mercoledì 20 aprile 2011

Il senso del limite e la fine del berlusconismo

Oggi, per la cultura del limite, è un giorno felice.
Lassini, l’autore/ispiratore, per sua ammissione, dei manifesti 
Via le BR dalle Procure
dichiara, amareggiato e pentito, di ritirarsi dalla competizione elettorale
per il consiglio comunale di Milano,
e scrive al Presidente Napolitano per chiedere sincere scuse per il suo gesto.
E appare davvero “colpito” dal messaggio del nostro capo dello Stato.
Quasi un rinsavimento, un tornare al senso del limite nella lotta politica.
Il Presidente del Senato, Renato Schifani, 
sempre dopo l’intervento del Presidente della Repubblica,
invita il Popolo della Libertà, popolo ubbidiente, sempre pronto a coprirsi
dietro i giudizi del Premier sui giudici,
a prendere le distanze, senza se senza ma” dall'autore dei manifesti.
Anche la candidata a sindaco di Milano, Letizia Moratti, 
sempre dopo l’intervento di Napolitano,
dichiara la sua candidatura “incompatibile con quella di Roberto Lassini”,
confermando il valore del rispetto per le istituzioni, 
rispetto dal Premier quasi mai praticato.
Ma cosa avrà detto il nostro caro Presidente della Repubblica?
Ecco le sue parole: “Nelle contrapposizioni politiche ed elettorali, 
e in particolare nelle polemiche sull'amministrazione della giustizia, 
si sta toccando il limite oltre il quale possono insorgere le più pericolose
esasperazioni e degenerazioni. Di qui il mio costante richiamo 
al senso della misura e della responsabilità da parte di tutti”.
Parole semplici, normali, chiare, comprensibili a tutti.
Eppure il suo richiamo al senso della misura toglie questa volta
fiato ai sostenitori vocianti e sempre più scalmanati del Presidente del Consiglio,
e segna la fine del berlusconismo,
del berlusconismo dagli slogan d’assalto,
del berlusconismo dai ritornelli aggressivi,
del berlusconismo a danarismo avvilente,
del berlusconismo a manganellate tramite giornali e tv,
del berlusconismo delle “libertà” oltre le regole,
del berlusconismo e basta,
se oggi il povero candidato Lassini, il Presidente del Senato Schifani 
e la sindaca Letizia Moratti,
tutti di matrice Popolo della Libertà,
abbandonano la furia propagandistica del Capo, e prendono le distanze.
Solo Gianni Letta, uomo garbato, colto e democratico, mai oltre le righe,
non è riuscito a frenare l’indifendibile entusiasmo antimagistrati 
del suo (ex) datore di lavoro (absit iniuria verbis),
assegnando al suo silenzio il marchio di un'approvazione.
E’ il mistero del nostro moderatismo liberale e cattolico!
O no?
Severo Laleo

martedì 12 aprile 2011

Nove Aprile: ma siete sicure/i? Il posto fisso?


Care/i precarie/i,
il Nove Aprile ha chiuso un’epoca. E ha chiarito un equivoco.
Le piazze colorate e festose hanno gridato:
precario è bello, è giovane, è interessante, è vario, è moderno!
E ha svelato finalmente l’invidia dei genitori nei confronti dei figli,
dei genitori imbalsamati contro figli giramondo,
dei genitori monogami contro figli a legami deboli,
dei genitori fissi contro figli flessibili,
dei genitori senza “vita” contro figli pieni di “vita”.
Non ne posso più. Ho bisogno di aprirmi, di raccontare,
dall’alto del mio posto fisso.
Il peso mi opprime. E’ tempo di liberarsi.
Sì, sono un “privilegiato”, e me ne vergogno.
Non ho idea dell’essere precario. Con gran mio dispiacere.
Non posso comprendere a pieno il vostro “disagio”.
Ora esploso improvviso, per chiedere il posto fisso!
Appartengo a un altro mondo, io:
al mondo dei “privilegi” del posto fisso,
un vecchio mondo ammuffito, senza aria di montagna,
miope, privo di Ryanair, in timido balbettio con Facebook,
che non ha goduto della modernità della viva flessibilità,
che non ha goduto della disponibilità fresca a cambiare,
che non ha goduto della prestazione gratuita,
senza i limiti frenanti di un diritto improduttivo.
La mia vita è stata chiusa da troppi privilegi,
nascosti dappertutto,
nella polvere delle graduatorie di una burocrazia lenta,
stupida e guercia, e imbrogliona,
nelle spire di un assistenzialismo irrespirabile di Stato,
nelle leggi irrispettose di vincoli di bilancio,
nelle lotte delle variabili indipendenti del sindacato,
nelle tutele a senso unico del sindacalismo prepotente,
nelle norme pensionistiche ad personam,
nell’abbraccio a morsa della folla dei fannulloni;
a ventidue anni, bloccato a vita da un contratto a tempo indeterminato,
con un progetto di vita senza speranze del nuovo,
a venticinque, sveglio di notte con moglie al pianto di un bimbo,
a ventisette, con mutuo infinito per una villa a schiera,
tra amici per caso, fuori città,
a trenta, con aumento di stipendio per carriera senza stimoli d’esami,
a trentacinque, dirigente per concorso riservato, aumm aumm,
e a sessant’anni, colpa i quaranta di servizio,
buttato via in pensione, al 70%, abbandonato per strada all’inutilità.
Una vita da posto fisso, una vita in un binario, una vita da garantito.
Viva il precariato!
O no?
Severo Laleo

