venerdì 31 ottobre 2025

A proposito di Liberi e Uguali di Daniel Chandler

 Caro Scapece,

ti avevo promesso qualche tempo fa di inviarti un commento completo al libro

di Daniel Chandler, Liberi e Uguali. Manifesto per una società giusta, edito

da Laterza a marzo di quest'anno, ma per una serie di coincidenze e qualche acciacco mi è stato purtroppo difficile scriverti prima.

E vuoi sapere la verità: avevo anche preparato per tempo una bozza abbastanza ricca su questo testo, ma per un incidente di tastiera persi tutto. Con mia rabbia! Perciò scusami ora se mi limito a dire solo quel che mi pare essenziale e che, come tu sai, mi piace dire/sottolineare.
Ti dirò subito che in questo libro, ispirato alle idee di John Rawls, ho trovato

un elogio, sia pure in qualche modo indiretto, della cultura del limite.

E proprio a proposito della ricchezza! Scrive Chandler: "...un'imposta patrimoniale annua sulle fortune più consistenti... ci consentirebbe di porre un limite alla ricchezza che un singolo individuo può accumulare nel corso della vita.

Oltre una certa soglia, le grandi concentrazioni patrimoniali non solo sono difficili da giustificare, ma costituiscono anche una diretta minaccia all'uguaglianza politica democratica". 
Non possiamo non essere d'accordo, io e te, ti pare? 
E Chandler non solo propone di porre un limite alla ricchezza con l'introduzione

di un'imposta patrimoniale, ma propone anche di porre un limite alla povertà

se esprime con convinzione il suo favore per l'introduzione di un reddito di base universale (UBI): nessuna/o ha da soffrire a causa dell'assenza di un minimo vitale, con il grande rischio di perdere "dignità e rispetto di sé".
In rapide parole, l'obiettivo di Chandler è conciliare i principi di una società liberale e democratica con la giustizia sociale, il principio di uguaglianza con il principio

di differenza, seguendo appunto la teoria della giustizia di John Rawls.

E tutto il libro è un invito a non arrendersi ai populisti di destra dell'oggi, dovunque presenti e forti nel mondo delle democrazie occidentali, un invito
non a a parole, ma concreto, ricco di proposte di riforme e di suggerimenti programmatici, non a caso il sottotitolo è Un manifesto per una società giusta.
Tuttavia con te, caro Scapece, vorrei soffermarmi sul capitolo V La democrazia. Chandler, analizzando una serie di dati e di studi, dimostra quanto sia reale il rischio di una crisi profonda della democrazia liberale e considera dunque una priorità  la tutela delle istituzioni democratiche: "una democrazia è un sistema politico fondato sull'uguaglianza politica...come minimo eguaglianza politica significa godere di determinati diritti fondamentali...tra cui pari diritto di voto, libertà di parola, libertà di stampa e libertà di associazione ... ciò che conta, però, è che tutti abbiano le stesse opportunità di influenzare e partecipare al processo democratico, a prescindere da quanti soldi hanno, o dalla razza, il genere o l'orientamento sessuale". E prosegue Chandler a analizzare i sistemi elettorali, i partiti politici,  il ruolo dei soldi nelle elezioni, i media, fino a spingersi a prevedere "una camera dei cittadini scelti a caso, che sia parte integrante della legislatura". Idee perfettamente compatibili con un sistema liberale. E fattibili.
Ma Chandler non discute l'assetto istituzionale delle democrazie liberali fondate in pratica su un solo modello, qualunque sia il sistema elettorale: il leaderismo.
Le nostre istituzioni democratiche liberali prevedono una lotta/duello tra leaders per la conquista del potere e una volta conquistato il potere  prevedono il comando del "capo", ora, in questi tempi di crisi della democrazia, tutto concentrato nell'esercizio del governo. Chi vince, comanda e non sopporta contrasti, nemmeno di altre istituzioni. Non è un caso che la crisi della democrazia coincide con un ritorno fuori tempo dell'esaltazione della forza, della potenza del denaro, del dominio maschile, in una parola dei fondamenti del patriarcato, anche quando, succede spesso, il potere è impersonato da una donna.
La crisi della democrazia liberale dappertutto comporta una iduzione/affossamento di diritti ormai da tempo consolidati e tende a riportare le donne "al loro posto". Non è forse lecito per una democrazia avanzata e piena immaginare una democrazia paritaria tra uomini e donne? Con una presenza paritaria nelle assemblee legislative e nelle sedi di governo? Con una guida non più monocratica del governo, ma duale, a due, un uomo e una donna?
Non è forse il monocratismo, quest'affidare a un capo carismatico, ancora oggi quasi sempre un maschio, unico modello disponibile sul mercato istituzionale, l'esito storico del patriarcato? Quanti danni ha procurato al mondo questa visione maschia del potere?
Caro Scapece, la democrazia liberale o è paritaria o non è! Lo so, già sento il tuo commento, le tue perplessità, ma che posso farci, non so pensare a un mondo migliore senza la realizzazione della più ampia parità uomini/donne anche nell'esercizio del potere politico.
Nel capitolo "Conclusioni" Chandler in epigrafe riporta una citazione di Oscar Wilde di grande speranza per il futuro: "Il progresso è la realizzazione delle utopie". Speriamo!
Ecco, carissimo Scapece, perché il mondo di oggi è dominato da un conservatorismo populista e prepotente, perché si è persa, e si respinge, la "spinta propulsiva" del pensiero utopico e si chiede solo di tornare indietro sia in termini di diritti civili e sociali, sia in termini di welfare.
Ma noi continueremo a tenere il pensiero lungo, o no?
Un abbraccio e a presto,
Severo

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