E con un ben chiaro progetto per il futuro:
"affinché si ripristini il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale, a garanzia della vita di ogni popolo".
Sì, a garanzia della vita di ogni popolo!
Grazie Presidente.
Severo Laleo
parole per una "cultura del limite" a cura di Severo Laleo ... de tous temps penseurs, sages ou philosophes, ont cherché les moyens à s'opposer à la démesure (hybris) ... les convivialistes
E con un ben chiaro progetto per il futuro:
"affinché si ripristini il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale, a garanzia della vita di ogni popolo".
Sì, a garanzia della vita di ogni popolo!
Grazie Presidente.
Severo Laleo
... quest'anno sconvolte le Mimose
gridano dagli alberi:
Non è tempo di festeggiamenti
È tempo di dolore imperativo
Sollevatevi donne di tutto il mondo
Marciate forti per la pace
Portate dappertutto la "parola"
perché gli uomini, questi uomini,
da sempre "muti" nelle armi,
sono inetti per la pace.
O no?
Severo Laleo
A Gaza non è in corso una guerra, è in corso un massacro.
Tutte le autorità di governo nel mondo non possono più giocare a nascondersi, non possono più trovare giustificazioni a ogni azione di Israele sempre ricordando i fatti tragici e orrendi del 7 ottobre.
Oggi le autorità di governo di tutto il mondo hanno un solo dovere: intervenire per bloccare questo massacro continuo oltre le operazioni di guerra.
Forse qualche gesto forte e ampio potrebbe essere importante.
Ad esempio, il segretario dell'ONU Guterres, incredibilmente inascoltato pur avendo sempre denunciato gli ingiustificati interventi di morte di Israele contro il popolo palestinese, potrebbe dare le dimissioni per aprire un dibattito ampio sul significato della "sicurezza" di ogni persona nel mondo, a prescindere da tutte le contingenze, nelle mani dell'ONU.
Non solo.
E sarebbe anche necessario che tutti i movimenti femministi del mondo aprissero una breccia larga nel fortino della volontà di guerra/violenza degli Stati (dominati ancora da cultura maschilista, nonostante qualche leader donna) con rumorose manifestazioni internazionali per dire
no all'uso della violenza/guerra,
no a morte/distruzione in ogni parte del mondo,
no alla corsa degli armamenti,
sì a investimenti cospicui nella diplomazia della "parola".
Non si più stare a guardare senza azioni.
O no?
Severo Laleo
Se, a sentir diffusa opinione, Putin,
e non la Russia, è il "male assoluto",
perché non si tenta,
anche per il principio di proporzionalità,
semplicemente di contenere,
anche con calcolati accordi,
questo "male" nei suoi sussulti
per un po' di tempo
almeno fino al suo scomparire?
Dieci anni?
E non si possono investire dieci anni,
non in corsa a nuovi armamenti,
ma in diplomazia della "parola"
senza annegare il mondo
in una guerra senza limiti e catastrofica?
La ricerca della Pace
deve avere sguardo lungo,
deve programmare un viaggio senza incidenti.
O no?
Severo Laleo
Quis fuit...qui primus...
Sì, il primo è stato Berlusconi: riuscì, con la sua foga commerciale/manipolatoria, a combattere il "teatrino della politica", a suo dire, proprio inventando, abilmente, la figura del politico/statista "capocomico", con un linguaggio, quando non violento, almeno di sorriso/garbo tra il sincero e l'affettato, ma per i più divertente, da barzellettiere.
Ora i suoi "figli" e la sua "figlia", diventati/a statisti, nel tentativo di imitare il gran capocomico, hanno riversato nel discorso politico e l'arroganza oltre il limite, e la volgarità nell'aggressione dell'avversario, e la sguaiataggine dell'approssimazione, e infine le movenze gestuali e sonore dell'avanspettacolo.
Eppure, se il popolo non è semplicemente un plaudente spettatore, presto, forse, tornerà la Politica (e si spera, anche per gli Usa!).
O no?
Severo Laleo
Ma è vero che questo governo ha intenzione di spendere otto miliardi, otto miliardi, sia pure in più anni, per l'acquisto di carri armati con l'intento conseguenziale di incrementare gli orrori nei campi di battaglia? È vero? Otto miliardi?
