domenica 7 luglio 2024

La Corte Suprema, il Premierato, il senso del limite di Mattarella e la democrazia di genere

 Negli Usa una sentenza della Corte Suprema rischia di ridurre la democrazia all'esercizio del potere da parte del Presidente, in una parola, di un "capo", specie se questi, per gli atti compiuti durante il suo mandato, non è perseguibile, a prescindere. Nasce la figura del Presidente legibus solutus. Si tratta di una sentenza di parte, perché più giudici della corte appartengono e rispondono a una parte, la parte di Trump. E per questo motivo è priva di un "valore" oltre la contingenza. 

Ha dell'incredibile la vicenda statunitense: tutto il mondo ha visto all'opera un Presidente aizzare/assecondare un tentativo di colpo di stato (sventato anche per merito del suo vicepresidente Pence, ligio ai suoi doveri costituzionali, per fortuna!) e tutto questo non suscita nella cultura delle persone di quel paese una istintiva/educata ribellione/difesa del bene democrazia, almeno nelle sue regole. È segno di una profonda crisi della democrazia nella coscienza popolare.

La democrazia è quindi a rischio, quando si affida a "Uno/a" un potere oltre i limiti. Là l'oltraggio è sempre in agguato.

Da noi, senza la tragicità dei fatti statunitensi, avanza nella maggioranza del Parlamento, quasi per caso, senza una visione di sensato costituzionalismo, la volontà di correre verso il "Premierato", una sorta cioè di affidamento di tutto il potere politico a "Una/o", con la semplice convinzione, senza prove e ragioni, di rendere "governabile" il paese, assumendo la governabilità a valore primario rispetto a rappresentatività e dibattito politico.

In entrambi i casi, per una serie di non nobili motivi a tutti/e evidenti, il processo della riduzione della democrazia nelle mani di un/a "capo/a" di turno sembra essere la risposta ai degeneri contorcimenti attuali della politica in gran parte del mondo occidentale. Sembrano crescere insieme il desiderio di un monocratismo autoritario e l'insofferenza verso ogni idea di limite, per accogliere una corrività verso l'oltraggio.

Qualche giorno fa, è giunto con giusta misura e efficacia il discorso di Mattarella sul bene "democrazia", specie là dove insiste sull'importanza del senso del limite, quando si definiscono istituzionalmente le funzioni/sedi del Potere. Afferma il Presidente della Repubblica:

"La democrazia non si esaurisce nelle sue norme di funzionamento, ferma restando l’imprescindibilità della definizione e del rispetto delle “regole del gioco”. Perché - come ricordava Norberto Bobbio - le condizioni minime della democrazia sono esigenti: generalità e uguaglianza del diritto di voto, la sua libertà, proposte alternative, ruolo insopprimibile delle assemblee elettive e, infine e non da ultimo, limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze e impedire che possano diventare, a loro volta, maggioranze. È la pratica della democrazia che la rende viva, concreta, trasparente, capace di coinvolgere". E ancora: "La coscienza dei limiti è un fattore imprescindibile di leale e irrinunziabile vitalità democratica".

Nel pensiero di Mattarella c'è, al contrario, non un'idea di restringimento della pratica democratica, ma un'idea di "estensione" della democrazia.

Eppure, qualche altra riflessione si può aggiungere. I sistemi istituzionali delle nostre democrazie occidentali sono costruiti sul principio di porre all'apice della guida esecutiva una figura monocratica, la quale può in situazioni particolari scivolare verso forme di velato o espresso autoritarismo. E i sistemi parlamentari molto spesso sono ancora dominati da una cultura/presenza maschile, se non maschilista. Anche perché la presenza delle donne, pur maggioritaria nella società, diventa casuale nel dibattito politico. Per estendere la democrazia, almeno nei suoi primi passi istituzionali, forse sarà necessario avere parlamenti a parità assoluta uomini/donne e, a decidere le sorti di governo di un Paese (fino a quando i Paesi esisteranno), avere non più una figura monocratica, un "capo", uomo o donna che sia, ma una coppia, una donna e un uomo, insieme, ognuna/o con il proprio senso autonomo di responsabilità, per una guida duale. Una democrazia di genere. E bicratismo esecutivo.

O no?

Severo Laleo

 

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