mercoledì 22 gennaio 2014

“Né Mussolini né Vittorio Emanuele hanno virtù di padroni, ma gli Italiani hanno bene animo di schiavi”



So bene, è una citazione inutile. Costringe a leggere e studiare.
Piero Gobetti, il liberale a schiena diritta e alta, intransigente
verso il potente Fascismo, è quasi sconosciuto. La colpa?
E’ facile: i partiti vecchi e “nuovi” hanno educato generazioni intere 
non al sentire profondo della libertà e della responsabilità personale,
ma alla pratica del potere e degli “inciuci” (il dialogo aperto è altra faccenda). 
E i “nuovi” virgulti, con un’idea “personale” di spirito democratico, 
comunque ammirati dal fascino di abilità (si fa per dire!) politica del “Capo”, 
sono già maestri nell’arte antica del maneggio e nuova dell’uso dei media.
Contro liberi cittadini. Forse per questo Piero Gobetti non riesce a diventare
 un esempio morale e politico per i giovani.

A volte per capire le trasformazioni di un Paese più di qualche libro
di sociologia politica può l’influenza. Sì, perché ti costringe a occupare il tempo 
a leggere di tutto, anche i commenti di tanti lettori agli articoli intorno 
alla nuova legge elettorale. Vien fuori, un po’ a caso, certo, un’immagine 
di un Paese liquidatorio, irriflessivo, scarsamente preparato, livoroso,
contro ogni logica e dato storico, nei confronti dei “piccoli”,
anche se partiti, tutto proteso a ridurre i ragionamenti
e a aggredire con insulti.
Incapace di interrogarsi sul senso della democrazia.
Si può sbagliare, ma è il risultato di anni di diseducazione,
di volgarità irrispettosa, di smania di “vincere”, a ogni livello
e dappertutto. Risultato anche di vent’anni di berlusconismo 
elegante”, e per “servi liberi”.
Vincere/vincente” è così nella sua insignificante neutralità
un nuovo metro di misura. E di valutazione. A prescindere.
Un esempio sintesi? Tra i più leggibili? Eccolo: “Insomma, vogliamo 
accettare le regole democratiche o no? Le primarie vanno bene solo 
se prevale chi piace a noi? Renzi ha stravinto (aveva vinto anche tra gli iscritti!). 
Allora lasciatelo lavorare, BASTA!”. C’è tutto.
Naturalmente, nel commento, il problema non è in quel “Renzi”,
i nomi cambiano, ma nella diffusione di una mentalità a delegare
senza partecipare. In una parola, la logica del “basta”.
Eppure voglio continuare a sperare. All’improvviso, quando c’è da decidere 
per il bene comune, il popolo dei referendum esce sempre. 
E vota.
O no?
Severo Laleo

P.S. Ecco, sempre per ricordare uomini attenti al dettato costituzionale 
e alla libertà del voto, la storia, da Wikipedia, di Epicarmo Corbino. 
Dal 10 maggio 1948 al 3 luglio 1951 fu deputato eletto
nel gruppo parlamentare del Partito Liberale, poi dal 3 luglio 1951 al 24 giugno 1953 
entrò nel Gruppo Misto al Parlamento. Successivamente formò un nuovo partito, 
l'Alleanza Democratica Nazionale (ADN), movimento nato per contrastare
la cosiddetta legge truffa proposta dal governo, a cui egli non aderì (e alla quale 
aveva tentato di opporsi anche in aula, proponendo una soluzione di mediazione, 
denominata "ponte Corbino"). Nel 1953, contro la cosiddetta “legge truffa”, 
che istituiva un premio di maggioranza per i partiti, singoli o apparentati tra loro, 
che avessero ottenuto la maggioranza assoluta dei consensi popolari, Corbino, 
dissentendo dal PLI, costituì l'Alleanza Democratica Nazionale. 
In questo modo si tolsero voti ai gruppi di centro (così come fece il gruppo 
Parri-Calamandrei a sinistra), e la legge non ottenne,
anche se per poco, l'effetto sperato”.
E dall’altra parte non c’era Berlusconi, inimmaginabile per quegli uomini 
democratici e rigorosi, ma il democratico Alcide De Gasperi!

