martedì 11 giugno 2024

Schlein, la gente e le persone: investire in partecipazione per ridurre l'astensionismo

 Con palese soddisfazione Schlein dichiara: “Ho riportato il partito tra la gente. Ora un’alternativa c’è. Stiamo arrivando”.

Dato il contesto, tutto ok! Anzi, di più, riesce Schlein a mantenere le sue parole nel giusto alveo, sempre all'interno di un discorso politico serio e penetrante. Un segno notevole del suo senso di "servizio" in politica.

Eppure, a partire dalle sue parole, qualche osservazione può essere tentata.

È vero, il PD è tornato tra la "gente" (il corpo elettorale), con i mezzi dell'agitazione elettorale, ma non è ancora tornato tra le "persone", dove solo può vivere e aprire speranze di cambiamento (insieme ad altre forze politiche).

L'obiettivo non è solo "arrivare", ma come "arrivare".

Quando in una democrazia partecipa al voto meno della metà delle persone, quella democrazia è a rischio, proprio perché esclude dalla partecipazione le "persone" che più hanno bisogno della cosa pubblica.

Dov'è la gran parte dell'astensione? Tra le persone sfiduciate, abbandonate, spesso in povertà, nei luoghi più difficili economicamente e socialmente.

La "gente" sì vota, ma le "persone" si ascoltano. 

Bisogna investire (magari d'accordo con altre forze politiche dell'area della solidarietà) nella disseminazione della partecipazione. Sono necessari luoghi di incontro e condivisione di problemi con relative discussioni/proposte di soluzioni. Per una nuova comunità politica. Magari “conviviale”.

E immagino (vecchio ritornello ormai) nuove sezioni/circoli (anche a gestione pluripartitica) quali reali luoghi di incontro di tante/i giovani, e di tante/i meno giovani, luoghi gradevoli, in centro e in periferia, dove sia possibile stare insieme, collegarsi in rete, ascoltare musica, bere una bibita, e discutere dei problemi della società, a partire dalla conoscenza/studio dei bisogni del “prossimo” di quartiere, senza lunghe riunioni di partito, ma tessendo nel dialogo rapporti  di felicità sociale, chiacchierata e praticata, e costruendo dal vivo una comunità, contro i luoghi virtuali dei giochi televisivi, delle tribune di parole gridate e da spettacolo.

E immagino una grande discussione sui nuovi confini delle libertà, per tornare a riprendere il tema (e la pratica) dei nostri resistenti, e guardare avanti, anche per smascherare l'imbroglio dei nuovi profeti del liberalismo salvifico. 

E immagino tutto un lavoro di studio/proposte, a partire dal quartiere, e non solo per la riparazione delle buche nell’asfalto delle strade, ma soprattutto per la riparazione delle buche  nelle sofferenze del tessuto sociale, un lavoro per coniugare la libertà con la giustizia, e per ricominciare a parlare di libertà dalla miseria, dall'ignoranza, dalla precarietà, dalla subalternità, sfidando gli avversari continuamente, in ogni manifestazione, in ogni dibattito, a livello locale e nazionale, programmaticamente, riempiendo le libertà almeno dei suoi contenuti costituzionali, di un lavoro vero, di una casa dignitosa, di un'istruzione di qualità, di una salute curata. E non solo con manifestazioni chiuse in un unico luogo di raccolta centrale, ma aperte in ogni luogo vissuto di lavoro politico, in contemporanea, e su un tema comune. (Quando sarà possibile!)

E immagino una discussione ampia sulla "cultura del limite", quale possibile altro orizzonte culturale: se sia, ad esempio, necessario definire un limite alla ricchezza, e alla povertà, e allo sfruttamento della natura, e all'uso delle risorse energetiche, e alla violenza di guerra e non, e alle morti sul lavoro, e attraverso quali provvedimenti e quali interventi culturali.

E immagino la lettura in comune, partecipata, anche all’aperto, di testi di riferimento precisi, fondamentali per alimentare una speranza di una società migliore, meglio se testi già codificati; ad esempio, la dichiarazione universale dei diritti umani, la nostra carta costituzionale, le carte del solidarismo sociale.

