profonda e rigorosa consapevolezza, una visione della vita

(e insieme dell’agire verso il “prossimo”) fondata sull’idea dell’uguaglianza,

della democrazia di libere e incondizionabili istituzioni, della trasparenza,

della solidarietà, della parità assoluta uomini/donne (e Caporale

sembra voler stare dentro questa visione e sa e dice che la destra

non ha remore a vivere il suo essere di “destra”, anzi, esperta di come

va il mondo, invita, questa destra, a non farsi illusioni: il denaro tutto supera

e vince!);

2. immaginare una sinistra “minoritaria”, a causa di queste difficoltà

nel praticare idee di sinistra, è sbagliato, perché esiste una grande maggioranza

di persone, dai livelli culturali i più disparati, ma di solida coscienza etica,

magari sparse tra i diversi partiti e soprattutto tra i senza partito, in attesa

di una “rivoluzionenella direzione del primato della Politica 

e della sua “serietà” ideale e di vita. Una direzione si spera obbligata.

Soumahoro aveva aperto, proprio tra queste persone, una reale speranza

di cambiamento nel suo continuo porre l’attenzione sugli “ultimi

(e nella memoria di qualche anziano corrrevano le parole di E. Berlinguer!),

una speranza però caduta miseramente, soprattutto quando a sua difesa

-così si apprende incredibilmente dai giornali- ha voluto sostenere un inedito

diritto all’eleganza” solo per giustificare acquisti costosi!

(E dimentica colpevolmente quanto sia importante per l’eleganza in sé 

il suo imprenscindibile carico di delicatezza e mitezza.)

E torniamo al punto: l’affermazione “le elezioni non sono il catalogo

dal quale scegliere il migliore di turno ...” sembra, nell’esaminare la storia

recente, almeno dagli anni pre e post Tangentopoli, esprimere una verità

innegabile, solo se si enumerano le “personalità” salite al palco del successo

e del potere, grazie a gare vuote di Politica e di Etica Pubblica.

La retorica bugiarda e imbrogliona ha soppiantato l’argomentazione

informata, e il rito/circo mediatico ha soppiantato l’incontro con le persone,

specie là dove le persone sono sole e abbandonate. Per non dire dell’odio

abbondantemente sparso, solo al fine di raccattar consenso tra chi ha paura,

contro chi, a prescindere dalle cause, “non ce la puo’ fare,

Il nostro sistema di scelta di rappresentanti/amministratori/governanti”

è fallimentare; ognuno infatti puo’ scrivere il suo elenco di “improbabili”

personalità al potere tanto lungo, da poter facilmente arguire che con il sorteggio

non potrebbe statisticamente andar peggio. 

Con il sorteggio, i/le “leader” resteranno nei partiti a diffondere la bontà 

delle idee e di visione del mondo, a orientare le scelte della Politica, 

a raccogliere voti e seggi sui programmi, a dirigere una corale partecipazione 

nel costruire un consenso libero da legami personali, mentre nelle istituzioni 

andranno personalità sorteggiate, in pari numero uomini e donne, 

nel rispetto del risultato elettorale, da un elenco di candidate/i ad hoc preparato 

da ogni partito, nel rispetto di certi, definiti, condivisi criteri, 

a salvaguardia del buon agire di tutte/i nell’interesse pubblico.

O no?

Severo Laleo

giovedì 17 novembre 2022

G20, Sierra Leone e le donne

 
Oggi 17 novembre, nel giorno di Santa Elisabetta 
di Ungheria, donna impegnata/attiva nel sociale 
a difesa/sostegno delle persone povere, può venire utile accostare due notizie riguardanti mondi/fatti apparentemente distanti tra loro.
La prima notizia è targata Ansa: "E' quasi tutto al maschile il G20 che si è aperto oggi a Bali sotto la presidenza dell'Indonesia. Al tavolo nella sessione di apertura, secondo quanto riferito, siedono infatti 41 partecipanti e solo 4 donne..."
La seconda la si legge sul sito Africa: "Il parlamento della Sierra Leone ha approvato all’unanimità 
un disegno di legge che garantirà che un membro 
su tre e un terzo di tutti i consiglieri locali siano donne. 
Il disegno di legge andrà ora al presidente Julius Bio 
per essere convertito in legge."
La prima considerazione. Perché i paesi più "ricchi" 
al mondo (G20) presentano, quando si mostrano in pubblico, un solo dominante aspetto fisico (e culturale), tutto al maschile? (L'immagine dei "potenti" della terra è quasi sempre una macchia scura opprimente nonostante qualche allegra cravatta.) Perché il "potere" non si interroga su questa insopportabile "macchia"? Perché i femminismi nel mondo "ricco" non insistono per riforme delle istituzioni nella direzione della parità assoluta uomini/donne? Perché solo alle donne si chiede (e spesso ahimè anche da parte di altre donne insospettabili) l'obbligo di "meritare" il "posto" nelle istituzioni in virtù di qualità e competenze? Eppure, 
se pari qualità e competenze si chiedessero ai tanti "maschi", le istituzioni si svuoterebbero oltre ogni misura.
La seconda considerazione. Perché un paese povero, tanto povero, la Sierra Leone, non appartenente all'"occidente dei diritti", si avvia a fissare per legge, sia pure nelle istituzioni locali, una presenza di donne pari a un terzo del numero totale della rappresentanza? Perché "laggiù" ritengono così importante la presenza delle donne nelle istituzioni 
al punto da approvare una legge ad hoc? È forse disdicevole prendere esempio dalla Sierra Leone e fissare per legge, senza altri indugi, la parità assoluta uomini donne nel Parlamento? (E da noi la presenza delle donne con le ultime elezioni scende sia nel Parlamento sia al Governo.) Se al grande tavolo della vita nel mondo siedono in numero quasi pari uomini e donne, perché al tavolo del "potere" (servizio pubblico per il bene di ogni persona) non debbano sedere in parità uomini e donne? Non esiste una sola ragione valida e difendibile per tanta disparità.
Un'ultima considerazione. Forse se la foto al G20 è oggi quasi interamente monocromatica, è perché ogni "potere" è sempre rappresentato esclusivamente da una sola "figura" (donna o uomo non ha importanza), in virtù di una passiva accettazione di una forma di "guida" politica che è un esito storico della cultura maschilista, cioè il monocratismo. Se, al contrario, si immagina una "guida duale", almeno per i paesi a democrazia consolidata, la foto dei paesi "potenti" avrebbe più colori.
E forse parità assoluta uomini donne nelle istituzioni e nei governi, e guida duale nelle posizioni di vertice  (bicratismo) molto probabilmente potrebbero rappresentare il superamento definitivo del patriarcato e dei suoi guasti.
O no?
Severo Laleo