giovedì 26 aprile 2012

Il degrado della politica, l’educazione liberale e la cultura del limite.



L’Italia, almeno a giudicare dal degrado senza limiti della politica,
e dal contare i voti di quei troppi elettori “servi liberi
pronti a seguire un “capo” pur di conseguire avari vantaggi  immediati,
è ancora un paese privo di educazione “liberale”,
di quell’educazione/cultura “liberale” fondamentale
per costruire una democrazia moderna e civile,
a prescindere dal colore delle azioni di governo.

In Italia abbiamo dato il nostro consenso alla “discesa in campo
di tanti politici nuovi, di chiunque abbia voluto fare politica,
spesso a destra, ma anche a sinistra,
senza chieder loro di superare l’esame di “cultura liberale”.
Ed è stata la vittoria dell’antipolitica, comunque camuffata.
Il grillismo, al confronto, è quasi una richiesta di decenza “liberale”.

Essere “liberali” è la precondizione per impegnarsi in politica,
sia a destra sia sinistra. Tra pari. In ogni senso.
Il mito del “capo” non è “liberale”,
è il misero esito nostrano del maschilismo.

Ieri, poiché, in assenza di rigore intellettuale, definirsi “liberali”
è stato facile, abbiamo visto trionfare in politica, appunto,
i nuovi “liberali”, conservatori e rivoluzionari (ognuno a suo modo!),
insieme, senza un minimo di “cultura liberale”,
solo uniti a “occupare” il potere, anche oltre i limiti del possibile.

Oggi, al governo, a  rispettare i limiti, abbiamo tecnici “liberali”,
espressione di moderatismo politico.

E’ stato scritto da un sincero “liberale” quale Valerio Zanone:
la cultura del limite induce al moderatismo politico”.
Non so se è sempre possibile.
Certo, quando in un paese civile le differenze tra ricchi e poveri
superano ogni sopportabile limite, ristabilire l’equità,
ridefinendo un limite per la ricchezza e un limite per la povertà,
difficilmente potrà essere un’operazione di moderatismo politico,
comunque da non affidare a dei, pur illuminati, tecnici.
O no?
Severo Laleo

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