domenica 23 gennaio 2011

Non sono fatti loro, sono fatti nostri.




In questi giorni tornano alla carica quanti, in assenza di argomenti nuovi, difendono il Presidente del Consiglio con una tesi "antica": "ognuno a casa sua fa quel che vuole", "sono fatti loro". Tesi antica e piena di storie violente. Storie fuori di ogni narrazione, perché nate dentro casa, nell'intimità. L'intima violenza, tra un/a dominante e un/a dominato/a. A complicità vigliacca e diffusa.
Anche il nostro Ministro dell'Interno, Maroni, scrive in una lettera al Corriere: "Il mio fastidio non deriva solo dalla questione che vede protagonista il Presidente del Consiglio (sono peraltro convinto che la vicenda in sé, almeno sotto il profilo penale, sia del tutto inconsistente) né dalle rivelazioni (molto déjà vu) su ciò che il Presidente del Consiglio fa a casa sua la sera (il suo stile di vita è diverso dal mio, certo, ma è, appunto, affar suo)......".
"Stile di vita"? "Affar suo"?
Ma sig. Maroni, Lei è Ministro dell'Interno, a Lei è affidato il compito di combattere la prostituzione, con il rigore della legge, e invece ha l'ardire di giustificare i "festini" del suo Presidente del Consiglio, solo perché è convinto che "la vicenda in sé, almeno sotto il profilo penale, sia del tutto inconsistente"? Ma oltre il profilo penale, da uomo delle istituzioni, le nostre istituzioni, non sa leggere altro? Solo un diverso "stile di vita"? "Stile"?
E crede Lei sia razionale ritenere giusto porre limiti alla libertà di ognuno di noi da valere solo in "pubblico" e non nel "privato"? Non crede, al contrario, sia rovinoso questo principio di differenziazione dei comportamenti per una società civile di persone libere e eguali (se è ancora valido per noi il dettato dell'art. 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani: "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza")?
Comprare il corpo di un'altra/o credo sia ancora un contratto illegale.
E chi vende il proprio corpo per "vivere", (oggi, in verità, per vivere meglio, senza fatica e con lustrini), comunque rinuncia, consapevolmente o no, all'esercizio della propria libertà, in quanto si costringe a una dipendenza totale dal volere di un'altra persona, più ricca e potente,
in un diseguale scambio, inaccettabile in una società civile di liberi e uguali. E può dar luogo a ricatti, soprattutto quando si pretende il buio. La vendita del corpo (e spesso dell'intelligenza), per qualunque ragione, realizza un "profitto", e spoglia la persona di dignità.
Ma se anche i padri/adulti di chi sceglie di usare il corpo per "guadagnare soldi e successo" esprimono gioia e soddisfazione per i comportamenti delle figlie/giovani donne, a prescindere...., è segno che qualcosa è successo in questa nostra Italia negli ultimi decenni. Il nostro tempo, anzi il tempo berlusconiano, ha distrutto i confini entro i quali la cultura, etica e persino giuridica, aveva protetto l'idea di dignità e libertà della persona, per aprire l'era della “casa della libertà”, per ora nelle Ville del Presidente del Consiglio, e a cascata, domani, tra gli ammiratori, dovunque si scelga, liberamente s'intende, di praticare la nuova allegria di Arcore in funzione di rilassamento.
Ed eliminare così, con la tesi dell'"ognuno a casa sua fa quel che vuole", ogni residuo di una cultura del limite.
O no?
Severo Laleo

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