venerdì 6 novembre 2020

Lettera a Gigi Proietti.

 

Caro Gigi,

vorrei dirti grazie, veramente un grazie di cuore, per aver regalato,

a partire dalla fine degli anni ‘70, alla mia giovane famiglia,

momenti di gioiosa e allegra serenità soprattutto nell’ascolto

delle canzoni di quel trentatré giri, quel tuo “Gaetanaccio”,

dove appari tutt’uno con un arco in pietra su una scalinata.

(Sì, perché il tuo stile non è stato mai quello di ingombrare

la scena, ma di rispettarla, da mattatore sì, un po’ speciale.)


Non ti dico quante volte quel disco ha riempito dei tuoi canti

la nostra casa. Mi divertivo, canticchiavo sulla tua voce,

e i miei bambini, pur giocando, seguivano; a volte, ormai ragazzi,

mi prendevano anche in giro, ridevano alle mie stonature,

eppure restavano ad ascoltare. Erano presi.

Avevano capito che eri il mio cantante e attore preferito,

e quando uscivi per televisione avresti potuto sentire:

papà, papà, vieni c’è Gigi Proietti”; proprio così,

nome e cognome. E da “amico” di papà eri diventato familiare.

Il solo tuo nome apriva i nostri sguardi a simpatia e sorriso.

E seguendo il tuo canto ci capitava di parlar tra noi,

di cose importanti, sempre a partire da “Gaetanaccio”.


Oggi, nel giorno del tuo funerale, scavando nei ricordi,

mi accorgo che abbiamo avuto molto di più dalla tua voce

avvolgente, e te lo voglio dire!

Proprio il tema della morte abbiamo toccato senza paure,

seguendo il tango della tua “danza macabra”,

sorridendo, grazie a te, al l’immagine di un “ossaio” in “ciavatte”.

Quante volte, grazie a te, abbiamo cullato il tempo serale

con la tua ninna nanna, ripetendo quel ritornello

della vita “che pazienza che ce vo’!

E che brutto tiro m’hai giocato con quel “Nun je da retta

Roma, che t'hanno cojonato!Vallo a spiegare!

Il discorso politico, i bambini, era difficile. Ma grazie a te,

abbiamo capito bene, “abbasta ‘no scossone” sì,

ma “io c’ho pazienza, aspetto”. E batteva il cuore

di solidarietà per la sventura dei poveri.

Infine l’amore per Nina, con tutti i suoi tormenti,

fino alla disperazione diFiume, me butto a fiume!

Cancellame dar monno”.

Per fortuna, era possibile tornare a “Nina se voi dormite”

per raccontare tutta la dolcezza dell’amore, e la sua forza:

L'amore nun se frena, o Nina, amate Che a vole' bene, no,

nun è peccato.”

E guarda caso a un amore dolce e pieno hanno imparato

a guardare quei bambini.


Sprigionava per noi la tua figura, ad di là del tipo, come dire,

di prestazione, canto, recitazione, intervista,

sempre un garbo gentile, vero, alimentato da una naturale

e civile mitezza.


Ora già m’aspetto di sentire anche dai miei nipoti:

nonno, nonno, vieni c’è Gigi Proietti”.

Ed io lascerò tutto per continuare a seguirti.

Credo sarai contento anche tu. Di là.

O no?

Severo Laleo

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