Gli insulti nella chiacchiera politica e verso le persone
della politica esistono da sempre, e da sempre, a ben vedere,
aprono la strada a comportamenti violenti; non si può,
in democrazia, far finta di niente. Anzi la storia obbliga
a intervenire per tempo.
Negli ultimi anni, grazie (si fa per dire!) ai social, gli insulti
godono di una diffusione enorme e quasi viene a stringersi
un’alleanza tra chi è brava/o nell’insultare e chi applaude
all’insulto più feroce. In una misera e torbida spirale.
In un ultimo caso di chiacchiera “politica”, dopo una serie
infinita di altri simili casi, a subire un’onda violenta di insulti,
è stata Giorgia Meloni, e tocca a lei, in un suo tweet, ribadire
“con fermezza il limite invalicabile, in una democrazia,
tra critica e violenza”.
Si tratta di una affermazione molto sensata: in una democrazia,
quanto più è avanzata, quanto più è paritaria uominidonne,
tanto più rigoroso, controllato, rispettoso deve essere il linguaggio,
sempre, di tutte/i nel dibattito politico e nei confronti delle persone.
La “critica” è l’anima del dibattito, la “violenza” è la sua morte.
Libertà irriverente solo per la satira. Ma un “limite invalicabile”
deve pur essere concordato tra chi dibatte, se non altro per evitare
di massacrarsi.
A trovare per ora una soluzione, almeno sul versante degli algoritmi,
pare siano stati proprio i responsabili di quei social che hanno diffuso
a piene mani parole di odio e violenza in rete. Hanno ben compreso e visto,
quei responsabili, quanto siano pericolose, ai fini di azioni violente,
le parole di fuoco. E hanno deciso di bloccare, Trump compreso.
Ma alla Politica tocca ora e subito definire il “vocabolario della democrazia”,
senza bloccare, ma chiedendo comportamenti conseguenti,
a partire dalla piena condivisione della parità di genere fino a praticare,
anche nel confronto più aspro, il rispetto continuo della dignità
della persona umana, senza eccezioni, attraverso un'etica
della discussione pragmatica che supponga che chiunque partecipi
al dibattito politico sia “1) in buona fede; 2) intelligente;
3) attenta/o al bene comune.” (Alain Caillé)
Un'etica della discussione implica il divieto assoluto dell'uso
di qualsiasi parola di insulto e di incitamento alla violenza.
“I popoli, nel nostro mondo ormai civilizzato, le classi e le nazioni
e gli individui, devono imparare a opporsi senza massacrarsi
e donarsi senza sacrificarsi gli uni agli altri».
Tanto per ricordare Marcel Mauss. Per una democrazia conviviale.
O no?
Severo Laleo