venerdì 28 ottobre 2022

Berlusconi, il governo Meloni e Gobetti


Berlusconi vota in Senato la fiducia a Meloni e insieme chiude definitivamente la sua, e dei suoi sbraitanti epigoni/imitatori, imbarazzante era (aperta proprio con un interessato sdoganamento del fascismo). 

Avrà cmq il "merito" di aver scritto così l'ultimo capitolo dell' "autobiografia della nazione", perché, al termine di questa sua avventura, ora in corso con la sua allieva di lunga data, Meloni, l'Italia chiuderà, al pari della Germania, i suoi conti con il fascismo, una volta per tutte; infatti, quando questi al governo presto cadranno, non più risorgeranno (per la forza intrinseca della nostra pur imperfetta democrazia).

E nulla sarà come prima. L'auspicata da Gobetti "rigenerazione" liberale e democratica, con cent'anni di ritardo, sarà compiuta. Almeno si spera.

O no?

Severo Laleo 

sabato 8 ottobre 2022

Annie Ernaux, “Memoria di ragazza”: il senso di scrivere, la corazza e il maschio

 


Caro Scapece,


hai visto? Avevi ragione. Il Nobel, nonostante tutto, serve, è davvero utile, 
almeno ti fa conoscere un sacco di persone che hanno dato (e danno)
molto alla umanità nostra strana (sì, strana, non vedi quante persone sono ancora 
senza paura della guerra!), anche attraverso la letteratura. Quest'anno il premio 
per la letteratura è toccato a Annie Ernaux.
Appunto, grazie a questo premio, ho subito voluto conoscere Annie Ernaux
leggendo una sua opera, e ho scelto "Memoria di ragazza".
Ho avuto difficoltà all'inizio a leggere. Una scrittura “nuova”. 
Almeno per me, lettore precario.
Non è una "storia" costruita nel rispetto di un canone, al contrario, è proprio 
un racconto/confessione di un brandello di vita (correva l'anno 1958) visto 
da lontano nel tempo, scavando sì nella memoria, ma cercando di ricostruire, 
con attiva partecipazione, luoghi, azioni, contesti, pensieri, di quei momenti. 
Il racconto riguarda una ragazza di 18 anni che vive il suo primo incontro 
con l'altro (il maschio, l'uomo, H.), nella sua prima uscita oltre la sua 
abitazione/ambiente, lontano dalla famiglia, da padre e madre.
La scrittura è intrigante, a volte spezzata, estranea, ma cmq cattura: e potresti 
perderti nel suo insistere sempre tra la descrizione puntuale del fatto 
in quel presente e i rimandi ad una memoria in qualche modo sorvegliata 
e aperta, sofferta e indifferente. Più che altro una memoria che vuole 
scandagliare il passato con il coraggio di dire di sé, succube e padrona 
della vergogna, ma anche allontanando quel sé dal proprio sentire attuale: 
tanto è comunque successo! 
Il gioco di scrittura di "andare e tornare", rappresentando la realtà della vita, 
della vita facilita la comprensione. Quante ragazze possono riconoscersi 
in quel processo (anche se i tempi sono molto cambiati), in quel sentirsi 
nell'abbandono degli eventi senza possibilità quasi di intervenire in una fase 
delicata della propria crescita personale? Non sembra forse un tratto universale 
della gioventù? Una sfida a porsi fuori da sé in libertà, senza nascondimenti.
Eppure qualcosa non di scontato è successo nel 1958. 
Perché “Memoria di ragazza” racconta anche la facilità irriflessa della rottura 
di una corazza religiosa, etica, culturale, costruita addosso, maglia su maglia, 
inesorabilmente, da una madre molto premurosa e tuttavia di sguardo 
lungimirante (e da un ambiente chiuso, povero, scandito da tempi dal ritmo 
cattolico): basta l’ingresso in una “colonia” per tirar via quei lacci mai annodati 
della corazza. Senza tormenti, comunque assenti nel racconto.
Tutto scorre via. Non trovi un’idea dell’”amore”, e completamente manca 
il progetto di vita, così fortemente radicato in quella generazione, 
specie se di ambiente/formazione cattolica. 
Di colpo "ciò che credevano di essere, scompare".
Ma un progetto in nuce forse esiste, ed è il desiderio di sé e dell’Altro. 
L’amore capita essere l’incontro un po’ casuale, 
un po’ cercato, un po’ caduto addosso, poi ardentemente desiderato, 
nel suo aspetto corporeo.
Mentre il sé è indagato, scavato, allontanato, ripreso, portato in luce agli sguardi 
di tutti, il “maschio” è appena abbozzato, forse di proposito. Il maschio 
ne esce “selvaggio”, dominato a sua volta dal “desiderio” e basta. 
Un ignaro schiavo. Altro che padrone: sarà padrone anche delle sue mosse, 
ma le mosse affondano nell’indistinto del desiderio.
Nella “memoria” H. è un oggetto sì di desiderio, ma anche un fantasma, 
senza parole, solo gesti e sesso (anche se in una foto futura sarà al centro 
di una grande famiglia).
La “memoria” restituisce un solo caso di “gentilezza” nella relazione, 
un solo “ti amo”, di Pierre D, che non si lascia schiacciare dal “desiderio”, 
perché nella mente ha anche altro. E durevole nel tempo: in una lettera 
ricorda ancora “la bella ragazza”.
Ti sembrerà strano, caro Scapece: anche se nel leggere non ho incontrato 
i grandi problemi, pur sento il desiderio di rileggere il racconto, 
perché vorrei meglio capire il senso della scrittura di Annie (itinerario nel sé? 
è troppo: intento pedagogico?); più volte Annie Ernaux tocca questo punto, 
ma credo di non averlo compreso appieno, ho bisogno di rileggere 
Memoria di ragazza.
E non mi basta la sua dichiarazione: "A che scopo scrivere, d'altronde,
se non per disseppellire cose, magari anche una soltanto, irriducibile
ogni sorta di spiegazione -psicologica, sociologica o quant'altro-,
una cosa che sia il risultato del racconto stesso e non di un'idea precostituita
o di una dimostrazione, una cosa che provenga dal dispiegamento
delle increspature della narrazione, che possa aiutare a comprendere
-a sopportare- ciò che accade e ciò che facciamo".
Stammi bene, caro Scapece, e sempre buone cose.
Severo