lunedì 26 febbraio 2018

Tutti (o quasi) per la democrazia. Ma quale?




Per orientarsi al voto (se non si è ancora stufi) esistono tante strade.
Una strada, forse la più semplice e obbligata,
almeno per una persona civile, è di non dare il voto a persone
non degne di rappresentare la Nazione
(ogni tanto il termine si può usare).

Se nel tuo collegio esiste la più remota possibilità
di eleggere, in un modo o in un altro, nell’uninominale o nel plurinominale,
una persona con problemi non risolti con la giustizia,
incompatibili con una funzione pubblica,
(può essere la migliore persona, ma non è obbligata a candidarsi,
e può ben continuare a fare politica fuori dalle istituzioni!),
non dare il tuo contributo alla sua elezione;
e lascia perdere simpatia, chiacchiere e promesse:
la democraziaha bisogno soprattutto di legalità.

Se ti trovi sulla scheda un veterano delle clientele, un imbroglione schedato,
un bugiardo acclarato, un pischello beccato con le mani nella marmellata
(l’uso del solo maschile è qui giustificato dalla statistica), non sbagliare,
scegli un’altra persona in un altro schieramento,
compatibile con qualche tua idea, ma seria: 
la democrazia ha bisogno soprattutto di serietà.

Un’altra strada è di non dare il voto a chi ha procurato ferite al tuo modo
di intendere la vita delle persone; qualche esempio: a chi ha cancellato
l’art. 18, a chi ha votato questa legge elettorale togliendo al popolo sovrano
il diritto di scegliere senza interferenze di partiti padronali
i propri rappresentanti; a chi ha impedito la realizzazione dell’esito
del referendum sull’acqua pubblica; e così via, ognuno trovando 
il suo esempio, a sua misura, a difesa dei suoi interessi dei suoi valori: 
la democrazia ha bisogno pieno della sovranità popolare.

La strada più faticosa, quasi impossibile,
è leggere i programmi dei partiti. Eppure qualche volta,
e per qualche argomento dirimente, ad esempio l’idea di democrazia,
diventa necessario leggere e informarsi, se si vuole partecipare
con un voto di consapevole adesione progettuale.
La democrazia ha bisogno di responsabilità personale.

Tutti i programmi comprendono argomenti utili per il governo del paese,
ma non tutti i programmi esplicitano con chiarezza quale idea
si ha della democrazia, tranne i programmi del M5S, di LeU
e di Potere al Popolo.

Qualche sottolineatura è utile per marcare le differenze.
Nel programma del M5S si parla di un’attenzione alla qualità
della democrazia e s’introduce, almeno per l’elaborazione/approvazione
del programma (“il primo programma al mondo votato online dai cittadini”!)
la pratica di una democrazia diretta online; ed è concreta nel M5S
la preoccupazione di incrementare la “democrazia partecipativa”;
indubbiamente il M5S sui temi della democrazia diretta,
della partecipazione dal basso, al di là di ogni possibile critica,
è impegnato da tempo, e ha avuto il merito di aver battuto molto,
ampliando l’agenda politica del Paese, sul tema di una democrazia
il più possibile partecipata. Anche se i risultati non sono brillanti.

Per Potere al Popolo la democrazianel suo senso vero e originario
è soprattutto “restituire alle classi popolari il controllo sulla produzione
e sulla distribuzione della ricchezza” . Si tratta per Potere al Popolo
di un’idea della democrazia sostanziale e non solo formale
E strumento per raggiungere l’obiettivo di una democrazia sostanziale,
è il “controllo popolare”, cioè “una palestra dove le classi popolari
si abituano a esercitare il potere di decidere, autogovernarsi e autodeterminarsi,
mettendo in discussione le istituzioni e i meccanismi che le governano”.
E per una simile “rivoluzione” servono tanti tanti auguri.

Liberi e Uguali, dopo aver individuato “nella crescita delle diseguaglianze
il principale fattore di crisi dei sistemi democratici”, esplicita
il suo progetto “di ricostruzione dello Stato democratico
e della sua insostituibile funzione economico-sociale”,
coltivando l’idea, anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie,
di “incrementare la trasparenza e la partecipazione democratica”.
Chiaro il quadro dell’analisi, ma difficile il compito di ricostruzione,
se non diventa priorità in un accordo possibile di governo.

Forse se riesce a svilupparsi nei più l’idea di una democrazia
strettamente legata alla realizzazione di uno dei suoi fondamenti,
la sovranità popolare, magari anche attraverso esperienze e strumenti
di democrazia diretta, online o in “palestra”,
se riesce a svilupparsi nei più anche l’idea di un legame forte
tra democrazia e uguaglianza, si riuscirà anche con più efficacia
a ostruire con determinazione la strada ai filibustieri della politica,
di ogni genere e risma, alla corruzione dilagante, al danarismo avvilente,
alle limitazioni della libertà e dei diritti inalienabili della persona,
all’esclusione premeditata dei più deboli e dei più bisognosi di accoglienza.
O no?