martedì 21 gennaio 2014

Severgnini, Cuperlo e Renzi: lo stile è l’uomo



Severgnini a Ballarò, con un eccesso di leggerezza, giudica l'italiano 
di Cuperlo praticamente incomprensibile, addirittura 'non italiano' e, 
bontà sua, giudica un ottimo 'italiano' il parlar di Renzi. È cambiato il mondo, 
se anche un autorevole conoscitore della lingua italiana, non è più in grado 
di leggere, distinguere e capire le differenze. E quasi insulta ricordando 
in un passaggio l'invito (a Cuperlo!!!) a usare il congiuntivo.
Anche le persone corrette a volte cadono miseramente.
Anch'io voglio, via, con altrettanta leggerezza, esprimere un giudizio 
non solo linguistico, ma di stile dell'uomo.
L'italiano di Cuperlo, articolato e vario, a vocabolario ampio, 
a frase costruita con sapienza, è l'italiano di una persona perbene, mite; 
nessuna parola o espressione di Cuperlo potrebbe mai ferire qualcuno. 
L'italiano di Renzi è diretto, a frasi semplici, ricco di battute, 
dal vocabolario spesso insultante, specie quando parla degli altri, 
al contrario è plaudente quando parla di sé. E ha a tratti del violento 
il suo italiano. Ed è rude il suo sfottò.
Spesso  è sprezzante e meraviglia la pazienza remissiva degli interlocutori.
Anzi a volte la compiacenza sorridente dei presenti è al limite 
della soggezione.
Ad esempio, parlare del governo in termini di "strapuntini e sgabelli
offende il Primo Ministro (Cuperlo avrebbe un vocabolario rispettoso); 
dire ai piccoli partiti interessati a discutete di 'soglia' elettorale 
di “arrangiarsi” e attribuir loro, ripetendo un luogo comune 
(ah, gli stereotipi!), un potere di ricatto pregiudizialmente, 
è distruggere/negare la presenza dell'altro.
Non può durare. Abbiamo già consentito sbagliando in passato all'italiano 
(si fa per dire!) di Bossi e Berlusconi di sferrare ingiustificate bordate 
contro tutto e tutti. Non possiamo continuare su questo andazzo. 
Il rispetto deve diventare la cifra della nuova politica. 
Altrimenti è tutto come prima. 
E da Cuperlo anche Severgnini forse ha da imparare.
Lingua e stile. 
O no?
Severo Laleo


Renzi, Berlusconi: la “sintonia” della manipolazione



La nostra Costituzione è chiara anche a chi costituzionalista non è.
Innanzitutto, all’art.1,  afferma: “la sovranità appartiene al popolo,
che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
E la sovranità del popolo è libera, non può subire condizionamenti, 
non ha bisogno di guide, assolutamente non sopporta padroni, direi è assoluta;
il suo esercizio ha forme e limiti solo di forza costituzionale, non di altra origine.
E’ possibile essere sovrani se l’esercizio della sovranità ha strade “obbligate” 
per consentire a privati cittadini di contendersi il governo di un Paese? No.

