Il fatto semplicemente (e terribilmente) è questo: una donna, Gisèle Pélicot (scrivo il nome perché la vittima ha deciso con coraggio di affrontare il processo a viso aperto) ha subìto, una volta drogata dal suo "caro" (una lunga vita coniugale insieme) marito, ripetuti stupri, tra il 2012 e il 2020, da parte di "uomini" contattati tramite internet direttamente dal marito, dichiaratosi a sua volta violeur. Si legge su Wikipedia: "Si tratta di uomini “comuni”, di età compresa tra i 26 ei 73 anni, tutti provenienti dalla stessa regione della coppia. Tali imputati non presentano patologie psichiche, ma nutrono un sentimento di “onnipotenza” nei confronti del corpo femminile. Alcuni sono in pensione, altri esercitano diverse professioni e funzioni, alcune delle quali di pubblico interesse: pompiere, militare, guardia carceraria, consigliere comunale". (La cronaca ultima riporta le parole incredibili e insensate di un accusato il quale per difendersi pare abbia dichiarato: "Credevo fosse morta!")
Al di là della polemica, soprattutto social, e non solo, se il problema riguardi "questi uomini" o "tutti gli uomini", un fatto culturale, pur attraverso infinite gradazioni, è assodato: la "mascolinità" tende al dominio con o senza fisica aggressione. Tutta la nostra cultura è pervasa da questa, aperta o sotterranea, malefica linfa. I maschi, quasi sempre, si "confrontano/scontrano" con gli altri maschi, riconoscendosi a vicenda "dominatori". La donna è sempre da "sottomettere". La presenza di chi non è "maschio" è ritenuta irrilevante, e cmq in stato di sottomissione. Tanto deriva da una struttura culturale di tipo patriarcale, portante ancora oggi, nonostante progressi culturali e dichiarazioni di principi molto avanzate.
Anche l'organizzazione sociale e politica risponde con le sue istituzioni a questa struttura: se nelle istituzioni la parità assoluta uomini/donne è ancora lontana da normare, questo continua a perpetuare l'idea del dominio maschile. Il fatto che anche nelle democrazie si affidi il potete di "guida" a una sola persona (monocratismo) è la diretta conseguenza di una visione patriarcale delle istituzioni; e quand'anche arrivi al potere una donna, nonostante ogni sforzo, la struttura reale del potere resta fondamentalmente maschile.
Forse una divisione del potere alla pari, con assemblee parlamentari/consiliari, con presenza pari di uomini e donne, e con il superamento del monocratismo (l'uomo solo al comando), esito istituzionale della struttura patriarcale del potere, nella direzione di una guida duale, di coppia, di un uomo e una donna insieme (bicratismo), potrebbe sul piano politico e culturale radicalmente limitate/modificare, fino alla sua eliminazione, la profonda e ancora diffusa mentalità della superiorità dominante del maschio con quel suo "sentimento di “onnipotenza” nei confronti del corpo femminile".
E forse anche sul piano dei conflitti, e della sottesa logica di potenza, la "parola" per la pace potrebbe prendere il sopravvento sulle "armi".
O no?
Severo Laleo
Nessun commento:
Posta un commento