Se è vero, è un'offesa a tutte le persone povere del nostro paese; con otto miliardi si sarebbe garantita la possibilità a persone in gravi difficoltà economiche di percepire un reddito per una vita dignitosa.
Eppure quel reddito, una volta di cittadinanza, è stato subito strappato, con ideologico furore, alle persone in difficoltà per dare ora ai carri armati da guerra una continuità di morte.
La mente e il cuore si ribellano, non riescono a concepire tanta insipienza politica o tanta arroganza di forza.
Non è possibile negare miliardi alla vita per sperperarli nella morte. I carri armati restano sempre macchine di morte,
anche in difesa.
Se un reddito di vita/cittadinanza è strumento di sollievo nell'esistenza delle persone povere, l'acquisto di carri armati diventa comunque strumento di diffusione di morte.
Scegliendo di spendere per armi,
continuando a dare una direzione bellico/militare al nostro bilancio, si rischia di non rispettare la Costituzione nel suo profondo impianto valoriale di pace dell'art. 11.
Se avesse l'Italia investito otto miliardi nel sostenere con mezzi adeguati la diplomazia per la pace, tante/i avrebbero compreso l'utilità corretta dell'impegno economico, perché investire nella pace, specializzandosi l'Italia come un paese di costruttori di pace, significa senza dubbio investire nella vita; con i carri armati si contribuisce solo ed esclusivamente a incrementare la morte.
Forse è ora per questo governo, un governo senza ragioni convinto della necessità di dotarsi di armi, di correre a nascondersi per questa scelta insensata di morte.
O no?
Severo Laleo
Leggo questo titolo/sommario su Domani:
Tutti maschi. Nei ministeri il potere decisionale è nelle mani degli uomini.
Il 58,8 per cento della pubblica amministrazione è formato da donne, pari a 3,2 milioni di dipendenti pubblici. Solo il 33,8 per cento però riveste un ruolo apicale. E nei dicasteri, tra i dirigenti e i capi dipartimento, sono una sparuta minoranza.
Tutto vero. E non se ne esce con le denunce, con le raccomandazioni, con l'obbligo di quote.
Sono necessarie riforme istituzionali capaci di trasformare nel profondo, e per sempre, il dualismo uomini/donne.
Fino a quando i "ruoli apicali", i capi, per usare una parola purtroppo acriticamente diffusa alla nostra cultura politica, saranno sempre dei "monocrati", continuerà a prevalere un potere sostanzialmente maschilista, a struttura di dominio, anche se all'apice c'è una donna.
Il monocratismo nelle istituzioni (e non solo) è l'esito storico del potere dominante maschile/patriarcale, non è una condizione "naturale".
Se si vuole combattere il "tutti maschi" bisogna sostituire il monocratismo con il bicratismo.
O no?
Severo Laleo
Su ilfattoquotidiano.it si legge questo sommario, a didascalia del video di Trump nel sublime suo atto di presentazione, al suo pubblico, di scarpe dorate:
"Trump presenta le sue scarpe dorate davanti alla folla in delirio, tra cori di sostegno, insulti a Biden e ululati di disapprovazione".
Povera America, con tutte le sue contraddizioni. Ma più povera, se ancora molte persone riescono a "seguire", delirando nelle nuove scarpe, Trump, soprattutto dopo la condanna per frode negli affari.
Eppure a suo modo il mondo riserva sempre delle (belle) sorprese: dopo aver visto le scalate ai vertici delle istituzioni politiche della genìa dei "venditori", d'ogni tipo di merce, manipolazione delle parole inclusa, oggi, non saprei dire se per la prima volta, assistiamo, con Trump, al ritorno alle "vendite", e di oggetti o, in altri casi, di chiacchiere, da parte di questi piazzisti/statisti; forse, se quegli "ululati di disapprovazione" sono davvero il segno di un nascente e convinto impegno civile, questo nero ciclo fraudolento della politica è sul punto di chiudersi definitivamente.
O no?
Severo Laleo
L'aver ascoltato questa sera in TV
Marco Damilano sulla tragedia di Cutro,
pur al di là delle importanti notizie
presenti nel suo servizio,
ha regalato, soprattutto a chi abbia voglia
di capire, in un paese di "impauriti",
il respiro dell'impegno etico e civile,
per fortuna non completamente perduto.