E immagino un gruppo di lavoro di persone con passione preparate, capaci di spiegare la politica a chi non ha tempi e strumenti, e disponibili a svolgere senza scadenze, non più solo una campagna elettorale per chiedere voti, ma una campagna di informazione e di ascolto, per una reciproca formazione, in un rapporto alla pari, a tracciare, pietra con pietra, un lastricato democratico.

E se tutti insieme si immagina forse molte diventeranno le cose da fare.

O no?

Severo Laleo

venerdì 7 giugno 2024

Appello dei/delle sopravvissuti/e alla Shoah e dichiarazione di voto

 È un momento buio per la storia dell'umanità. Un momento buio sì, ma può essere superato soltanto esercitando, noi, persone libere, non condizionate dalla propaganda populista e nazionalista, tutta la diffidenza verso quei governanti antidemocratici e inclini alla guerra. 

Bisogna dirsi con forza che esiste ancora il potere del voto per determinare scelte diverse.

Sono due i pericoli fondamentali da respingere grazie al potere del voto.

È da respingere innanzitutto l'attacco alle regole per il buon funzionamento della democrazia in occidente. Guardiamo ad esempio a cosa succede alla democrazia in Usa. Volano parole grosse da parte di Trump e dei suoi seguaci. L'attacco sconsiderato (e ingannevole) al sistema giudiziario, dopo la condanna dell'ex presidente espressa da una "giuria di persone comuni", è una novità assoluta. Non si ha più vergogna di citare il termine "dittatura", sia pure per un giorno, al fine di perseguire domani, anche violentemente, gli avversari politici di ora, né si ha più vergogna di far riferimento al Reich di Hitler. E non si ha nemmeno vergogna/timore di sollecitare di nuovo le violenze tra le "razze", sì, proprio così tra le razze! E i dittatori, e aspiranti tali, si riconoscono tra loro: Putin, e non gli pare vero, si congratula con Trump per il suo attacco all'indipendenza della magistratura, cioè a uno dei pilastri fondamentali per il buon funzionamento della democrazia; Putin non vede l'ora di poter trattare con gli Stati Uniti, d'accordo con un suo omologo "capo forte", cioè dall'alto di un potere intoccabile. 

È da respingere poi, in Europa, l'attacco, da parte del fronte della guerra, alla diplomazia della pace nata dopo la seconda guerra mondiale. L'Europa unita stessa nasce proprio dall'impegno a evitare le guerre e aprire un periodo di pace continua. Ora, al contrario, non si fa altro che rendere possibile, con parole e atti, il ricorso alle armi. 

Il destino dell'umanità, mai come questa volta, non è più nelle mani degli incompetenti/incontinenti "capi", o aspiranti tali, ma è nelle mani ragionevoli, assennate e miti di tantissime persone semplici, che sanno che la democrazia è un bene prezioso da difendere, ampliare, estendere. L'appello dei/delle sopravvissuti/e alla Shoah è da accogliere in pieno, perché invita a esercitare il diritto/dovere di voto contro le guerre e contro le derive autoritarie. 

Un secolo fa, più o meno, i "capi", Hitler e Mussolini, ispiratori di violenze senza scrupoli contro gli avversari politici, ebbero in pugno, grazie anche a una una retorica nazionalista e razzista, e al voto di una parte delle persone, intere masse di popolazioni, fino al punto di farsi dittatori acclamati in pubblico.

Oggi, dopo anni di sperimentazione democratica, le persone sono più avvertite, e hanno la libertà/facoltà di indirizzare le classi dirigenti verso pace e democrazia, anche se resistono aspiranti capi pronti a immaginare nuovi possibili periodi di "dittatura".

Per questo il mio voto andrà a chi nei partiti e con i partiti si impegna a estendere la democrazia e a rifiutare la guerra.

