sabato 28 novembre 2015

Quattro amici al bar … a Cinque Stelle




Quando si va a cercare lavoro e fortuna fuori del paese,
la vita cambia, e apre nuovi orizzonti, anche per i più timidi
e tradizionalisti, ma la memoria degli odori, dei giochi, dell’amicizia, 
dall'infanzia alla gioventù, sino ai primi atti
della maturità, non ti abbandona mai, insieme a qualche rito,
anche a tavola, con il pane e il pomodoro (e l’olio delle tue olive).
E sembri così tornare a essere il tuo paese.
Diventano presenti persino i ricordi dei giovanili ardori politici,
dei mega scontri ideologici, a volte fino ai morsi di una rottura 
dell’amicizia, sia pure soltanto per il tempo dell’agitato confronto,
specie durante i turni elettorali.

Ora al bar del Paese, dopo tanti anni di lontananza,
con qualche o tanti capelli bianchi, in quattro,
sereni si sorseggia senza più gli ardori di una volta,
tuffati in una catena chiassosa, continua di ricordi,
senza ordine intrecciati e ricchi di figure.
E’ il segno universale dell’amicizia, godibilissimo,
anche se ognuno ha dei ricordi la sua personale curvatura.
Per fortuna.

Ma senza volere, in sordina, per un inciampo del discorso,
intorno al lavorar dei figli, torna la politica. E, chissà, 
nellìimmaginare gli antichi scontri, ognuno, 
lieto della gioia dei ricordi, si defila vago nel parlare.
Per poco, in verità.
Così Peppe, il compagno, serio una vita, inizia smorzando
ogni entusiasmo per il suo “naturale” Pd, ormai tutto bonus,
Verdini e De Luca;
mentre Raffaele, il bianco fiore immarcescibile, interclassista nato,
con un’anima verde, nemmeno prova a difendere
il suo “naturale” Governo, anzi;
e Matteo, una volta nero di Fini, sempre furioso contro tutti,
onesto per istinto, coglie a volo questo dono amicale di spazio facile
per intervenire distruggendo il suo “non naturale” Governo;
pure Michele, alimentato dalla nonna ribelle a pane e socialismo,
mormorando, ma scandendo le parole, confessa,
almeno sul piano politico, tutta la sua “naturale” delusione
di una vita, e butta là una minaccia:
Mi toccherà votare M5S!”.
 “Embè! -interviene Matteo- Io l’ho già votato! Basta con questi ladri!”.
 “Sì, bisogna voltare pagina -rincara Michele- Io sono iscritto al M5S!”.
E Peppe, sorpreso, per non sbagliar parola, con il capo scuote
il suo annuire, e in cuor suo spera possa il M5S riuscire ad arginare,
con nuove risorse di democrazia e nuovi strumenti di libertà,
la diffusione, nel grande campo della lotta politica
e del governar dell’oggi, di quei germi, vivi e velenosi,
di una pratica dell’agire politico chiaramente violenta, ma subdola,
per comunicazione e trasformismi in sotterfugi, e oppressiva,
per limitazione dei diritti della persona.
Forse la speranza tacita di Peppe diventerà la speranza a voce piena
dei molti.
O no?


Severo Laleo

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