martedì 5 aprile 2011

Oltre il limite. Oltraggio alla Camera.

Oggi, 5 Aprile, è un giorno da ricordare.
Lascerà, questo 5 Aprile, un nero segno profondo
nella storia della nostra democrazia.
Perché? Perché il Popolo della Libertà e la Lega,
con perversa e deliberata consapevolezza,
hanno ucciso la libertà della Camera,
del suo essere, cioè, l’espressione più alta dell’esercizio
del libero convincimento di ogni ONOREVOLE.
314 (dis)onorevoli deputati, non per disciplina di partito,
ma per ubbidienza, personale e interessata, nei confronti di due Capi,
il capo Bossi e il capo Berlusconi, hanno, in pratica,
sostenuto, e quindi votato, senza vergogna, ma con lucro,
che Ruby è la nipote di Mubarak!
E’ stato superato il limite sostanziale della decenza,
è stato superato il limite del ruolo di rappresentante del popolo.
La dittatura fascista fu la dittatura tragica di un uomo e dei suoi complici,
la dittatura di oggi è la dittatura di avidi vassalli al servizio di due padroni.
Nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia,
è tempo ormai di una vera rivoluzione liberale,
da sempre assente nel nostro paese.
O no?
Severo Laleo

lunedì 4 aprile 2011

L'APPELLO L'ora della mobilitazione di GUSTAVO ZAGREBELSKY




Questo è l'appello alla mobilitazione apparso sul sito di Libertà e Giustizia, firmato dal presidente onorario dell'associazione, Gustavo Zagrebelsky 

Navi affollate di esseri umani alla deriva, immense tendopoli circondate da filo spinato, come moderni campi di concentramento. Ogni avanzo di dignità perduta, i popoli che ci guardano allibiti, mentre discettiamo se siano clandestini, profughi o migranti, se la colpa sia della Tunisia, della Francia, dell'Europa o delle Regioni. L'assenza di pietà per esseri umani privi di tutto, corpi nelle mani di chi non li riconosce come propri simili. L'assuefazione all'orrore dei tanti morti annegati e dei bambini abbandonati a se stessi. Si può essere razzisti passivi, per indifferenza e omissione di soccorso. La parte civile del nostro Paese si aspetta  -  prima di distinguere tra i profughi chi ha diritto al soggiorno e chi no  -  un grande moto di solidarietà che accomuni le istituzioni pubbliche e il volontariato privato, laico e cattolico, fino alle famiglie disposte ad accogliere per il tempo necessario chi ha bisogno di aiuto. Avremmo bisogno di un governo degno d'essere ascoltato e creduto, immune dalle speculazioni politiche e dal vizio d'accarezzare le pulsioni più egoiste del proprio elettorato e capace d'organizzare una mobilitazione umanitaria.

