giovedì 23 agosto 2018

Kierkegaard, l'amore del prossimo e il commerciante Nathanson



Caro prof. Scapece,
mi capita raramente di essere triste dopo aver letto un libro. Sì, uso per brevità il termine triste, ma la sensazione  di disagio emotivo e intellettuale è più complessa. Forse è solo disturbante.  E questa volta ho voglia di sfogarmi, perciò scusami se ti coinvolgo. Lo so, è solo un mio bisogno, ma sopportami. Almeno avrò la tua comprensione benevola (è la tua specialità!).
Ascolta. Ho letto, sia pure con qualche salto, ma con una motivata curiosità, l'opera di S. Kierkegaard, Atti dell'amore, e vi ho trovato con sincera partecipazione riflessioni profonde soprattutto per chi vuole capire la portata ampia e travolgente dell'amore dal punto di vista cristiano. E mentre leggi, sai, ti viene cara e ammirevole la figura dell'autore, quasi vorresti imparare a sentire e a praticare se non altro il suo rigore etico, specie se hai qualche problema con  la dimensione religiosa. Le pagine sull'amore del prossimo sono convincenti; Kierkegaard pare prenderti per mano e condurti con le sue illuminanti e chiare parole ad amare il prossimo, non quello invisibile, ma il prossimo così come lo si vede nella realtà. E riesce a convincerti. E qui la grandezza dell'uomo ti appare in tutta la sua benignità, in tutta la sua mitezza e ti viene di immaginarlo pieno di umana comprensione ed empatia. In breve incapace di cattiverie. Un uomo buono, aperto, civile. Un uomo di carità.

Macché! Leggendo in appendice una sua polemica verso un suo recensore dilettante, il commerciante Nathanson, "che aveva mostrato di aver letto il libro con simpatia" (a dar ragione a Cornelio Fabro, curatore del volume), t'accorgi di quanto sarcasmo e disprezzo ad personam sia capace il grande filosofo dell'amore cristiano. E senza motivo!
Sono triste, caro Scapece. Sono triste. Non riesco a immaginare come possa tanta  cultura e dottrina d'amore diventar nulla, sparire d'un tratto, a causa di quell'insopprimibile vanità propria del maschio di voler distruggere l'altro in duello, azzerandolo: per Kierkegaard, il commerciante Nathanson, per la sua attività letteraria,  è  uno 0/zero. E il giudizio si estende a toccare la persona.
Altro che amor del prossimo!
Per fortuna, caro Scapece, grazie al dono gratuito della tua mitezza, d'istinto e colta, posso comprendere anche Kierkegaard e insieme prendere qualche distanza.
È difficile praticare l'amore paolino (se non hai l'amore...).
O no?
Severo Laleo

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