Nel generale dibattito politico corrente, la questione
della rappresentanza
di genere, uomo/donna, nelle istituzioni, è apparsa
solo nelle schermaglie
elettorali delle primarie del centrosinistra e, in
particolare, solo quando
si è proposta una presenza di donne, nella
compagine di Governo,
pari di numero alla presenza degli uomini. Una parità, si badi, non per norma
di legge, ma per generoso
dono del Presidente del Consiglio di turno,
sempre figura
unica e ancora figura maschile anche per il prossimo mandato,
almeno
pare, al di là dell’impegno della candidata Puppato a un
rovesciamento
di genere. Ma la riflessione non riesce ad andare oltre i numeri
e non tocca il sistema. E si continua a parlare di quote e non della struttura
del potere in sé. Nelle società moderne le strutture di potere sono figlie
della visione
maschile del mondo, senza dubbio alcuno. Anzi il maschilismo
ha generato le
strutture di governo a sua immagine, a immagine del suo “io”,
solo, forte e potente. E così il monocratismo, l’idea di un
uomo solo
al comando è risultato l’esito oggettivo, inevitabile, del maschilismo.
Eppure il monocratismo è la modalità
di governo da superare se si vuole
una reale democrazia di genere. Se la parità uomo/donna non irrompe
nel livello monocratico di ogni “governo”, la nostra società continuerà a restare
imbrigliata nelle antiche strutture di potere di produzione maschile.
Perché le strutture di potere/governo sono affidate a una sola persona
e non a una coppia uomo/donna?
Perché a diffondersi finora è stato il modello a un’autorità unica
e non bina, a due?
E’ forse il monocratismo una modalità di governo naturale? O è storica?
La semplice scalata alla parità uomo/donna attraverso le quote rosa
non scalfisce la struttura maschilista della nostra organizzazione sociale.
Per aprire una via possibile al cambiamento della società,
anche nella direzione dell’estensione della democrazia e della trasparenza,
e soprattutto della formazione di una decisione pubblica
non più condizionata/dominata da una cultura di genere maschile,
in tutte le “sedi/posizioni” di natura decisoria di pubblica utilità
la presenza uomo/donna non può non essere pari, anzi, dovrà essere pari.
In realtà, il monocratismo, il
potere/dominio, cioè, di uno solo,
pur conquistato per via democratica, è l’esito obbligato del maschilismo,
con tutte le sue degenerazioni, dal leaderismo carismatico
all’uomo della provvidenza, e non muta, anche se il monocrate è donna.
Il maschilismo e la struttura maschile del potere cadranno
quando cadrà il monocratismo. E le conseguenze, in termini di un’educazione,
non violenta, alla parità, generata non da teorie ma dal nuovo contesto
di relazione uomo/donna al
potere,saranno visibili nelle nuove generazioni.
Forse solo il bicratismo perfetto potrà segnare una nuova stagione di
democrazia.
O no?
Severo Laleo
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