Si rifletta. I cittadini sono sovrani. Perché sono elettori, con il potere
di scegliere i rappresentanti al Parlamento. Attraverso il voto.
E l’art. 48 stabilisce: “il voto è personale ed eguale –è scritto proprio così: eguale-
libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”.
Il dovere civico di ogni cittadino è scegliere i rappresentanti
al Parlamento. Non altro. E il voto deve essere eguale, non può,
nel rispetto della Costituzione, avere effetti diversi e distorsivi.
Ed è compito dei parlamentari, se hanno un’idea di senso di responsabilità, 
legiferare e esprimere, sempre attraverso il voto, la fiducia al Governo.
La formazione del Governo ha altre regole. In Costituzione.
E hanno da essere rispettate. Troppi cedimenti, in questa direzione, 
hanno già ferito l’integrità dell’impianto costituzionale.
Ma in Italia, per raggiungere l’obiettivo della “governabilità”,
la parola magica a giustificazione di ogni manipolazione, si trovano facilmente, 
a destra e a sinistra, soprattutto per difetto di cultura liberale, i “manipolatori” 
di turno (il titolo di re della manipolazione spetta a Calderoli) delle leggi elettorali, 
pronti ad aggeggiare con le regole per inseguire scopi esterni alla ratio
di una legge elettorale, e trasformare i cittadini in elettori senza libertà di scelta e, 
impropriamente, perché non è nella Costituzione, in elettori di un “governo”.
Si tratta di un rimedio a una malattia di altre natura: l’assenza di cultura politica 
della responsabilità. Se i rappresentanti eletti non sono in grado di governare,
il problema non è nella legge elettorale, ma nella pochezza degli uomini.
Ma in Italia –e il nome Italicum questa volta è perfetto per esprimere
il nostro nazional carattere- tra cambiare comportamenti e cultura politica, 
si preferisce, contro Costituzione, la manipolazione: il voler piegare a forza 
un dato di fatto, di realtà, verso un risultato contrario per premeditazione, 
il voler aggiustare la realtà secondo gli interessi politici e di potere di qualcuno. 
Il solito!
E appare incomprensibile la disponibilità di uomini di cultura, costituzionalisti,
conoscitori dell'etica pubblica, a prestarsi in un'operazione consapevolmente 
volta a ottenere da una legge elettorale un risultato politico. 
Non è logicamente e politicamente ammissibile.E' forzatura antidemocratica.
Ed è il segno della crisi profonda della politica.
Ma in questo il nuovo segretario del Pd appare il più vecchio e determinato 
maestro di “manipolazione”.  Per raggiungere un risultato comunque 
e con il solito: ancora una ragione estranea alla legge elettorale. 
Nell’interesse del Paese?
Se sì, si chiamino gli elettori a decidere, sebbene la visione rude 
della semplificazione e i modi spicci dei più, in questi tempi infelici, 
non lasci ben sperare. Tranne se il popolo dei referendum 2011 non si sveglia.

O no?
Severo Laleo

domenica 19 gennaio 2014

Pd-Forza Italia: la violenza della “nuova” politica



A proposito di “cambiamento” nella politica italiana in giro
e in rete si trovano molto spesso entusiasmi esagerati e irripetibili insulti, 
raramente riflessioni ponderate. La velocità e i nuovi strumenti di comunicazione 
abituano purtroppo alla semplificazione smodata. E’ possibile un’analisi 
di semplice osservazione? Si può provare.

Alfano è il segretario del NCD e, per quanto voglia, non appare
un gigante. Anzi. Eppure oggi rappresenta, in qualche misura,
più di altri, la consapevolezza democratica del cambiamento.
Sì, perché ha abbandonato, non senza qualche rischio,
il suo “capo/padroneBerlusconi per non cedere a una dinamica politica
di tipo eversivo.

Letta è il Presidente del Consiglio e per quanto voglia non riesce
a governare con il gradimento  degli elettori. E’ fermo.
Eppure oggi rappresenta, in qualche misura,
più dei nuovi agitati e sempre in movimento dirigenti del Pd,
la consapevolezza democratica della necessità della mediazione,
lenta e solidale, per dar saldezza alla dinamica delle istituzioni.
Il cambiamento è possibile solo se le istituzioni tengono.
Ha separato senza traumi istituzionali il destino del governo
dal destino giudiziario di Berlusconi. Un impegno d’obbligo,
certo, vorrei vedere, ma un impegno difficile in un Paese
a creatività infinita per salvare i potenti di turno. E qualche beneficio 
è evidente, almeno per l’erario, in termini di spread.