"Rappresentanti del popolo" che sostengono un governo che sembra avere, come ragione sociale, la salvaguardia a ogni costo degli interessi d'uno solo, dalla cui sorte
dipende la loro fortuna, ma non certo la sorte del Paese. Un Parlamento dove è stata portata gente per la quale la gazzarra, l'insulto e lo spregio della dignità delle istituzioni sono moneta corrente. La democrazia muore anche di queste cose. Dall'estero ci guardano allibiti, ricordando scene analoghe di degrado istituzionale già viste che sono state il prodromo di drammatiche crisi costituzionali.
Una campagna governativa contro la magistratura, oggetto di continua e prolungata diffamazione, condotta con l'evidente e talora impudentemente dichiarato intento di impedire lo svolgimento di determinati processi e di garantire l'impunità di chi vi è imputato. Una maggioranza di parlamentari che non sembrano incontrare limiti di decenza nel sostenere questa campagna, disposti a strumentalizzare perfino la funzione legislativa, a rinunciare alla propria dignità fingendo di credere l'incredibile e disposta ad andare fino in fondo. In fondo, c'è la corruzione della legge e il dissolvimento del vincolo politico di cui la legge è garanzia. Dobbiamo avere chiaro che in gioco non c'è la sorte processuale di una persona che, di per sé, importerebbe poco. C'è l'affermazione che, se se ne hanno i mezzi economici, mediatici e politici, si può fare quello che si vuole, in barba alla legge che vale invece per tutti coloro che di quei mezzi non dispongono.

Siamo in un gorgo. La sceneggiatura mediatica d'una Italia dei nostri sogni non regge più. La politica della simulazione e della dissimulazione nulla può di fronte alla dura realtà dei fatti. Può illudersi di andare avanti per un po', ma il rifiuto della verità prima o poi si conclude nel dramma. Il dramma sta iniziando a rappresentarsi sulla scena delle nostre istituzioni. Siamo sul crinale tra il clownistico e il tragico. La comunità internazionale guarda a noi. Ma, prima di tutto, siamo noi a dover guardare a noi stessi.

Il Presidente della Repubblica in questi giorni e in queste ore sta operando per richiamare il Paese intero, i suoi rappresentanti e i suoi governanti alle nostre e alle loro responsabilità. Già ha dichiarato senza mezzi termini che quello che è stato fatto apparire come lo scontro senza uscita tra i diritti (legittimi) della politica e il potere (abusivo) magistratura si può e si deve evitare in un solo modo: onorando la legalità, che è il cemento della vita civile. Per questo nel nostro Paese esiste un "giusto processo" che rispetta gli standard della civiltà del diritto e che garantisce il rispetto della verità dei fatti.

Questo è il momento della mobilitazione e della responsabilità. Chiediamo alle forze politiche di opposizione intransigenza nella loro funzione di opposizione al degrado. Non è vero che se non si abbocca agli ami che vengono proposti si fa la parte di chi sa dire sempre e solo no. In certi casi  -  questo è un caso  -  il no è un sì a un Paese più umano, dignitoso e civile dove la uguaglianza e la legge regnino allo stesso modo per tutti: un ottimo programma o, almeno, un ottimo inizio per un programma di governo. Dobbiamo evitare che le piazze si scaldino ancora. La democrazia non è il regime della piazza irrazionale. Lo è la demagogia. La democrazia richiede però cittadini partecipi, attenti, responsabili, capaci di mobilitarsi nel momento giusto  -  questo è il momento giusto  -  e nelle giuste forme per ridistribuire a istituzioni infiacchite su se stesse le energie di cui hanno bisogno.

Libertà e Giustizia è impegnata a sostenere con le iniziative che prenderà nei prossimi giorni le azioni di chi opera per questo scopo, a iniziare dal Presidente della Repubblica fino al comune cittadino che avverte l'urgenza del momento.
(04 aprile 2011)

domenica 3 aprile 2011

Pro memoria per tutte/i. Dalla Costituzione dell’Ecuador del 2008: la migrazione è un diritto


 
La migrazione è un diritto. Nessun essere umano sarà considerato illegale
a causa della propria condizione migratoria.
La nuova Carta costituzionale dell’Ecuador, oltre al diritto a migrare,
riconosce a tutti gli immigrati, anche irregolari, il diritto al cibo, all'educazione
e alla salute e garantisce il ritorno volontario nel proprio Paese
in maniera sicura e dignitosa, vietando ogni respingimento arbitrario.