Anzi, nel suo caso, dichiarato
nella sua continuità.
Bravo Damilano!
Cutro, se griderà la verità, cambierà
davvero il nostro Paese,
più di ogni altra azione/iniziativa politica.
Forse basterà solo aspettare pazienti.
O no?
Severo Laleo
Se chiedi il cessate il fuoco a Gaza,
ti danno dell'antisemita
(svuotando così di tutto l'orrore
l'antisemitismo),
se chiedi di garantire aiuti a Gaza,
ti dicono di sostenere i terroristi
(confondendo così le parti e le persone),
se chiedi trattative di pace,
ti schieri con chi vuole impedire a Israele
di difendersi
(negando così in sé il senso di "pace"),
eppure è semplice:
in verità si chiede solo di rinunciare
alle armi della violenza,
con il seguito di morte e distruzione,
e di sperimentare/esercitare
sempre dovunque comunque
l'arte umana della parola.
O no?
P.S. Forse l'ampio, il troppo ampio, potere nelle mani dei "maschi", di ogni parte, spessissimo impazienti e muti di "parola", non aiuta.
Se la "marcia" del 6 Gennaio 2021 di Trump su Capitol Hill non ha sovvertito il risultato elettorale è stato anche, e forse soprattutto, grazie a onesti "funzionari" (Deep State?), costituzionalmente corretti e leali, e di entrambe le parti politiche, a ogni livello, dai "dirigenti" responsabili della regolarità del conteggio dei voti, alle "guardie" a tutela dell'integrità del Congresso. In sintesi, il gruppo di potere, devoto (per personali profitti) al grande "capo", ha tentato, con tutti i suoi strumenti di prepotenza, di stravolgere il risultato elettorale, ma ha incontrato, è pur vero, un altro gruppo di "funzionari servitori" pronti a lasciar solo il "capo" se questi si pone contro la "legge".
E questo è già successo a difesa dell'attuale livello/stato (ancora imperfetto, e molto) di democrazia presente in occidente. Ecco, i "funzionari" hanno espresso della democrazia una visione lungimirante rispetto alla visione proprietaria del potere di un "capo".
Oggi si viene a sapere di un documento sottoscritto da oltre 800, tra diplomatici e funzionari americani ed europei, un documento definito "transatlantico" - riporto quasi integralmente dal quotidiano "Domani"- in cui si accusa "Israele di «gravi violazioni del diritto internazionale» nella risposta militare nella Striscia di Gaza all'attacco di Hamas del 7 ottobre. I funzionari chiedono ai loro governi una reazione più decisa. Altrimenti, riporta la Bbc che ha ottenuto il testo, c'è «il rischio di rendersi complici di una delle più gravi catastrofi umanitarie del secolo»: fino, potenzialmente, a scenari di «pulizia etnica e genocidio».
Se negli Usa i "funzionari statali", avendo interiorizzato i valori costituzionali, hanno difeso la democrazia, oggi i "funzionari transatlantici', avendo interiorizzato i valori della Dichiarazione universale dei diritti umani (e non solo), si espongono, con onestà e coraggio, a difesa della dignità umana, sia per evitare la catastrofe del genocidio, sia per tenere sempre aperto un varco all'(inevitabile?) processo di civilizzazione dell'umanità.
O no?
Severo Laleo
Al di là di ogni problema di correttezza dell'informazione (rapporto tra privacy, notizia/immagine), in molte/i abbiamo visto una donna, "quella donna", accompagnare, in carrozzina, un/a neonato/a (sua/o figlia/o?) in ospedale per abbandonarlo/a.
Le immagini di "quella donna", apparsa confusa e determinata nei suoi passi, sono state, da parte di tante/i, viste con l'occhio o di chi comunque vuol colpevolizzare o di chi semplicemente intende difendere il diritto alla privacy, a prescindere.
Forse è mancata una riflessione sul gesto in sé e sul suo significato.
Ebbene, "quella donna", in quel video, mostra una sua sicura dignità, la dignità di chi sa di aver fatto sì un'azione gravemente penosa e dolorosa, ma anche un'azione coraggiosa e giusta.
