Caro Benigni,
da uomo di scuola non posso non ricordare con
commozione
la tua grande “lezione”
di illustrazione della “Costituzione
più Bella
del Mondo”. La nostra. Soprattutto per quella scoperta
della “persona”
e della sua dignità, dopo le atrocità di un lucido delirio
di Potere Politico
volto alla eliminazione dell’altro
(propria di ogni nazismo).
E se non ricordo male, legasti, con un po’ di
patriottismo,
giustificabile in una trasmissione televisiva, la nostra Costituzione
alla Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani,
appunto tramite il valore
universale della “persona”
e della sua dignità.
Credo fu, tra gli altri, Papa
Giovanni XXIII a salutare questa “rivoluzione”
con una forte espressione: con la Dichiarazione
dei Diritti
appare per la prima volta nel discorso pubblico
l’”homo dignus”.
La nostra Costituzione celebra la dignità della
persona,
e all’art.1, rende “sovrana” la persona, ma
in un recinto
di regole di garanzia.
Tu hai dichiarato di essere per il SI’, benissimo,
ma,
mentre difendi i principi fondamentali della
Costituzione,
scritti a tutela dei diritti di ogni persona,
trascuri di porre attenzione
proprio a quei limiti di garanzia, oltre i quali da sobri si diventa ubriachi,
oltre
i quali il controllo esercitato dalle persone cade
e diventa arbitrio tra le mani dei decisori
politici,
ai quali non s’addicono i limiti.
Un esempio?
La nostra Costituzione più Bella del Mondo prevede,
con un’essenzialità, diresti, straordinaria, all’art.
83,
la seguente regola:
“L’elezione del Presidente della
Repubblica
ha luogo per
scrutinio segreto a maggioranza di due terzi
dell’assemblea.
Dopo il terzo scrutinio è sufficiente
la maggioranza
assoluta”.
Chiarissimo. La maggioranza assoluta dell’assemblea,
per l’elezione del Presidente della Repubblica,
è un obbligo/limite.
Grazie a questa regola, molti dei più “in gamba” Presidenti
della Repubblica, a dimostrazione della bontà dell’obbligo
del dialogo tra opposti per trovare in comune la
soluzione
più nobile, furono eletti con maggioranze di “garanzia”,
forte per tutti: Gronchi,
Pertini, Cossiga (le cui contraddizioni sono ora
consegnate alla storia), Ciampi (anche Napolitano,
ma solo la seconda volta, forse per sfinimento
della Politica)
superarono la soglia del 70% dei voti dell’assemblea.
Eppure la Riforma della Costituzione, senza una
motivazione chiara,
univoca e difendibile sul piano della “garanzia” delle regole,
prevede/pretende di modificare questa
regola, così sapiente
e di garanzia per ogni persona, comunque, pur
avendo dato
buona prova, nel tempo, di solida validità.
La Riforma vuole sostituire l’attuale art. 83 con
la seguente formulazione:
“L’elezione del
Presidente della Repubblica
ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di
due terzi della assemblea.
Dal quarto
scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea.
Dal settimo
scrutinio è sufficiente la maggioranza
dei tre
quinti dei votanti”.
Eh, no! I
tre quinti dei “votanti”, no! Ma
perché rischiare
di
eleggere a una carica così alta di garanzia un Presidente debole
con i soli
tre quinti dei “votanti”, cioè dei “presenti”?
Un
Presidente debole di fronte a tutti non è un Presidente libero.
E rischia
di essere prigioniero di un altro Potere.
E perché
giustificare gli eventuali parlamentari assenti
a un
compito così delicato? Perché favorire la possibilità dell’assentarsi
al voto nell'elezione del Presidente (non è una quisquilia!)?
Per
consentire l’elezione solo ai presenti?
Insomma si
può chiudere tutto con un “chi c’è, c’è”,
per usare
il linguaggio di giovanotti scamiciati e irrispettosi?
Qual è il
vantaggio per noi persone di una
società democratica
nell’avere
un Presidente, la più alta carica di garanzia,
sulla carta
eleggibile con i tre quinti dei parlamentari presenti?
Qual è la ratio? Può un
Presidente eletto da una minoranza
(sulla carta, se al
settimo scrutinio, si fa per esagerare, si presentano
solo 366 parlamentari, bastano
220 parlamentari a eleggere il Presidente!).
Dove sono
andati a nascondersi i limiti?
Anzi dov’è quell’esaltazione
dei limiti
da parte tua, caro Benigni?
Se i parlamentari
sono per una qualche ragione presi dall’ubriachezza,
chi potrà ridurli alla
sobrietà?
Solo i
limiti della legge costituzionale, caro Benigni.
Votando SI’, tu, dopo avermi
dato l’illusione di una comprensione profonda
della Costituzione nel suo essere
sistema (i principi fondamentali
sono l’orizzonte etico-giuridico di ogni altro
articolo),
mi rubi in
realtà un pezzettino di garanzia, perché
consenti
a eventuali ubriachi
la possibilità di non rinsavire.
No
Benigni, io alla mia dignità di persona, garantita da limiti
della
legge costituzionale, non rinuncio. Tu sì. Forse.
O no?
Severo
Laleo