lunedì 15 febbraio 2021

Rosy Bindi, le donne in politica e la guida duale di genere

 


La gradevole e limpida intervista di Flavia Amabile a Rosy Bindi

su La Stampa di ieri, ha questo inizio chiaro e inequivocabile:

Le donne del Pd -chiarisce Rosy Bindi- sono ancora sottomesse,

è il momento di andare a rivendicare

la guida del partito...Basta con la sottomissione ai maschi.”

E più avanti: “Le donne se vogliono contare

devono decidersi a assumere dei ruoli politici dentro

il Pd. Ce ne sono molte brave, capaci ma prive di una

soggettività politica autonoma, troppo spesso gregarie dei

capicorrente uomini”. Tutto vero, anche se forse non poche

donne appaiono gregarie, ma gregarie non sono, e hanno

una propria soggettività, purtroppo nascosta per quel rifiuto

della logica tutta maschile del combattimento.

Infine, incalzata da una domanda maliziosa di Flavia Amabile:

Dovrebbero creare una corrente?

Rosy Bindi ammette: “No, dovrebbero imparare come è organizzato

il potere e decidersi a occuparlo. Non con lo spirito del dominio

ma con lo spirito del servizio. Devono mettersi in testa che in politica

nessuno regala nulla, tutto va conquistato. Poiché l’occupazione

del potere decisionale è maschile, finché le donne non si decideranno

a competere per una leadership i risultati saranno sempre questi”.

Occupare il potere, non con spirito di dominio, ma con spirito

di servizio.

Eppure qui è il punto. Il potere.

Il potere nasce sempre da spirito di dominio, perché il potere

è intriso totalmente dall’idea di combattimento tra maschi

per il predominio; il potere, nella sua versione attuale,

è sempre l’esito di un duello tra maschi (gli esempi possono

individuarsi anche nei giorni tormentati della crisi di governo,

durante i quali la presenza delle donne è stata assente

o soccombente, al servizio di un leader maschio); e negli ultimi anni

la figura del maschio potente e prepotente ha avuto una larga

fortuna nel mondo, con seguito di popolo straordinario,

incredibile, assurdo, violento, fino all’assalto al Parlamento

degli Usa. Uomini e donne, dentro questa cultura del dominio maschile,

magnificano comunque le doti del grande uomo.

Ora, se si riflette bene, non conviene “rivendicare, lottare, competere,

organizzarsi” per raggiungere una leadership al femminile,

perché la logica dell’assalto è tutta maschile; le istituzioni del potere

e del comando sono tutte monocratiche perché sono l’esito

di un conflitto a due per occupare il trono del vincitore.

Le istituzioni stesse, quindi, sono risultato di una logica maschile,

i metodi stessi sono dettati dall’agire maschile.

Il cambiamento rivoluzionario dovrebbe coinvolgere le istituzioni.

Tutte le istituzioni a rappresentanza elettiva dovrebbero essere

composte da uomini e donne in pari numero: chi potrebbe opporsi

a una norma così elementare e giusta? Questa è la battaglia fondamentale,

non il rivendicare o l'attendere la "concessione" di un Capo.

Ogni potere al vertice non dovrebbe essere più nelle mani dell’Uno

(quasi sempre maschio), nelle mani, cioè, di un potere monocratico,

anche se occupato da una donna, ma nelle mani di una coppia,

di un uomo e una donna, in una struttura istituzionale a una guida duale 

alla pari, con un passaggio immediato dal monocratismo al bicratismo.

Oggi, dopo la furia “macha” di Trump, gli Usa sperimentano una nuova

struttura del potere decisionale, attraverso una guida non strettamente

monocratica (maschile), ma bicratica (maschile/femminile) Biden/Harris.

Forse si potrebbe trarre esempio da questa esperienza americana

per dare una svolta di vero significato rivoluzionario alle nostre

istituzioni. E nel Pd si potrebbe sperimentare da domani. 

O no?

Severo Laleo

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