Siamo abituate/i a vedere nell'"abbandono" un gesto negativo, di rifiuto e di mancanza d'amore.
Ma non è così (almeno non sempre).
"Quella donna", con il suo coraggio aperto e con la sua dignità, sa, al contrario, che figli e figlie "appartengono" non solo ai genitori, ma anche alla società. Sa, "quella donna", che, se da sola non può farsi carico di quel bambino o bambina, sia la società a farsene carico. E a suo modo chiede aiuto chiamando in causa la comunità e ad essa affidandosi, perché "quella donna" sa che una comunità è in grado di esprimere/realizzare un'idea di cura.
"Quella donna" con il suo gesto grida a noi che chi non può dare cura, la chieda, con silenzio e "amore", ad altri soggetti. In sicurezza, senza gesti di violento abbandono, senza paura di altro, in civile confidenza sociale, in attesa di accoglienza.
Siamo noi, la società, a evitare di colpevolizzare chi è "in difficoltà", e a provare di diventare una "società della cura". A volte, al contrario, specie oggi, sembriamo sordi, se non malvagi, nei confronti di chi si trova bisogno.
Eppure, se noi diventiamo una "società della cura", con leggi da "società della cura", la nostra civiltà compie un passo avanti nel suo percorso di civilizzazione.
L'immagine di "quella donna" quasi svela un'immagine del futuro: esiste sì la persona "sola", ma esiste anche una comunità delle persone e quest'ultima sa/saprà sempre prendersi cura di chi per un qualche/qualsiasi motivo sia nel bisogno.
Forse l'individualismo particolaristico, localistico, "meritevole", schiavo, escludente, avaro e punitivo di questi nostri tempi di insopportabili e carezzate disuguaglianze non può rappresentare il futuro.
O no?
Severo Laleo
Quando un potere politico può decidere,
in un modo o nell'altro,
del diritto alla vita di interi gruppi
di persone,
lì s'annida il nazifascismo,
lì cresce il "dittatore",
lì si pratica l'"oltraggio",
lì nasce l'orrore,
lì è la Shoah,
lì muore l'"umanità".
Anche senza l'odio,
spesso è solo per "ripulire" il nostro orto.
È già successo, non dimentichiamo.
E riflettiamo per il futuro.
O no?
Severo Laleo
Le parole di Mattarella per la Giornata della Memoria sono forti, chiare e condivisibili: "Il culto della personalità e del capo sono stati virus micidiali, prodotti dall'uomo, che si sono diffusi rapidamente, contagiando gran parte d'Europa, scatenando istinti barbari e precipitando il mondo intero dentro una guerra funesta e rovinosa".
Perfetto! Eppure, il culto del capo è anche il culto dell'istituzione in sé del "capo", cioè di un'istituzione in sé monocratica; in una parola, è il culto del monocratismo (e il mondo è pieno di monocrati e aspiranti monocrati: Trump, il nuovo premier figlio del "premierato", solo per fare due esempi a noi "prossimi").
E perché è ancora affidato, in molte parti del mondo, sia pure con differenti sistemi di pesi e contrappesi, il "governo" a una figura monocratica?
Ha il monocratismo una sua origine, una sua storia culturale? Non è forse figlio di un potere nato, cresciuto, alimentato da una cultura maschilista? Non è forse il vincitore di un duello tra maschi?
Forse il bicratismo risponderebbe meglio a una visione moderna e inclusiva e estesa della democrazia. L'organizzazione del potere non può non corrispondere all'universo mondo di uomini e donne, e non può non essere a "due".
Forse i femminismi dovrebbero dedicare molto più spazio a riflessioni sulle possibili riforme istituzionali a misura di genere.
O no?
Severo Laleo
Una fondamentale lezione/riflessione ha lasciato a noi, persone europee, con profondità di pensiero e chiarezza di parole, Stefano Rodotà quando assegna al nuovo millennio l'inizio della "rivoluzione della dignità".
