domenica 16 giugno 2019

Rutger Bregman, sei proprio coraggioso



Ti ricordi, vero, caro Scapece?
Ti avevo già parlato, quando erano in pochi ancora ad averlo letto,
del bel libro di Raffaele Simone sulla Grande Immigrazione;
ora ha avuto il suo meritato successo, grazie, molto probabilmente,
alla recensione di E. Galli della Loggia sul Corriere.
(Evidentemente anche i lettori spesso, pigri nella scelta, diventano "dipendenti"!)
Quando andai nei primi mesi di quest'anno a comprare il libro alla Feltrinelli,
trovai tutti i libri pro migranti esposti in bella mostra, mentre nessun posto
per  "L'ospite e il nemico".  Mah! Mi sembrò molto strano. E che è!
Giocano a nascondino!
Anche per questo, e tu lo sai, continuo a pensare che la scuola è il solo posto
dove i nascondimenti non sono possibili: senza la scuola -ma è solo uno sfogo-
la democrazia sarebbe più povera (e infatti in questi ultimi decenni
hanno tentato e tentano, a destra e a sinistra, di chiuderla in un asfittico
retrobottega burocratico).
E tanto solo per la testimonianza di un fatto, perché non sono certo
un sostenitore delle tesi di Simone. Anzi. Però del libro di Raffaele Simone
ho raccolto la mole dei suoi dati e la tensione seria e preoccupata
delle sue argomentazioni, per meglio comprendere il fenomeno
dell'immigrazione nella sua complessa dimensione,  anche se nel merito
continuo ad essere un "estremista" d'altri tempi, fiducioso nelle capacità
umane di risolvere i problemi sociali.
Sono contro ogni idea di chiusura del nostro spazio nazionale a chi voglia
liberamente stabilirvisi, ma aperto a un controllo attivo di ogni territorio
con una presenza continua, utile, interventista, civile, persino amorevole
del Servizio Pubblico, specie dove è necessaria la predisposizione di strumenti
e azioni di cura e attenzione. Anche spendendo molto.
Se esistono strumenti per chiudersi dentro i confini, per respingere gli "estranei",
esisteranno anche strumenti per aprire e aprirsi agli "ospiti", per accogliere,
senza paure e sospetti.
E attenzione, caro Scapece, non sono certo parte a livello di idee
del Club Radicale che è aperto a chiacchiere verso i migranti, lontani e distanti,
ma pratica al suo interno una sprezzante chiusura verso chi ha idee diverse.
(Come capita a chi ha un solo metro di giudizio, il proprio!)
E vabbè!
Sempre per tentare di capire di più sull'argomento, avevo preso tra le mani,
anche un po' per caso, grazie a una recensione, o non so/ricordo bene cosa,
il libro di Rutger Bregman, Utopia per realisti. Come costruire davvero 
il mondo ideale, già vecchio di qualche anno. E, sai, non granché interessato
a seguire il dibattito storico e filosofico sull'idea di utopia, per correre subito
al nostro tema, ho cercato nell'indice analitico la voce "immigrazione":
macchè, niente! Ho cercato "migranti", e ancora niente.
Così, non nascondendomi una sincera delusione, mi sono deciso a leggere
tutto dall'inizio.
Un libro strano, almeno nella sua struttura narrativa, con salti e ritorni,
pieno di dati interessanti e di notizie, tra la storia e, a volte, l'aneddotica,
anche curiose (lo sapevi tu che il primo "gruppo di controllo" si trova descritto
nella Bibbia, in Daniele I, 1-16?), un libro in grado di aprire con dati di fatto
una discussione seria sul "reddito di base", un reddito annuo garantito
senza contropartite, riportando i risultati molto interessanti
di un esperimento canadese (Mincome). E non solo.
La lettura è andata avanti abbastanza facilmente (a volte Rutger, per rendere
godibile la lettura, sembra utilizzare stratagemmi un po' ingenui,
ma è giustificato dalla non leggerezza degli argomenti) tra riduzione
di tempo di lavoro e incremento di tempo libero, fino a quando non mi sono
imbattutto in questa affermazione: "...confini aperti. Non solo per banane, 
derivati e iPhone, ma per tutti, i lavoratori della conoscenza, i profughi 
e la gente qualsiasi in cerca di prati più verdi". E qui il mio estremismo ideale
a difesa del diritto di migrare trova finalmente la sua soddisfazione.
"Aprite i cancelli" a chi lascia il proprio paese di origine in cerca
di nuova fortuna, sostiene Rutger, non è più tempo di tenerli
"sbarrati e lucchettati". "L'articolo 13 della Dichiarazione universale 
dei diritti dell'uomo sostiene che tutti hanno diritto di lasciare il loro paese 
ma non garantisce a nessuno il diritto di trasferirsi nella Terra dell'abbondanza. 
E coloro che chiedono asilo scoprono presto che la procedura è ancora più irta 
di burocrazia...forse tra un secolo o giù di lì potremo guardare questi confini 
come oggi guardiamo lo schiavismo o l'apartheid. Però una cosa è certa: 
se vogliamo rendere il mondo un posto migliore, non possiamo eludere il problema dell'immigrazione...
Se tutti i paesi sviluppati facessero entrare il 3 per cento in più di immigrati, 
i poveri del mondo avrebbero 305 miliardi di dollari in più da spendere, 
sostengono gli esperti della Banca Mondiale...Come scrisse nel 1987 
Joseph Carensuno dei principali fautori dei confini aperti, "non sarà possibile 
ottenere immediatamente l'immigrazione libera, ma è una meta 
verso la quale dovremmo puntare."
Caro Scapece, purtroppo per molte persone mie amiche, mi trovo d'accordo
con questa idea, l'idea dell'immigrazione libera, nonostante tutte le paure
e i problemi.
E vorrei dire a Rutger, grazie, sei coraggioso a sostenere queste idee
nel buio di oggi.
E a te, caro Scapece, vorrei ricordare la nostra lettura negli anni '70
del Rapporto del Club di Roma, I limiti dello sviluppo, quando per dare
una speranza al nostro '68, e per non perdersi, si cominciò a credere
non senza coraggio nell'utopia di un mondo migliore.
E questo è tutto, Scape'!
Buone cose e a presto,
il tuo Severo

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