lunedì 28 maggio 2012

Le donne non sono più l’altra metà: sono di più. E niente cambia!




Trovo nel sito “il paese delle donne” una riflessione amara di Lidia Menapace,
dal titolo “Parliamo di genere”. Voglio, per spingere anche qualche altra persona
a una riflessione, trascriverla integralmente:

Le donne sono più degli uomini fino dalla prima votazione dopo la fine della seconda guerra mondiale: ma lasciamo perdere, eravamo "impreparate"; chissà gli uomini che preparazione si erano fatti sotto il fascismo, che avevano eletto con la legge Acerbo! ma lasciamo perdere.
Abbiamo aggiornato i numeri con l’ultimo censimento reso noto da pochi mesi e valido fino alla fine del 2011, dunque freschissimo. Risulta che le cittadine italiane sono circa due milioni più dei cittadini e fermiamoci qui, a numeri approssimati per difetto.
Abbiamo appena votato per un cospicuo numero di sedi amministrative e si fa un gran discutere sulle conseguenze. Le votazioni avvengono nei seggi per genere, ci sono cabine per gli uomini e cabine per le donne, come anche elenchi divisi per genere, sicché una cosa facilissima è fare le somme di quanti uomini hanno votato e quante donne e anche vedere, con una piccola operazione delle proporzioni, che si imparava in quarta elementare (x sta a y come ecc.) Risultati se l’astensione delle donne è maggiore di quella che già si deve dare per scontata, dato il maggior numero di donne. Nessuna di queste notizie ci è stata data. Non interessa sapere che le donne non contano, fino al punto che non si contano nemmeno?
Certamente pretendere di sapere quante erano le candidate e quante le elette sarebbe davvero troppo. Il linguaggio inclusivo è ignoto alla televisione di stato. IIlustri giornaliste sproloquiano interi pomeriggi e una serata senza che la parola donna esca loro di bocca. Vorrei ciononostante sapere quante erano le candidate e quante le elette e persino quante siano le sindache.
E adesso si "rimedierà" cooptando nelle giunte le donne che non disturbano? E chi farà questo, sia di destra, centrodestra, centro, centrosinistra, sinistra, presidenzialista o parlamentarista, vincitore o battuto pretende di essere "democratico"? non esiste una questione della rappresentanza delle cittadine? rimane intatto e rispettato più della virtù delle madri la regola dettata da grammatici dell’ Umanesimo che decretarono: In italiano nelle concordanze "prevale il maschile come genere più nobile"? "Ma perché le donne non protestarono?" chiedono virtuosamente i democratici:" Erano analfabete e non furono interpellate". Siamo ancora un genere un po’ ignobile e una magistrata può essere presa in giro nelle serate di bungabunga e questo non è offesa? Che bel paese per le donne!
Purtroppo siamo artisti del “rimediare”, noi Italiani. Sicuramente non mancheranno sindaci “democratici”, magari di sinistra, pronti a qualche femminile cooptazione. E a chiudere la questione “femminile” in bellezza, senza il rischio di scalfire la struttura maschilista della nostra organizzazione politico-istituzionale. Personalmente credo, soprattutto per recuperare l’astensionismo,
ma anche per offrire un nuovo approdo, un nuovo banco di lavoro, a chi oggi ha scelto di dare il suo voto al Movimento di Grillo (altro fenomeno di leaderismo maschilista all’italiana), sia necessario, a livello politico, una proposta forte di modifica dell’essere partito, una proposta di partito nuovo:
un partito nuovo nella sua struttura decisionale (un uomo e una donna insieme alla     segretaria, in     ogni istanza); 
un partito nuovo nella composizione degli organismi dirigenti (pari numero tra uomini e donne);
un partito nuovo nella scelta della dirigenza (metà per elezione, metà per sorteggio: è dovere di ogni iscritta/o offrire il suo impegno nel governo del partito, e non solo di chi lo chiede espressamente con una candidatura);
un partito nuovo per finanziamento (solo finanziamenti palesi degli iscritti);
un partito nuovo per la selezione di candidate/i alle elezioni, sempre in pari numero uomini/donne, con primarie tra iscritte/i.
E se si vuole aprire davvero una via al cambiamento della società, anche nella direzione dell’estensione della democrazia e della trasparenza, e soprattutto della formazione di una decisione pubblica non più condizionata/dominata da una cultura di genere maschile, è necessaria, in tutte le “sedi/posizioni” di natura “decisoria” istituzionale, la presenza uomo/donna alla pari, spezzando il monocratismo, di maschile origine. In realtà, il monocratismo, il potere/dominio, cioè, di uno solo, anche quando raggiunto per via democratica, è sempre l’esito peggiore del maschilismo, con tutte le sue degenerazioni, dal leaderismo carismatico all’uomo della provvidenza. Il maschilismo cade solo insieme al monocratismo.
Forse solo il bicratismo perfetto potrà segnare una nuova stagione di democrazia.
O no?
Severo Laleo


