mercoledì 10 marzo 2021

Per una sinistra conviviale



La nostra democrazia, dopo aver colpevolmente subito e accarezzato
il “partito carismatico”, il partito del "leader”, il “partito personale”,
il non-partito “movimento”, il partito dei fuggiaschi, il partito a brandelli
ha ora bisogno non di “abolire” i partiti, al contrario, ha bisogno
di “più partito”, cioè di un “luogo reale”, fisico,
dove regole nuove e trasparenti rendono possibile
una relazione “alla pari” tra le persone, dove la dirigenza sia scelta,
per un 50%, anche per “sorteggio”, dove uomini e donne, in spirito 
di servizio, siedono “in pari numero” nei posti di guida, dove non si elegga 
a “capo” un “singolo”, spesso un maschio, ma una “coppia”, 
un uomo e una donna passando dal monocratismo di sempre 
alla guida duale del futuro (bicratismo?),
dove il finanziamento sia, da una parte, pubblico (la responsabilità,
anche economica, della continuità democratica è un bene/dovere del Paese),
dall'altra, privato, ma possibile solo a iscritte e iscritti. Se i partiti 
e i movimenti, in sé, sono senza regole di democrazia, trasparenti 
e controllabili, se non hanno un luogo di condivisione delle idee, 
se non sperimentano, anche dopo aver usato la rete, l’ardire del comprendersi 
guardandosi negli occhi, non potranno mai essere in grado di estendere 
la democrazia e di costruire una “sovranità conviviale”.
Abbiamo bisogno di più partito se vogliamo costruire un nuovo modo dell’agire 
politico; ognuno di noi deve contribuire a "immaginare" ogni possibile strada
per raggiungere l’obiettivo. Ed ecco il mio immaginare.
Perché un nuovo modo di far partito possa libero nascere e camminare, 
e accogliere, lungo il suo cammino, nuove/i compagne/i di strada, 
immagino sia necessario organizzare, nei territori, tanti "luoghi di partenza", 
visibili, stabili, animati, rumorosi, equipaggiati, dove sia possibile sperimentare, 
in continuità e in solidarietà, anche amicale, una qualche ipotesi 
di nuova "comunità" politica. Magari “conviviale”.
E immagino nuove "sezioni/circoli" quali reali luoghi di incontro di tante/i 
giovani, e di tante/i meno giovani, luoghi gradevoli, in centro e in periferia, 
dove sia possibile stare insieme, collegarsi in rete, ascoltare musica, 
bere una bibita, e discutere dei problemi della società, a partire 
dalla conoscenza/studio dei bisogni del nostro “prossimo” di quartiere, 
senza lunghe riunioni di “partito", ma tessendo nel dialogo rapporti  di "felicità" 
sociale, chiacchierata e praticata, e costruendo dal vivo una comunità, 
contro i luoghi virtuali dei giochi televisivi, delle tribune di parole gridate 
e da spettacolo.
E immagino una grande discussione sui nuovi confini della libertà, per tornare 
a riprendere il tema (e la pratica) dei nostri resistenti, e guardare aventi,
anche per smascherare l'imbroglio dei "nuovi" profeti del liberalismo salvifico. 
E immagino tutto un lavoro di studio/proposte, a partire dal quartiere, e non solo 
per la riparazione delle buche nell’asfalto delle strade, ma soprattutto 
per la riparazione delle buche  nella sofferenza del tessuto sociale, un lavoro
per coniugare la libertà con la giustizia, e per ricominciare a parlare di libertà
dalla miseria, dall'ignoranza, dalla precarietà, dalla subalternità, sfidando
gli avversari continuamente, in ogni volantino, in ogni manifestazione,
in ogni dibattito, a livello locale e nazionale, programmaticamente, riempiendo 
la libertà almeno dei suoi contenuti costituzionali, di un lavoro vero, di una casa 
dignitosa, di un'istruzione di qualità, di una salute curata. E non solo 
con manifestazioni chiuse in un unico “luogo di raccolta” centrale, ma aperte 
in ogni “luogo vissuto” di lavoro politico, in contemporanea, e su un tema comune. 
(Quando sarà possibile!)
E immagino una discussione ampia sulla "cultura del limite", quale possibile altro
orizzonte culturale: se sia, ad esempio, necessario definire un limite alla ricchezza,
e alla povertà, e allo sfruttamento della natura, e all'uso delle risorse energetiche, 
e alla violenza di guerra e non, e alle morti sul lavoro, e attraverso quali 
provvedimenti e quali interventi culturali.
E immagino la lettura in comune, partecipata, anche all’aperto, nei nostri "luoghi",
di testi di riferimento precisi, fondamentali per alimentare una speranza 
di una società migliore, meglio se testi già codificati; ad esempio, la dichiarazione
universale dei diritti umani, la nostra carta costituzionale, le carte del socialismo
europeo e internazionale.
E immagino un gruppo di lavoro di persone con passione preparate, capaci 
di spiegare la politica a chi non ha tempi e strumenti,
e disponibili a svolgere, nei nostri "luoghi", senza scadenze, non più solo 
una "campagna" elettorale per chiedere voti, ma una "campagna" di informazione 
e di ascolto, per una reciproca formazione, in un rapporto alla pari, a tracciare, 
pietra con pietra, un lastricato democratico.
E se tutti insieme si immagina, forse molte diventeranno, per costruire a sinistra
un Partito Nuovo, le cose da fare.
O no?
Severo Laleo


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