Severo Laleo

sabato 24 febbraio 2018

Non gli resta che ... giurare


Chissà se il giuramento facile sia una prerogativa 
della nostra classe politica. 
Certo è che a non pochi leader (si fa per dire!), 
in un modo o nell'altro, è capitato di sostenere 
e rafforzare le proprie affermazioni e/o impegni 
con un giuramento. Solenne, erga omnes
E senza risparmiare i figli.
La "parola" evidentemente non basta più, 

la credibilità è a zero. 
E allora un giuramento può venire in aiuto, 

anche se solo in un comizio, 
per simulazione di un'investitura.
E' così che anche Salvini ha giurato, 

da Presidente del Consiglio, per gioco.
"Mi impegno e giuro - ha gridato, con in mano 

a pendolo un rosario- di essere fedele 
al mio popolo, a 60 milioni di italiani, di servirlo 
con onestà e coraggio, giuro di applicare davvero 
la Costituzione italiana, da molti ignorata, 
e giuro di farlo rispettando gli insegnamenti contenuti 
in questo sacro Vangelo".
A parte la confusione gravissima e inammissibile 

per ogni persona civile, credente o non credente, 
tra affari di politica e insegnamenti del Vangelo 
e le preghiere del Rosario (oltre ogni limite),
forse non c'è per nulla bisogno di giurare 
per "servire il popolo", 
basta solo, al popolo, restituirgli il potere.
O no?

Severo Laleo

venerdì 23 febbraio 2018

Trump, il dolore e le armi




Alla fine Trump ha ricevuto alla Casa Bianca una delegazione
di giovani studenti scampati alle stragi nelle scuole,
di docenti presenti sul fronte di un’inedita guerra impazzita,
di genitori dei tanti allievi e allieve uccise,
sempre da una mano giovane, ma facilmente armata di proposito
per una strage, proprio a scuola,
là dove si entra perché la società incrementi la sua civilizzazione,
là dove si entra perché ognuna/o possa crescere insieme ad altre/i, 
nell'irrinunciabile rispetto della dignità/vita di ogni persona.

Ma Trump, invitato dal suo staff ad ascoltare
(glielo hanno scritto su un foglietto, I hear you,
perché non se ne dimenticasse), pare non comprendere,
per la sua natura, il dolore delle persone sedute intorno a lui
e la pressante, chiara, emotivamente sottolineata, richiesta 
di porre fine al mercato libero delle armi.

E assente e vuoto dinanzi al dolore, passato, presente e futuro,
per tante morti di giovani a causa di un uso spropositato
e senza controllo di armi per stragi, propone di armare i docenti.
Armi contro armi, per la gioia ricca della lobby delle armi.

Non meritano gli US un Presidente così incapace di ascoltare
e di capire (lo staff gli doveva ricordare anche di provare
a capire!), così prono agli interessi dell’industria/commercio
delle armi. Gli US non potranno a lungo continuare a tacere
di fronte alla protesta diretta di studenti, genitori e docenti.

Chi inventò le armi sicuramente fu un uomo selvaggio, barbaro,
feroce -scrisse un antico inascoltato autore-, ma se ancora
con le armi noi si chiude ogni possibilità di “relazione/dialogo
tra persone e popoli e ancora si sceglie comunque di sparare,
la strada verso la civilizzazione dell’umanità è ancora 
molto accidentata.
O no?
Severo Laleo

P.S.
1. Si legge di scuole contrarie agli scioperi contro la detenzione
e l’uso delle armi, fino alla minaccia di espulsione degli studenti
aderenti: va bene il nobile principio della neutralità della scuola 
nella formazione del personale giudizio di ogni persona, 
ma di fronte alla possibilità della violenza, la protesta è d’obbligo e educa.

2. Perché le azioni di stragi hanno un così marcato stampo maschile?

giovedì 22 febbraio 2018

Carcerazione e sicurezza




Già strillano a destra (e non solo), nei bar e a casa, a tavola, 
davanti a un televisore sempre più largo, i difensori del carcere 
ad ogni costo, sempre e comunque, 
magari duro, a seria punizione, e senza pietismi di sorta, 
di fronte all’approvazione della riforma carceraria,
in Consiglio dei Ministri oggi, 22 Febbraio, 
giorno della Cattedra di San Pietro Apostolo.

L’equazione è semplice: più carceri, più sicurezza.
Se la riforma dell’ordinamento carcerario crea condizioni
per il miglioramento della vita di detenute/i, 
allora non s’ha da fare.

Forse non è così. La carcerazione, a giusta pena di un reato,
quando chiude il/la condannato/a in una "cella" senza possibilità 
di sperimentare, secondo percorsi ad personam, vie d’uscita 
per misure alternative, nel rispetto della dignità della persona, 
diventa senza senso e avvilente.

Il grado di avanzamento del processo di civilizzazione di un Paese
è leggibile anche nell'estensione della "cella": quanto più questa è elastica,
tanto più il Paese è civile, sempre nel rispetto del principio universale
della dignità della persona.

O no?
Severo Laleo