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mercoledì 6 maggio 2020

Il ritardo



Nooo! Stefania, hai visto il tabellone? 
Il nostro treno viaggia con 70’ di ritardo. 
Ci tocca aspettare. E vabbè!
Si va alla Feltrinelli, dai, un’ora di full immersion! 
Tanto la Feltrinelli non delude mai. 
Hai ragione, l’ultima volta ho scoperto un godibile Murakami, ricordi?
Dovresti leggerlo anche tu, Murakami.
La stazione non è più chiassosa come un tempo.
La dislocazione delle persone è a macchia di leopardo, 
almeno oggi, con tutti questi ritardi da controllare. 
Un gruppo con valigia qua, un altro là, 
con gli occhi ai tabelloni continuamente cangianti, 
mentre la voce degli avvisi sembra vagare in alto per il soffitto 
senza un destinatario, anche se ogni tanto pare catturare 
e bloccare per un attimo nella corsa qualche ritardatario 
dallo sguardo incerto. E capisci subito chi è, dal suo improvviso 
frenare con la testa tesa ad ascoltare. 
Non c’è più il via vai disordinato di una volta, 
ma un altro agitato disordine sì, insieme di movimento 
e di soste da impalati in ogni punto con capo chino 
a uno smartphone, silente ai colpi leggeri di diti a scorrimento veloce.
Per fortuna c’è ancora chi ama il piacere del cioccolato: 
anche là non una macchia, ma una vecchia fila, in calma attesa 
di una gioia al palato.
Ecco, Stefy, è pronto il nostro treno, al binario 13. Si parte.
Si corre. Un sole potente, sia pure al tramonto, schiaccia di luce 
intimidite nuvole bianche, basse filanti, mentre la campagna 
ti abbraccia con i suoi alti pini chiassosi, 
redarguiti da un filare cupo di cipressi, silenziosi e pazienti.
E sorge la luna, sembra una sfacciata; si mostra libera, 
non è composta. Ma le gallerie non perdonano, e la puniscono, 
chiudendola alla vista. Per fortuna, sollevandosi in cielo, 
guarda ora con più cognizione il mondo, 
e s'è fatta seria! Troppo.
Stefy, vieni, si scende.