lunedì 24 aprile 2023

25 Aprile: mai più il fascismo

 


La guerra, le guerre, gli scontri armati, le lotte intestine, 

il razzismo/maschilismo, la volontà di dominio, la violenza, 

l’odio, il disconoscimento e l’eliminazione fisica dell’altro, 

infine la shoah rappresentano sempre, e sono, la sconfitta totale 

e generale della razionalità e della sensibilità

di ogni persona e dell’umanità intera.


Passano gli anni, i secoli, la cultura si amplia 

e si diffonde, la scienza apre nuovi orizzonti per mutamenti epocali, 

cresce anche la consapevolezza (nonostante i “muri”) del "senso di umanità", 

ormai ben definito in testi etico-giuridici tendenti all’universalità 

dei diritti per rendere possibile un percorso di civilizzazione, 

eppure la storia registra ancora il continuo perpetuarsi di crisi trascinantisi 

senza soluzione, se non con il ricorso a strategie di morte e distruzione.

E le crisi, una volta risolte con spargimento di sangue, depositano, 

soprattutto negli animi dei vinti, per generazioni, odi e risentimenti.


Anche il 25 Aprile è vittima di questa generale situazione di perversi sedimenti.

E soprattutto in Italia, perché, nonostante la fine, grazie anche alla Resistenza

di quella stagione di violenza e di morte aperta dal nazifascismo, 

ancora per non poche persone, anche tra le alte cariche della nostra

Repubblica, la vittoria delle forze del fronte antifascista, 

ricco di ogni componemte culturale e politica, segna non la “fine” totale 

di una violenta aberrazione, ma solo una “ferita” da rimarginare 

(argomento in verità, soprattutto da usare per attrarre le simpatie 

elettorali di nostalgici e di neofascisti): 

di qui sciatterie storiche inventate ad arte (il primato è del Presidente 

del Senato, La Russa), di qui processi alla violenza anche della Resistenza, 

di qui persino tentativi di negazionismo.


Eppure il 25 Aprile è semplicemente una data storica/simbolo 

per dire/gridare/ricordare a ogni persona civile: “mai più il fascismo!” 

Non è difficile da capire, al di là, per chi occupa una carica istituzionale, 

del “dovere” di capire.


Non pare servano altre parole.

O no?

Severo Laleo



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