"Se voi leggete il preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea -scrive Rodotà- , trovate un’affermazione molto impegnativa: «l’Unione pone la persona al centro della sua azione». Ma non è una persona qualsiasi: è la persona qualificata e individuata in primo luogo attraverso la sua dignità. Voi vedete che c’è una trama ricca dietro il discorso sulla dignità: c’è la libertà, c’è l’eguaglianza, c’è la libera costruzione della personalità, e dunque dell’identità di ciascuno di noi, c’è l’autodeterminazione. È un crocevia, la dignità, che ci consente di guardare più a fondo nel sistema giuridico e nell’organizzazione della società e questa associazione con altri riferimenti, con altri principi, ci aiuta a cogliere meglio il tema della dignità."
Eppure, proprio in Europa, Sunak, un uomo d'affari e di governo, rilancia, seguito senza vergogna dal governo italiano, la sua idea di "deportazione" di persone in centri esterni di accoglienza e rimpatrio (Ruanda, Albania). E chiarisce: «Dobbiamo interrompere il modello di business delle gang criminali, decidere noi, non loro, chi entra nel nostro Paese. E se questo ci richiederà di aggiornare le nostre leggi e di avere conversazioni a livello internazionale per creare un framework sull’asilo politico dobbiamo farlo. Dobbiamo applicare il radicalismo al tema dell’immigrazione illegale e non mettere la testa sotto la sabbia. Andate a Lampedusa, dove il 50% degli immigrati è arrivata quest’anno: non è più sostenibile, non è corretto ed è immorale».
E così, per una torsione "radicale", immorale diventa l'arrivo, e non la deportazione, di chi fugge dagli stenti per un'altra possibilità di vita.k
Il progetto di Sunak, e dei suoi seguaci entusiasti, incoraggia, senza più remore morali, un passaggio pericoloso e decisivo verso l'annullamento della "civiltà della persona": a chi fugge dagli stenti viene negata la "dignità".
Secoli di cultura umanistica e scaffali pieni di testi etico-giuridici e costituzionali, con dichiarazioni solenni incorporate, vengono ignorati/cancellati trasformando la persona, e la sua dignità inviolabile, in un oggetto/pacco postale extraeuropeo trasportabile ad libitum fuori d'Europa. Ecco il conservatore Sunak, difensore della patria! Ecco i suoi patrioti alleati: una tristezza infinita!
O no?
P.S. La storia del mondo è anche una storia dolorosa di migrazioni: forse è ora, se non si vuole negare la civiltà europea, di garantire/restituire dignità a chiunque migri.
Leggo su "Domani" l'appello di un gruppo di donne PD a Elly Schlein. Condivido pienamente e trascrivo di seguito l'appello, integrandolo con qualche riflessione (in corsivo) propria di questo blog.
Carissima Elly,
ti scriviamo per offrirti la nostra riflessione per un Pd partito comunità
(una comunità viva contro ogni forzatura leaderistica: il leaderismo è figlio del maschilismo ed è oggi il grimaldello - vedi Trump- per affondare la democrazia, sia pure con il voto, in una pericolosa/violenta/divisiva autocrazia)
porti più donne in Europa.
Le prossime elezioni per il Parlamento europeo saranno determinanti per il futuro dell’Unione europea: tra conflitti e riforme, traguardi raggiunti e altri ancora da completare, i prossimi cinque anni saranno centrali per la sua stabilità nei prossimi decenni. L'Europa è comunità di destino, il nostro obiettivo politico e istituzionale più ambizioso e per questo le elezioni europee sono per noi da sempre un momento di confronto politico alto e un appuntamento fondamentale, non secondario.
