mercoledì 29 ottobre 2014

Elogio della scissione e estensione della democrazia



Molti, troppi, hanno paura di sostenere/difendere le proprie idee.
E la paura, si sa, blocca il cambiamento.
Eppure nessuno ha il monopolio del cambiamento.
I cambiamenti avvengono comunque, e non chiedono autorizzazioni
e non rispettano i divieti. Soprattutto i cambiamenti sociali.
Di più. I cambiamenti, in qualsiasi campo, decisi con la costrizione
all'obbedienza di dissidenti e/o con il sostegno di interessati
opportunisti sono da inserire nella categoria del già visto,
dei cambiamenti senza cambi.
Ognuno deve lottare per il miglior cambiamento possibile.
Soprattutto in politica. Sia da soli sia insieme ad altri.
Ognuno con le sue qualità/virtù, con i suoi difetti/vizi.
Ma può la paura oscura di un male nel presente
-ad esempio, una scissione- impedire la lucida realizzazione
di un bene nel futuro -ad esempio, l'estensione della democrazia?
Questo e' il punto. Molto laicamente.

Ora se Renzi travolge tutto e tutti è sicuramente perché non ha paura, 
anzi è sempre all'attacco, anche quando le idee non brillano affatto.
E' una scelta, la sua, per realizzare il suo cambiamento.
Non l'unico, non l'ultimo, e, per i blasfemi, non il salvifico.
Intanto costringe gli altri nell'angolo.
Ma, per il bene comune, in democrazia, spingere e tenere qualcuno
nell'angolo, chiunque sia l'autore, e' azione pugnace, violenta.
E' combattimento. Per una vittoria e per una sconfitta.
E, per il costretto all'angolo, scegliere l'angolo per tener duro 
spesso significa cedere all'avversario e quasi giocare di complicità.
La politica del cambiamento non è combattimento,
al contrario è dibattimento. Per un dialogo alla pari.
Per rendere visibile/praticabile il dibattimento bisogna uscire
dall'angolo, con un movimento intelligente, sicuro, 
conquistando spazio e respiro. E imporre il dialogo/confronto.
La scissione del Pd per la vita della democrazia
diventa quindi necessaria. Perché è  un uscire da un angolo 
per conquistare parità di parola, senza pugni. 
La sinistra ha il dovere di un'operazione di scissione,
se vuole tentare una nuova aggregazione unitaria nel nome 
dei diritti per l'uguaglianza delle persone.
Un Partito di Sinistra per l'estensione della democrazia 
contro il Partito della Nazione per la riduzione della democrazia.
E se l'estensione della democrazia ha le sue basi nel sistema elettorale 
proporzionale (“sono buoni i sistemi elettorali che danno potere 
agli elettori, non quelli che aumentano il potere dei partiti e, peggio, 
quelli di alcuni, pochi, capi di partito” G. Pasquino),
un italicum tutto italiano può solo aspirare alla riduzione 
della democrazia tramite il Partito della Nazione. 
E se alla democrazia nazionale dell’italicum basta comunicare
dall’alto quel che c’è da fare, magari affabulando,
per conquistare il consenso, alla democrazia conviviale proporzionale 
questo non basta, perché la democrazia dal basso pretende
una comunicazione alla pari per dare risposte ai bisogni delle persone.
A partire da qui, ecco qualche proposta per il nuovo partito della sinistra.

Il nuovo partito della sinistra sarà un partito/comunità
un partito/convivio, un partito/essere insieme, un  partito/solidarietà, 
un partito/mutuosoccorso, un “luogo reale”, fisico, dove regole nuove
e trasparenti rendono possibile una relazione “alla pari” tra le persone, 
dove la dirigenza sarà scelta anche per “sorteggio”, dove uomini e donne, 
in spirito di servizio, siederanno “in pari numero” nei posti di guida, 
dove non si eleggerà a “capo” un “singolo”, spesso un maschio, 
ma una “coppia”,  un uomo e una donna (si tratta di passare 
dal monocratismo di sempre, forma di potere erede storica del maschilismo
al “governo duale”, al bicratismo del futuro), dove il finanziamento sarà, 
da una parte, pubblico (la responsabilità, anche economica, della continuità 
democratica è un bene/dovere del Paese), dall’altra, privato, ma possibile 
solo a iscritte e iscritti. 
Un partito/servizio per il bene comune, intento a svolgere 
tutto un lavoro di studio/proposte, a partire dal proprio
territorio/paese/quartiere, non solo, ad esempio, per chiedere
la riparazione delle buche nell'asfalto delle strade, 
ma soprattutto per chiedere la riparazione delle buche 
nella sofferenza del tessuto sociale, un lavoro profondo per coniugare
la libertà con la giustizia, e per ricominciare a parlare di libertà 
dalla miseria, dall'ignoranza, dalla precarietà, dalla subalternità.  
Un partito/comunicazione  non più preoccupato di organizzare/dimostrare
la sua forza con “una” manifestazione politica, chiusa, in un unico
luogo di raccolta”, sempre centrale, ma disponibile a organizzare
tante” manifestazioni, aperte, in ogni “luogo vissuto” di lavoro politico,
e in contemporanea, e su un tema comune, perché la Politica torni a parlare,
non solo in TV e da Roma, ma nei mille luoghi del suo esercizio 
reale, nei mille luoghi, cioè, dei gruppi/comunità/circoli dove dibattito 
politico e azione amministrativa si incontrano e si fondono.
E magari aprire una discussione ampia sulla "cultura del limite", 
chiedendo, ad esempio, per una giusta distribuzione della risorse
di definire un limite alla ricchezza, e un limite alla povertà.
Infine, se il nuovo partito della sinistra non sperimenterà, 
oltre le fratture,  l’ardire del comprendersi guardandosi negli occhi, 
non potrà mai essere in grado di estendere la democrazia 
e di trasformare la sovranità elettorale la “sovranità conviviale”.
Forse la scissione è la strada giusta.

O no?
Severo Laleo



Nessun commento:

Posta un commento