Severo Laleo

giovedì 6 giugno 2024

Biden/Harris: la guida duale

 Negli Usa, alle elezioni per la Presidenza, si presenta il/la candidato/a Presidente insieme con la/il sua/o vice. La carica rimane tuttavia monocratica, perché l'idea diffusa, accettata quasi universalmente, è che a "decidere/comandare" deve essere "UNA/O"! È stato sempre così, dicono, da che mondo è mondo. 

Ma perché è stato sempre così (o quasi)? Quale cultura è alla base di quest'"abitudine" nelle strutture di potere? Ho colpa a non conoscere risposte adeguate, ma è possibile pensare che tutto abbia avuto origine dal "duello" animale/umano tra maschi. Chi vince, da solo, comanda: di qui, probabilmente, scaturisce l'istituzione del "capo", la figura potente monocratica, in una parola, il monocratismo. Un'istituzione strettamente legata al fare maschile, al dominio patriarcale.

Si può riflettere per cambiare? Hanno i femminismi proposte di cambiamento?

Vedremo.


Intanto sempre più negli Usa si discute con preoccupazione dell'età di Biden, perché a Biden e solo a Biden è affidato il sacro scettro del Potere. Ma se si riconoscesse alla "coppia" Biden/Harris pari dignità e facoltà di potere, molto probabilmente il voto dei democratici sarebbe più sereno, sicuro e convinto.

La democrazia Usa potrebbe essere la più vicina a sostituire la guida monocratica con la guida duale, un uomo e una donna insieme, negli affari di governo.

Con gran vantaggio per la democrazia.

O no?

Severo Laleo

lunedì 3 giugno 2024

Festa della democrazia: sorteggio e bicratismo

 Sempre più spesso le democrazie (anche la nostra democrazia repubblicana) sono una semplice questione di leadership personali.

E molto spesso anche libere elezioni diventano campo di battaglia per orde (non dovrei usare questa parola, ma è d'istinto!) dal comportamento fideistico (penso ai seguaci Maga di Trump, e non solo, se importanti membri del Congresso, per difendere Trump, discreditano le istituzioni!).

E in Europa il voto spesso è diventato un'operazione, da parte di sostanziose minoranze, per "chiudere" la democrazia alle libertà personali.

Forse, anzi senza forse, la democrazia dei partiti e delle visioni "ideali" è definitivamente scomparsa e ha lasciato il posto alla democrazia dei "caratteri", dell'individuazione del "nemico" e dell'insulto divisivo.

Sempre più singoli leader, uomini o donne, credono di poter dirigere le masse secondo le loro volontà, ad libitum. (Per fortuna, tra continue "sguaiataggini" istituzionali, si perdono comunque).

Ma se le Corti Supreme (penso agli Alito negli Usa) dovessero piegarsi a un (loro) capo politico, cadrebbe purtroppo, miseramente, anche l'ultimo baluardo nel sistema dei pesi e contrappesi del sistema democratico. 

Per non dire delle manovre di un gruppo di miliardari di sostenere Trump per travolgere la democrazia (E.Reich, The Guardian).

Se questi possono essere e in parte sono i limiti di una democrazia del "voto", perché non avviare seriamente una riflessione sulla democrazia del "sorteggio?" 

Se la politica è diventata semplice amministrazione (a volte del malaffare), gli scontri tra partiti nel mercato del voto, con tante scie di corruzione, possono anche essere superati/sostituiti con altri "sistemi di scelta", anche perché gli scontri tra partiti sono semplicemente scontri per il potere e per il suo più duraturo possibile mantenimento.

Con il "sorteggio" i parlamenti saranno liberi da ogni condizionamento di "parte" e potranno finalmente essere formati da uomini e donne in pari numero, nel rispetto reale della parità. A questi parlamenti sarà affidato il compito di scegliere il governo possibile e magari scegliendo non un "capo del governo", ma un "governo duale", un uomo e una donna, per consentire visioni più larghe nelle decisioni. E sostituire così finalmente il monocratismo, esito storico diretto del maschilismo/patriarcato, con il "bicratismo", appunto la guida duale di un uomo e una donna al vertice.

O no?

Severo Laleo