In breve, in una contingenza emergenziale, Alfano e Letta,
con la collaborazione degli alleati di centro, guidano con fatica,
con errori, con incomprensioni, tra i mille attacchi
di un’opposizione spesso scomposta, tra pasticci incredibili,
il delicato passaggio al cambiamento, per una democrazia “normale”, 
dopo il ventennio dell’anomalia. Una guida, si sa,
a tempo, e segnata dalla decisione della Consulta sul Porcellum.
Ma questo passaggio verso il “normale” appare tortuoso.
E trova un oppositore forte nel Pd, nel suo segretario,
abituato a “non mollare”, e disposto a “giocarsi tutto
(ma quale mondo rivela questo linguaggio?).
Il nuovo segretario del Pd, in controtendenza, respinge
la normalità  e apre la strada a un nuovo corso.
Confermando l’anomalia, e interpretando una “nuova” politica, 
violenta nell’agire, nelle intenzioni, nel linguaggio.

E’ una violenza nei confronti di tutte le persone oneste,
anche di chi –figlio di un paese a diffusa illegalità- non ne vede ora tutta 
l’enormità, l’atto di incontrare un condannato per frode fiscale, 
ripeto per frode fiscale, qualunque sia il suo nome e il suo ruolo, 
per decidere di riforma elettorale e di cambiamenti costituzionali 
(per conferma si chieda a un qualunque cittadino svedese, olandese, 
statunitense, tedesco, escluso un russo ammiratore di Putin, se è legittimo, 
se non è violenza verso la legge, per un segretario di partito, di destra o sinistra, 
non fa differenza, concordare con un condannato per frode fiscale la legge 
elettorale: non capirebbero neppure la domanda … 
ma noi siamo nella “nuova” Italia); 
è una violenza nei confronti della libertà degli elettori, nella scelta
dei propri rappresentati in Parlamento, esprimere l’intenzione
di proporre una legge elettorale dove saranno ancora
dei “capi/padroni” (sempre maschi) a decidere le liste, quindi
a “nominare” fedeli esecutori, a prescindere dai possibili correttivi
a cura della “generosità” dei partiti (solo rappresentanti liberi
da condizionamenti possono lavorare per liberare gli altri
da altri condizionamenti, con beneficio della libertà di tutti);
è una violenza gratuita, e davvero fuori luogo e senza giustificazione, 
affermare la volontà di bloccare i “ricatti
dei piccoli partiti (chi non vede l’enormità di questo giudizio politico, 
chiuda pure qui la lettura), perché impediscono ai grandi
di correre liberi verso le magnifiche sorti e progressive.

Infine, e vale per tutti, è una violenza imporre il bipolarismo
per legge specie se si affida a un Parlamento eletto
con l’incostituzionale Porcellum il compito di cambiare le regole
e la Costituzione. Sempre se non si decide all’unanimità.
O no?

Severo Laleo

sabato 18 gennaio 2014

Il Pd e Berlusconi: se salta il limite, la democrazia sbanda



Il Pd, insieme ad altri, e, per fortuna, insieme al M5S, espelle
dal Senato Silvio Berlusconi per indegnità.
Indegnità morale.
Il Pd, al Senato, non riconosce a Silvio Berlusconi, condannato
per frode fiscale, il reato più odioso contro la coesione sociale
di una comunità democratica, la dignità di poter “parlare
dei problemi della Nazione.

Eppure Renzi, il segretario di quello stesso Pd,
rapido, intrepido nel non mollare,
nonostante l’opposizione di una parte del Partito,
sconfessa i senatori del Pd,
salta/aggira il limite dell’indegnità morale,
e invita l’”espulso  dal Senato” a casa sua,
nella casa del partito di De Gasperi e Berlinguer,
nella casa del partito della “questione morale”,
a “parlare” delle regole fondamentali di una comunità.
Incomprensibile. Ingiustificabile.

Che hanno da spartire le persone serie e oneste del Pd
con le ambizioni stravolgenti di questa ”nuova” classe dirigente
senza senso del limite?
Poco, molto poco. E la legge elettorale non c’entra.
O no?

Severo Laleo