Il Partito Democratico nel Parlamento Europeo, in questa legislatura che si sta per chiudere, è stato il perno del gruppo Socialisti & Democratici incarnando con coraggio e audacia le lotte democratiche e progressiste. Un risultato da rivendicare e reso possibile grazie ad una pluralità di personalità e ad un peso consistente delle donne all’interno della delegazione. A livello europeo, infatti, ad oggi il Partito Democratico esprime rilevanti funzioni istituzionali ricoperte da donne e la delegazione Pd nel Parlamento europeo è composta da nove donne su sedici componenti (il 55%). Un esempio di parità di genere applicato alla politica da rivendicare con orgoglio,
(sì, da rivendicare, senza inutile orgoglio, ma con pienezza di convinzione e determinazione politica: è ora che diventi legge la parità assoluta uomini/donne nelle istituzioni rappresentative e anche nelle sedi di governo, perché è "cosa buona e giusta"😉)
un’esperienza ricca e fruttuosa da proseguire. La grande forza, le competenze, i talenti e la visione delle donne Democratiche stanno lasciando il segno in un’istituzione fondamentale per il destino dell’Unione europea e del nostro Paese. Un risultato da rivendicare e da consolidare, tanto più perché, per la prima volta, il Pd affronta l’appuntamento elettorale delle europee con una guida femminile e femminista
(è ora di portare, nel riformismo istituzionale, la riflessione femminista, al fine di individuare nuovi modelli, non più leaderistici e maschilisti, di istituzioni politiche e di governo, ad esempio il "bicratismo", e nuovi modelli di relazioni internazionali per aprire nuove strade alla "pace perpetua"),
la tua. Siamo un partito plurale di donne e di uomini, la nostra forza sono la nostra comunità, i nostri valori, la nostra storia, la convinzione che il contributo di ciascuna e ciascuno sia prezioso, come altrettanto preziosa è la lealtà che contraddistingue il nostro dibattito interno.
Da giorni i media discutono di una tua ipotetica pluricandidatura alle prossime elezioni per il Parlamento europeo.
Pur non avendo riscontro di quanto questa ipotesi sia fondata, le firmatarie di questo documento, avendo fatto delle battaglie di genere il fondamento del proprio agire politico, non possono esimersi dall'evidenziare le molteplici conseguenze negative che questa ipotesi avrebbe sulle candidature femminili e sull'immagine complessiva del Partito Democratico.
Sul piano simbolico, preme sottolineare che la natura plurale e democratica del nostro partito mal si confà con una scelta che sembrerebbe rincorrere il leaderismo della destra di Giorgia Meloni, che certamente non si preoccupa di agire in contrasto con l'etica femminista della responsabilità concorrendo per un ruolo che poi non potrà esercitare effettivamente e con il rispetto del voto degli elettori e della dignità delle assemblee elettive.
(Perfetto!)
Non meno grave sarebbe il conseguente spostamento dell'asse dello scontro politico dal piano dei valori e dei contenuti al riduttivo piano di una contesa “rosa” che nulla ha a che fare con la nostra visione di società e di Europa.
(Non esiste contesa "rosa": la contesa in sé, specie di quel tipo, tra leaders tuttofare, riduce la "comunità" politica a massa gregaria.)
In ultimo, considerando le conseguenze concrete sulle candidature femminili, verificate purtroppo in tante altre occasioni elettorali, è un dato di fatto che proprio la candidatura della prima segretaria del Pd, specie se plurima, determinerebbe il paradosso di costituire una mannaia per il meccanismo della parità di genere in sede elettorale, comprimendo la possibilità concreta per le nostre candidate di essere elette. Non possiamo correre il rischio di portare meno donne nel Parlamento europeo proprio quando alla guida del Pd c’è una donna e una donna femminista.
(Verissimo!)
Elly, tu rappresenti già il riferimento pubblico per il Partito Democratico e la tua indubbia attrattività elettorale può essere generosamente spesa in misura più compiuta affiancando nella disputa elettorale le candidature delle donne e degli uomini espressione dei territori.
Bigini Morena, Portavoce regionale Umbria
Bonganzone Lucia, Coordinamento Nazionale uscente
Bruno Bossio Enza, Coordinamento Nazionale uscente
Ciampi Lucia, Coordinamento Nazionale uscente
Costa Silvia, Coordinamento Nazionale uscente
Esposito Teresa, Portavoce regionale Calabria
Fanelli Micaela, Consigliera regionale Molise
Fasiolo Laura, Coordinamento Nazionale uscente e Consigliera Regionale FVG
Fioretti Floriana, Coordinamento Nazionale uscente
Fornaciari Donatella, Coordinamento Nazionale uscente
Gentile Milena, Portavoce regionale Sicilia
Incostante Mariafortuna, Coordinamento Nazionale uscente
Longano Mary, Coordinamento Nazionale uscente
Longhi Claudia, Portavoce regionale Veneto
Malpezzi Simona, Coordinamento Nazionale uscente
Meloni Simona, Consigliera regionale Umbria
Paglia Maria Luisa, Coordinamento Nazionale uscente
Palmeri Adriana, Portavoce Provinciale Palermo
Panei Lorenza, Portavoce regionale Abruzzo
Pezzopane Stefania, Coordinamento Nazionale uscente
Salmaso Raffaella, Coordinamento Nazionale uscente
Sileo Lucia, Portavoce regionale Basilicata
Toma Anna, Portavoce Provinciale Lecce
Valente Valeria, Coordinamento Nazionale uscente
Vallacchi Roberta, Consigliera regionale Lombardia
Vinc
enti Antonella, Portavoce regionale Puglia
10 dicembre 1948-10 dicembre 2023: la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani compie 75 anni.