Ed ecco il testo costituzionale:
Movilidad humana
Art. 40.- Se reconoce a las personas el derecho a migrar. No se
identificará ni se considerará a ningún ser humano como ilegal por su
condición migratoria.
El Estado, a través de las entidades correspondientes, desarrollará entre
otras las siguientes acciones para el ejercicio de los derechos de las
personas ecuatorianas en el exterior, cualquiera sea su condición
migratoria:
1. Ofrecerá asistencia a ellas y a sus familias, ya sea que éstas residan
en el exterior o en el país.
2. Ofrecerá atención, servicios de asesoría y protección integral para
que puedan ejercer libremente sus derechos.
3. Precautelará sus derechos cuando, por cualquier razón, hayan sido
privadas de su libertad en el exterior.
4. Promoverá sus vínculos con el Ecuador, facilitará la reunificación
familiar y estimulará el retorno voluntario.
5. Mantendrá la confidencialidad de los datos de carácter personal que
se encuentren en los archivos de las instituciones del Ecuador en el
exterior.
6. Protegerá las familias transnacionales y los derechos de sus
miembros.
Art. 41.- Se reconocen los derechos de asilo y refugio, de acuerdo con la
ley y los instrumentos internacionales de derechos humanos. Las
personas que se encuentren en condición de asilo o refugio gozarán de
protección especial que garantice el pleno ejercicio de sus derechos. El
Estado respetará y garantizará el principio de no devolución, además de
la asistencia humanitaria y jurídica de emergencia.
No se aplicará a las personas solicitantes de asilo o refugio sanciones
penales por el hecho de su ingreso o de su permanencia en situación de
irregularidad.
El Estado, de manera excepcional y cuando las circunstancias lo
ameriten, reconocerá a un colectivo el estatuto de refugiado, de acuerdo
con la ley.
Art. 42.- Se prohíbe todo desplazamiento arbitrario. Las personas que
hayan sido desplazadas tendrán derecho a recibir protección y asistencia
humanitaria emergente de las autoridades, que asegure el acceso a
alimentos, alojamiento, vivienda y servicios médicos y sanitarios.
Las niñas, niños, adolescentes, mujeres embarazadas, madres con hijas
o hijos menores, personas adultas mayores y personas con discapacidad
recibirán asistencia humanitaria preferente y especializada.
Todas las personas y grupos desplazados tienen derecho a retornar a su
lugar de origen de forma voluntaria, segura y digna.

Forse un paese civile sa anche riconosce il ruolo fondamentale dei migranti
nello sviluppo e nella crescita economica dei Paesi di destinazione
e sa adottare strumenti adeguati per contrastare ogni forma di discriminazione
ai danni della popolazione migrante.
O no?

(liberamente da un articolo di T. Tarantino, Mani Tese n. 466; grassetto corsivo non nel testo originale)

sabato 2 aprile 2011

Immigrazione: dove sono gli intellettuali?


C'è un'assenza curiosa, e, a mio avviso, colpevole,
in questi tempi di grandi cambiamenti in Europa,
nei confronti del tema dell'immigrazione.
E' l'assenza degli intellettuali.
Chi, infatti, tra gli intellettuali, si impegna a discutere
e a definire nuove soluzioni dinanzi alla fuga, questa sì epocale,
di migliaia di persone da fame e guerra,
verso le terre della "speranza"?
Chi, tra gli intellettuali, per esprimere solidarietà ai “disperati”,
risponde con saggezza e cognizione di causa
alla politica, rozza e volgare, del “fora dai ball”?
Chi, tra gli intellettuali, è disposto, per una volta,
a comprendere le ragioni dei “senza speranza”,
abbandonando gli insensati discorsi dell’integrazione?
E dov’è la voce dell’ Università italiana, 
della nostra tradizione umanistica,
con la sua definitiva affermazione della dignità dell’uomo?
A molti non è dato sapere.
Se si esclude, cattolica o laica, qualche associazione di volontariato,
l’impegno culturale lungo la linea della civilizzazione della società
è ormai privo di militanti, ed è orfano di investimenti.
La società nel suo complesso è ingozzata di egoismo,
nella sua versione peggiore, oggi, del leghismo berlusconizzato.
Ma forse la causa/colpa è anche del sistema televisivo,
spesso esclusivamente impegnato a solleticare 
le papille del divertimento, a scapito della informazione partecipata propria di una democrazia avanzata.
Eppure, una volta, di fronte a drammatici problemi di massa (povertà, guerra), gli intellettuali rispondevano con prontezza 
e  rigore di riflessione, presentando ai governanti dell’epoca soluzioni pratiche.
Nella prima metà del 500, ad esempio, 
quando nella moderna Europa
moltitudini di “vagabondi” d’ogni genere e parte 
affollavano intere città,
gli intellettuali di allora (Vives, De Soto, ed altri) aprirono
un grande dibattito per proporre soluzioni praticabili 
sempre sulla base di un principio elementare:
il rispetto della persona umana.
Rispetto, per troppo tempo, assente a Lampedusa.
O no?
Severo Laleo

