mercoledì 3 aprile 2019

Stranieri alle porte? Meglio nell’agorà




Zygmunt Bauman, con Stranieri alle Porte, ancora una volta
lancia un invito all’umanità intera a praticar la pace;
anche perché l’alternativa alla pace -aggiunge-, e quindi
al civile convivere, è la fine dell’umanità stessa.
Insomma, è possibile con-vivere senza massacrarsi?
E’ necessario! E per questo esercitare l’arte del dialogo,
del confronto, della conversazione diventa il metodo libero,
oltre le regole, attraverso il quale è possibile giungere
alla comprensione dell’Altro, del diverso da Noi;
e oggi l’Altro è soprattutto il migrante in cerca di “vita”.

In verità gli stranieri incutono paura se si presentano e sono alle porte,
magari in silenzio, incapaci di aprir bocca, sospettosi e sospettati.
Se al contrario diventano parte integrante, ognuno a suo modo,
di una situazione di conversazione, si amplia la civiltà dell’agorà,
da intendere nel suo significato/simbolo di spazio 
della relazione discorsiva.
Se si dà la concreta possibilità, con l’accoglienza, di sperimentare
la conversazione, si attiva la comprensione, e quindi -Zygmunt usa
qui le parole di Gadamer- il processo di “fusione di orizzonti”;
senza accoglienza, avrà successo l’esclusione, e da qui,
almeno per i più fragili, separazione, distacco, chiusure, rancore,
odio, conflitto, guerra.
Zygmunt scrive che è un piacere; ha una scrittura nitida, chiara
con un andamento molto gradevole e coinvolgente;
ogni parola non è mai fuori posto; e ha una visione illuminata
dei problemi, non ideologica, ma argomentata e confortata
da dati e e autori.

Se il mondo occidentale, mondo liberale, difensore delle libertà,
sperimenta oggi la sua massima contraddizione,
perché da una parte apparecchia tutti i diritti ai suoi cittadini
e dall’altra esclude da ogni diritto gli altri,
adottando all’occasione con caparbietà pratiche illiberali,
evidentemente qualcosa ancora non funziona nella nostra civiltà.
E si corre il rischio di abituarsi all’idea di veder sospese
un domani garanzie di libertà per tutti noi, con il pretesto
di una difesa di un benessere mai realmente in minaccia.
Costruire muri per i dannati è facile; ed è facile mietere
consenso con la promessa di salvezza dagli invasori;
difficile è elaborare un progetto di pace perpetua (Kant è ancora vivo),
di civilizzazione della società, e insieme trovar strumenti,
risorse e persone utili a costruire/salvare l’umanità.
E il difficile è una prerogativa umana.
O no?
Severo Laleo



1 commento:

  1. C'é davvero bisogno di certi messaggi di pace! poche parole che con semplicità ci ricordano quali sono le "prerogative umane"

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