Mentre leggo, oggi, grazie a FB, L’Amaca di Michele Serra su La
Repubblica,
di colpo, istintivamente, il pensiero corre a un giovane liberale del Novecento,
Piero Gobetti. E capisco quanto sia stato pesante per l’Italia,
per la democrazia
in Italia, aver lasciato in un colpevole
dimenticatoio la cultura liberale,
quella costruita sull’esercizio critico e
libero di ogni singola persona
nei confronti del Potere. E comprendo quanto sia
e sia stata orfana
la nostra scuola dell’insegnamento di serietà di Gobetti, se anche il “moralista”,
in altre circostanze intransigente, Serra si rivela dipendente dalla cultura tipo
dell’italiano medio di sempre: un dannunzianesimo superficiale, pressapochista
e arruffone. E soprattutto senza impegno morale.
Scriveva Piero
Gobetti: "La lotta tra serietà e dannunzianesimo è antica
e
senza rimedio. Bisogna diffidare delle conversioni, e credere più alla storia
che al progresso, concepire il nostro lavoro come un esercizio spirituale,
che
ha la sua necessità in sé, non nel suo divulgarsi.
C’è un
valore incrollabile al mondo: l’intransigenza e noi ne saremmo,
per un certo
senso, in questo momento, i disperati sacerdoti."
E ancora: “Abbiamo combattuto il fascismo e il mussolinismo
per un
ideale di serietà non per
sostituirvi degli altri avventurieri.
Bisogna preparare ben altra rivoluzione
nelle coscienze, bisogna
dare agli italiani un senso realistico e capacità
moderna di lotta politica,
abituarli al sacrificio e all'intransigenza per le
loro idee.”
Ecco,
“abituarli all'intransigenza per le loro idee”: ma Serra e Cacciari
hanno rinunciato all'intransigenza e trovano al
loro SI’ giustificazioni fuorvianti.
E superficiali. Esterne. Per colpa di generazioni.
Al di là di una discussione nel merito della
Riforma Costituzionale,
comunque difficile da chiudere per ogni argomento
con un SI’
o con un NO, costretti alla semplificazione di un
voto, bisogna pur dire,
non democratico, perché obbliga a prendere o lasciare
in blocco (alle persone del popolo non s’addice
forse il distinguere!),
pare scelta più saggia rifiutare l’argomentazione “ineluttabile” di Serra
(“la sola idea che
accada è più convincente dell’idea che quella cosa
possa essere sbagliata”),
e accogliere semplicemente un civile,
questo sì nuovo, comportamento di serietà contro il dilettantismo,
di severità
contro il pressapochismo, senza alcuna necessità di
seguire,
cancellando la memoria, “giovanotti avventurosi e forse avventurieri”.
Si potrebbe dire: “Che abbiamo da spartire noi con la sinistra depressa
e sconfitta e ora schiava
dell’ineluttabile?”
Forse proprio nulla.
O no?
Severo Laleo
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