lunedì 7 settembre 2015

Se Ravenna la città amica delle donne



Sabato 5 Settembre, rapida visita di Ravenna.
Biblioteca “Casa di Oriani”, mercatino in Piazza San Francesco,
arancini al Bar Palumbo, passeggiata, verso i monumenti
Patrimonio dell’Umanità, per via Ricci.
All’improvviso il mio phabletcamera si blocca, d’istinto,
per un’istantanea, a una minuscola, discreta, semplice targa
di gentil senso: una rosa rossa, mosaico of course, in campo verde
a esprimere un’idea, una volontà, una propensione, una scelta,
un programma, una realtà: “Ravenna, città amica delle donne”.
E subito il Samsung s’agita con whatsapp per un ampio
giro a “condividere”. Ottimo, Ravenna!

Eppure, appena il tempo di giungere, per un caffè,
a Piazza del Popolo, e la città amica delle donne svanisce,
incredulo il lettore, tra le parole di un editoriale
di Federica Angelini sul giornale “Ravenna e dintorni”,
dal titolo “Le donne, le elezioni e il progresso”,
per caso sfogliato al bianco tavolo d’angolo del bar.

Scopri così che la città amica delle donne non riesce
a esprimere una candidatura femminile per la guida
della città. Forse è perché, scrive Angelini, ascoltando in giro,
le donne, anche quando ci provano, poi mollano: perché sono
più intelligenti e capiscono che non ne vale la pena, perché scoprono
che la vera essenza della vita è nella famiglia o negli affetti,
perché la politica è per stomaci forti e livelli di testosterone alto”.
E amara conclude: “C’è solo da sperare che non sia vero quello
che ci siamo raccontati per anni: e cioè che avere delle donne
nelle stanze dei bottoni può essere utile a raggiungere decisioni
più equilibrate e di maggior successo. Oppure tocca sperare
che a casa i mariti si consultino con mogli, madri,
compagne e sorelle. Difficile chiamarlo progresso”.

D’accordo Angelini! Pare così, purtroppo! Il Progresso
è ancora da costruire. Anche perché fino a quando la Politica
sarà dominata da Maschi Alfa, temuti e riveriti
da maschi perdenti e petulanti, fino a quando il vertice
di un Potere sarà affidato a un Monocrate,
uomo o donna, non importa (il monocratismo nelle istituzioni
è comunque l’esito storico del maschilismo, non altro),
fino a quando testosterone e stomaci forti (quindi smisurate ambizioni) 
si contenderanno il Comando, la Guida,
la Direzione, fino a quando le donne saranno chiamate,
per decisione ad libitum di un qualche Monocrate,
spesso maschio, e non da una civile norma giuridica,
a partecipare in numero pari in ogni sede di governo,
non si potrà parlare di progresso. Almeno in Politica.
Chissà, forse sarà bene sperimentare il bicratismo.
O no?

Severo Laleo

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