lunedì 12 febbraio 2018

Potere al Popolo: resiste “il” "capo politico", anche se diventa “portavoce” e donna







Dopo il fortunato slogan, ora alquanto trascurato, acciaccato, speriamo 
non proprio sgarrupato, "uno vale uno", gridato a ragione dal M5S 
ad indicare la propensione del movimento per la democrazia dal basso, 
in rete, partecipata, diretta (a quando l’introduzione sperimentale 
del sorteggio?), oggi, in questa campagna elettorale, a ricordare il valore 
di una democrazia piena e partecipata, ampia e difficile, ricca di tantissime 
voci di persone alla pari, è solo Potere al Popolo.
Infatti, se una fallace legge elettorale prima s’inventa, senza pudore 
linguistico, l’espressione “capo della forza politica, proprio così “capo”, 
e poi sancisce l’obbligo per ogni partito di depositare insieme 
al contrassegno e al programma elettorale il nome e il cognome 
di tal "capo”, ben venga il sagace e irridente spot di Potere al Popolo 
a smontare la retorica fuori tempo del “capo (causa prima 
di ogni distruzione di un agire politico democratico e trasparente). 

Dicono le persone di Potere al Popolo: noi non abbiamo capi o leader
per noi fare politica è dare voce e forza a una collettività, alle resistenze, 
ai bisogni che attraversano il paese”. Ben detto, in attesa del ben fare!
E già il programma è scaturito da un’opera di scrittura collettiva, 
perché per Potere al Popolo l’obiettivo dichiarato, facile per ora a dirsi, 
ècostruire una vera democrazia e ridare potere al popolo”. 
Si tratta di una speranza dotata, pare, di consapevole impegno.
E per questo le persone di Potere al Popolo non scelgono un “capo”, 
ma un “portavoce, anzi una portavoce, delle migliaia di storie 
del nostro popolo, una di noi, che condivide le nostre condizioni di vita, 
speranze, progetti".

E sia. Ma sempre “una” è! Anche se solo portavoce.
Il vizio, per la democrazia piena di persone alla pari, è proprio 
in quell’ “un”! Quell’ “un”, associato a “capo”, è il risultato di una lunga storia 
di potere maschile. E’ quasi l’esito di un duello. E’ la supremazia 
di un “capo” vincitore, il quale fonda/istituisce la struttura monocratica 
del “potere”, ed è tutta e sola opera/produzione del maschilismo.

Ora nel programma scritto dalle tante persone di Potere al Popolo 
al punto 12, tra tanto altro, si legge: “noi lottiamo per 
la radicale rimessa in discussione dei ruoli maschile e femminile 
nella riproduzione sociale ed un sistema di welfare che liberi 
tempo di vita per tutte e tutti;
la rottura del carattere monosessuato dello spazio pubblico e della politica.

Ecco, forse per rimettere in discussione “i ruoli maschile e femminile” 
e per rompere il “carattere monosessuato dello spazio pubblico 
e della politica” sarebbe utile, se ben si intendono le parole, 
sperimentare una presenza duale nel ruolo di portavoce, 
un uomo e una donna, quasi a rompere quel monocratismo 
di origine maschilista, ma ancora oggi quasi esclusivamente 
dominato da figure, parole, atti maschili, con nuove forme e modelli 
di relazioni tra i ruoli maschile e femminile anche a livello 
di coordinamento di idee/azioni/decisioni: dall’uomo solo al comando, 
all’uomo e alla donna insieme a portar voce. E tale scelta forse 
avrà anche un suo “indotto” politico e culturale per le nuove generazioni.
O no?
Severo Laleo

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