E forse è ancora poco conosciuta dalla popolazione mondiale. E non solo è poco conosciuta, ma pochissimo praticata da quanti hanno responsabilità politica.
A scuola, anche se viene ritualmente celebrata/ricordata la giornata del 10 Dicembre, non sempre si dà la dovuta importanza al testo. In verità, eccezioni esistono. Un esempio? Qualche decennio fa, se non ricordo male, in un liceo, credo scientifico, dell'area fiorentina, la dichiarazione universale dei diritti umani veniva letta ogni anno il 10 dicembre in
un'assemblea generale degli studenti e ogni anno veniva distribuita agli studenti una copia della dichiarazione; cinque anni, cinque copie della dichiarazione e cinque volte la lettura della dichiarazione e ogni anno letta/vista (si spera con buon profitto da parte delle nuove generazioni!) tramite inviti ad esperti e tramite film, con una sottolineatura diversa: ora la guerra/pace, ora l'emigrazione/immigrazione, ora la libertà politica, ora la dignità umana.
Sì, la dignità umana. Se la dichiarazione universale dei diritti umani ha avuto un ruolo nella storia della cultura mondiale è quello di aver affermato, una volta per tutte, solennemente, per tutti gli esseri umani, l'insopprimibile dignità della persona. Ogni persona ha la sua dignità e questa dignità deve essere rispettata sempre. In ogni situazione.
Secondo Giovanni XXIII, la dichiarazione universale del 1948 è stato il primo documento laico ad aver attribuito a ogni essere umano la dignità di persona senza distinzioni di alcun genere: è l'atto di nascita dell'homo dignus!
La dichiarazione rappresenta nella storia dell'umanità un punto di arrivo e insieme un punto di svolta, dopo l'orrenda tragedia della seconda guerra mondiale. La dichiarazione universale avrebbe dovuto significare la fine della storia di sempre, tormentata a ripetizione dalle atrocità delle guerre (l'indicibile dell'olocausto degli ebrei e di altre comunità di "diversi", la catastrofe atomica, la morte di civili inermi sotto le bombe, etc.). Le sofferenze della guerra per le popolazioni civili avrebbero dovuto essere solo un tristissimo ricordo.
Non è (stato) così!
Solo qualche giorno fa, la svolta rappresentata dalla dichiarazione dei diritti umani ha perso completamente il suo significato "rivoluzionario" di fronte al veto degli USA al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Una risoluzione per un "cessate il fuoco" a Gaza, dove le bombe israeliane uccidono in continuazione civili inermi, per rappresaglia contro gli atti terroristici di Hamas, è stata bloccata/affossata dal veto degli USA! Povera dignità umana, uccisa dalla politica di potenza. Follia, follia insana, follia permanente. E forse una follia legata direttamente alla cultura del dominio, proprio di una parte della specie umana, la specie degli uomini/maschi. Possibile non esista una via diversa dalla morte/distruzione? Perché non riusciamo con la nostra ragione a percorrere vie di soluzioni capaci comunque di garantire il rispetto sempre della dignità di ogni persona? È ancora difendibile la posizione del premier israeliano convinto assertore, da uomo di dominio, dell' "eliminazione" di Hamas, a prescindere da ogni altra riflessione?
Eppure uscire dalla gabbia del dominio/eliminazione dell'"altro" è ancora possibile, se prevale per tutte le parti in gioco (e soprattutto da parte di chi ha conosciuto la logica dell'"eliminazione") il senso profondo scritto a chiare lettere e con convinzione da tutti o quasi i Paesi del mondo nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
O no?
Severo Laleo