mercoledì 19 agosto 2020

L'America, le donne, il voto e le istituzioni


Cento anni fa, il 26 Agosto -scrive Silvia Truzzi sul Fatto di oggi- in America
(l'America è l'America!) le donne (si parla delle donne bianche, le donne 
di colore dovranno aspettare fino al 1965!) “conquistarono" sì il diritto al voto , 
ma in un secolo, appunto, non hanno mai “conquistato" 
la Casa Bianca. Perché? Non è dato sapere. 
Continua comunque Truzzi: “Le regole sono fondamentali ma non sono tutto. 
Il pregiudizio contro le donne non ha bisogno di essere spiegato: 
è nelle pieghe private e pubbliche della vita quotidiana.”
Vero, eppure è proprio alle regole che bisogna guardare. 
Non c’è nessuna ragione per negare la parità di rappresentanza in ogni istanza 
democratica; ogni sede di rappresentanza politica deve essere composta 
metà da uomini e metà da donne; è la banalità del mondo reale a pretenderlo. 
E se si riflette, il monocratismo (cioè, in questo caso, l'affidamento del governo
a una sola persona, spesso, troppo spesso, un maschio) è l’esito storico, 
visibile e intoccabile, del maschilismo. 
È ora di pensare a istituzioni di governo non più di tipo monocratico, 
ma duale, sempre un uomo e una donna al vertice decisionale. 
Se Hillary fosse stata eletta, avremmo avuto una forma indiretta 
di governo duale, essendo la moglie di un ex Presidente. 
Ma la cronaca elettorale regalò al mondo il Maschio Alfa Trump
Per avere una parità definitiva è necessario cambiare le istituzioni 
e non solo le regole del voto. 
Solo un’ultima osservazione, per esclusivo uso personale quale monito
a controllare il proprio linguaggio quando si parla di donne, 
essendo tutte/i noi affogate/i in un “pregiudizio millenario contro le donne": 
che bisogno c'era, per sostenere l'importanza della credibilità, 
di paragonare la credibilità (importante) dei rappresentanti del popolo 
alla credibilità (nulla) delle “attricette"?
Sarà dura, ma forse liberarsi di insulse formule scontate non è un male.
O no?
Severo Laleo
Bagno Foce Varano