Trovo nel sito
“il paese delle donne” una riflessione amara di Lidia Menapace,
dal titolo “Parliamo
di genere”. Voglio, per spingere anche qualche altra persona
a una
riflessione, trascriverla integralmente:
“Le donne
sono più degli uomini fino dalla prima votazione dopo la fine della seconda
guerra mondiale: ma lasciamo perdere, eravamo "impreparate"; chissà
gli uomini che preparazione si erano fatti sotto il fascismo, che avevano
eletto con la legge Acerbo! ma lasciamo perdere.
Abbiamo
aggiornato i numeri con l’ultimo censimento reso noto da pochi mesi e valido
fino alla fine del 2011, dunque freschissimo. Risulta che le cittadine
italiane sono circa due milioni più dei cittadini e fermiamoci qui, a
numeri approssimati per difetto.
Abbiamo appena
votato per un cospicuo numero di sedi amministrative e si fa un gran discutere
sulle conseguenze. Le votazioni avvengono nei seggi per genere, ci sono cabine
per gli uomini e cabine per le donne, come anche elenchi divisi per genere,
sicché una cosa facilissima è fare le somme di quanti uomini hanno votato e
quante donne e anche vedere, con una piccola operazione delle proporzioni, che
si imparava in quarta elementare (x sta a y come ecc.) Risultati se
l’astensione delle donne è maggiore di quella che già si deve dare per
scontata, dato il maggior numero di donne. Nessuna di queste notizie ci è stata
data. Non interessa sapere che le donne non contano, fino al punto che non
si contano nemmeno?
Certamente
pretendere di sapere quante erano le candidate e quante le elette sarebbe
davvero troppo. Il linguaggio inclusivo è ignoto alla televisione di stato.
IIlustri giornaliste sproloquiano interi pomeriggi e una serata senza che la
parola donna esca loro di bocca. Vorrei ciononostante sapere quante erano le
candidate e quante le elette e persino quante siano le sindache.
E adesso si
"rimedierà" cooptando nelle giunte le donne che non disturbano? E chi
farà questo, sia di destra, centrodestra, centro, centrosinistra, sinistra,
presidenzialista o parlamentarista, vincitore o battuto pretende di essere
"democratico"? non esiste una questione della rappresentanza delle
cittadine? rimane intatto e rispettato più della virtù delle madri la regola
dettata da grammatici dell’ Umanesimo che decretarono: In italiano nelle
concordanze "prevale il maschile come genere più nobile"? "Ma
perché le donne non protestarono?" chiedono virtuosamente i democratici:"
Erano analfabete e non furono interpellate". Siamo ancora un genere un po’
ignobile e una magistrata può essere presa in giro nelle serate di bungabunga e
questo non è offesa? Che bel paese per le donne!”
Purtroppo siamo
artisti del “rimediare”, noi Italiani. Sicuramente non mancheranno
sindaci “democratici”, magari di sinistra, pronti a qualche femminile
cooptazione. E a chiudere la questione “femminile” in bellezza, senza il
rischio di scalfire la struttura maschilista della nostra organizzazione
politico-istituzionale. Personalmente credo, soprattutto per recuperare
l’astensionismo,
ma anche per
offrire un nuovo approdo, un nuovo banco di lavoro, a chi oggi ha scelto di
dare il suo voto al Movimento di Grillo (altro fenomeno di leaderismo
maschilista all’italiana), sia necessario, a livello politico, una proposta
forte di modifica dell’essere partito, una proposta di partito nuovo:
un partito nuovo nella
sua struttura decisionale (un uomo e una donna insieme alla segretaria, in ogni
istanza);
un partito nuovo nella
composizione degli organismi dirigenti (pari numero tra uomini e donne);
un partito nuovo nella
scelta della dirigenza (metà per elezione, metà per sorteggio: è dovere di ogni
iscritta/o offrire il suo impegno nel governo del partito, e non solo di chi lo
chiede espressamente con una candidatura);
un partito nuovo per
finanziamento (solo finanziamenti palesi degli iscritti);
un partito nuovo per
la selezione di candidate/i alle elezioni, sempre in pari numero uomini/donne,
con primarie tra iscritte/i.
E se si vuole
aprire davvero una via al cambiamento della società, anche nella
direzione dell’estensione della democrazia e della trasparenza, e soprattutto
della formazione di una decisione pubblica non più
condizionata/dominata da una cultura di genere maschile, è necessaria,
in tutte le “sedi/posizioni” di natura “decisoria” istituzionale, la presenza
uomo/donna alla pari, spezzando il monocratismo, di maschile origine. In realtà, il monocratismo, il potere/dominio, cioè, di uno solo, anche quando
raggiunto per via democratica, è sempre l’esito peggiore del maschilismo, con tutte le
sue degenerazioni, dal leaderismo carismatico all’uomo della
provvidenza. Il maschilismo cade solo insieme al monocratismo.
Forse solo il
bicratismo perfetto potrà segnare una nuova stagione di democrazia.
O no?
Severo Laleo