venerdì 1 aprile 2011

Rivoluzione liberale

Ormai è successo. E' sotto gli occhi di tutti.
Almeno di quelli che li vogliono tenere bene aperti, gli occhi.
La nostra Costituzione è (stata) stravolta.
Il Parlamento è svuotato del suo ruolo di decisore nell'interesse del Paese.
Il capogruppo del Gruppo dei "Responsabili" ad personam
teorizza, per televisione, apertis verbis, la normalità, in politica e in Parlamento,
dell'agone delle ambizioni personali,
e difende il "giusto ricatto" per giungere alle poltrone.
E i Ministri (della Difesa e della Giustizia!) perdono la testa
e offendono Camera e Presidente della Camera
perché non riescono con tempismo a votare per il Capo;
essi non rispondono al Paese e ai suoi bisogni, ma al Capo,
dal quale hanno ricevuto l'investitura;
sono nervosi, insofferenti e arroganti valvassori,
e non solo perché sanno che con la caduta del Capo,
cadono definitivamente tutti con vergogna,
ma anche perché temono il Capo, che non è di buon cuore e generoso,
come si dice tra il volgo forzaitaliota, ma un vero padrone
aduso a punire, con l'esclusione dalla cerchia, chi non è ubbidiente;
forse sarà anche per questo che persino Gianni Letta,
uomo capace di capire, moderato e cattolico, colto e gentile,
che pur vede e asseconda tutto il berlusconergismo,
resiste al suo fianco da tanto tempo?
Bisogna aver paura dei moderati alla Letta Gianni, tutto gli passa addosso!
Tutto questo non era mai successo, se non con Mussolini,
quando, dopo il delitto Matteotti, assunse il comando,
con chiarezza, della sua "associazione a delinquere";
Berlusconi ha vinto la sua battaglia contro le istituzioni e contro lo Stato,
"affascinando" i suoi seguaci in una lotta a sua personale difesa.
Il Paese, in questa lotta, è stato cancellato.
La teoria, dai berlusconiani, è stata ormai esplicitata con chiarezza,
proprio da Santoro, prima dell'inizio dei processi:
la magistratura attacca Berlusconi dal 1994,
e Berlusconi si difende con quel che ha, con avvocati e con il potere politico,
con i soldi, tanti soldi, e, soprattutto, con le leggi a suo favore personale,
senza preoccupazione alcuna per le istituzioni e per il Paese;
in verità per il Paese Berlusconi ha una preoccupazione:
non lasciarlo in mano ai comunisti!
Non c'è dubbio, Berlusconi è riuscito ad "affascinare" i suoi seguaci:
sì, legandoli in fascine a stretto "cordone" di soldi,
di favori, di nomine, di "libertà" per tutto.
Scrisse Gobetti di Mussolini e Vittorio Emanuele:
"Né Mussolini né Vittorio Emanuele hanno virtù di padroni,
ma gli Italiani hanno bene animo di schiavi".
E oggi si può ripetere con un'aggravante:
"Berlusconi ha sì il potere del denaro del padrone arricchito,
ma gli Italiani comunque hanno bene animo di schiavi."
Forse un "limite" al potere dei soldi dovrà entrare in Costituzione.
Non so se Napolitano riuscirà a trovare la strada corretta e giusta
per sciogliere questo Parlamento, senza più rapporto con il Paese reale.
Ma se non lo farà Napolitano, il compito ineludibile
di difendere la democrazia tocca a tutte le opposizioni,
anche per recuperare un po' della dignità di classe dirigente.
E se anche le opposizioni litigano,
si chiamino i "comunisti", anche "precari", dovunque si celino,
alla rivoluzione liberale.
O no?