Leggo sul quotidiano Domani un articolo di F. Polizzi dal titolo, molto esplicito e documentato, "Discriminazioni e parole violente La politica è un affare per maschi".
Non si può non essere d'accordo: la politica è ancora un affare per maschi! Scrive Polizzi: "La politica mondiale è dominata dagli uomini: solo il 27 per cento del seggi parlamentari è occupato da donne a livello globale e meno del 13 per cento è alla guida di governi (fonte UN Women). Le donne sono spesso assegnate a ministeri legati a questioni sociali, pari opportunità o diritti umani. Tuttavia, rimangono sottorappresentate in settori come la difesa, l'economia e l'energia; questo riflette quanto sia ancora limitato il loro accesso a ruoli più strategici. Ad alimentare il divario è il fatto che le donne in politica continuano a essere considerate non per le loro idee, ma per il loro genere."
Se questa è la situazione, non si comprende perché il movimento delle donne (magari insieme a tanti uomini) non rifletta sull'attuale stato (e sulle origini) delle istituzioni democratiche, nate in piena cultura maschile, con il perpetuarsi, in un modo o nell'altro, della figura del "capo", unico e dominante, e non si preoccupi di trasformare quelle istituzioni, pur considerate da tutte/i, per abitudine, "naturali", con alla sommità il monocratismo, con altre istituzioni più rispondenti al dato, questo sì "naturale", della parità numerica (pressappoco) tra uomini e donne.
Una volta le "suffragette" lottavano per il diritto al voto, ora forse è il momento per il movimento delle donne di lottare sia per "istituire" sedi politiche e amministrative di dibattito e decisione (parlamenti e consigli) con la presenza pari di uomini/donne, sia per superare il monocratismo, l'uomo solo al comando, "istituendo", per la figura di governo, il "bicratismo", una guida cioè duale di un uomo e di una donna insieme, con tutte le conseguenze politiche, sociali e culturali a cascata nella società civile.
Quando apparirà chiara la parità politica tra uomini e donne in tutte le sedi di dibattito/decisione e di governo, forse anche l'hate speech, l'odio, le discriminazioni e la violenta aggressività, sotto ogni forma, nei confronti delle donne potranno veder la propria fine.
O no?
Severo Laleo
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