martedì 22 maggio 2012

Ora le “Quote Rosa” hanno anche un costo. Minimo




La notizia è così raccontata sul Corriere della Sera.it:
QUOTE ROSA - Riceve l'ok anche la proposta di modifica che di fatto introduce 
le «quote rosa». Messa a punto dalla parlamentare del Pd, Sesa Amici, 
la norma prevede la decurtazione del 5% dei finanziamenti a quei partiti 
che non garantiscano un'adeguata rappresentanza di donne in lista. 
Questo, in sostanza, il testo: i contributi pubblici sono diminuiti del 5 % 
qualora il partito o il movimento politico abbia presentato 
«nel complesso dei suoi candidati per l'elezione dell'assemblea di riferimento 
un numero di candidati del medesimo genere superiore ai due terzi del totale, 
con arrotondamento all'unità superiore». Grande soddisfazione per questo voto 
viene espressa dalla parlamentare. «Si tratta di una proposta concreta 
- commenta - per aumentare la partecipazione delle donne alla politica.»”
Quindi, per aumentare la partecipazione delle donne alla politica, 
basta la minaccia, immagino, per i partiti “maschilisti”, di un taglio 
del 5% dei contributi pubblici. Ma via, non è possibile!
Non possono le donne aprirsi una strada nella giungla attuale del potere politico,
tentando di “monetizzare” la propria assenza/presenza. 
E da risorsa, diventano peso/penalità.
E’ un pessimo esempio, mi dispiace. Anche per le future generazioni.
Eppure basterebbe inserire negli Statuti dei Partiti una semplicissima norma: 
in ogni elezione i candidati e le candidate devono essere pari di numero”.
Chi potrebbe votare contro, senza essere derisa/o!
E se un partito non approvasse la norma, non meriterebbe certo 
la presenza delle donne, anzi, quelle donne di quel partito sarebbero libere 
di costituire, sempre in quell’area politica di riferimento, 
un proprio partito di sole donne. Per dignità.
O no?
Severo Laleo

P.S. Eppure continuo ancora a sperare nella forza politica delle donne, 
almeno a sinistra, per il superamento, nei partiti e nelle istituzioni, 
del "monocratismo" di matrice maschilista 
(quanti uomini, "uni", della provvidenza!), 
con il "bicratismo" di genere per una nuova società di "pari".

domenica 20 maggio 2012

Senso del limite



Seguo, in diretta, la conferenza stampa del Procuratore di Brindisi.
Al centro la tragedia di Melissa e del Paese.
I giornalisti incalzano, svolgono bene il mestiere.
Il procuratore risponde, svolge bene il mestiere.
Ma perché gli capita più volte di sorridere?
La professionalità, oggi, dovrebbe vestire solo 
l'abito della compostezza.
O no?
Severo Laleo

La scuola, di nuovo, bottega di civiltà


 Cara Melissa, cara Veronica, care/i alunne/i dell’Istituto “Morvillo Falcone”,
ormai è chiaro a tutti, il volto pulito e libero dell’Italia siete voi.
Siete voi, così determinati a gridare, dalla vostra scuola, a tutti noi,
di “guardare la legalità in faccia”, nei volti amici di Falcone e Borsellino;
siete voi, così determinati a chiedere di “attuare finalmente le idee e proposte
di Giovanni Falcone, anche per dare un senso a morti di giovani studenti,
caduti in una guerra troppo spesso tradita da chi l’avrebbe dovuta combattere
con loro: potenziamento dei pool antimafia; 
sequestro immediato dei beni dei mafiosi;
esclusione di proventi di attività criminali dalla scudo fiscale;
carcere duro per tutti i boss e affiliati di mafia, camorra e ‘ndrangheta“;
siete voi, con la vostra speranza fervida di un futuro normale in un Paese civile,
siete voi, e solo voi, la  “minaccia” vera e irriducibile
per chi continua, con l’arroganza ignorante dell’imbroglio, con le ribalderie,
con le connivenze, con la violenza, da delinquente, a tenere il Paese
nella paura e nella sudditanza.
Sono delinquenti e schiavi i manovali delle bombe,
sono delinquenti e padroni i mandanti delle stragi,
sono delinquenti e complici i silenzi di chi sa,
sono delinquenti e ignavi i ritardi della classe politica,
sono delinquenti e insopportabili le nostre pigrizie mentali.
Ma il tuo sacrificio, cara Melissa, con l’infinito dolore dei tuoi cari,
la tua sofferenza, cara Veronica, le vostre ferite, care/i ragazze/i,
siatene certi, costringeranno noi tutti, Resistenti del 2000,
ad aprire gli occhi, definitivamente,
perché anche al nostro Paese sia data la possibilità
di costruire una via nuova, la vostra, verso la civilizzazione.
E toccherà di nuovo alla scuola, con i suoi poveri mezzi e strutture,
ma con la generosa e misconosciuta serietà larga dei suoi operatori,
seguendo l’intuizione, pedagogica, di Dalla Chiesa, un generale, e di Caponnetto,
un magistrato, difendere, contro la violenza mafiosa, la civiltà della mitezza.
Per il cambiamento della nostra società.
E sappia il nostro Ministro dell’Istruzione, per le sue decisioni nel caso,
per le finalità dei nuovi investimenti, ora d’obbligo, senza altre scuse,
che la scuola della legalità è la scuola dell’accoglienza, della “promozione”,
della cooperazione, fra tutti e per tutti, senza esclusioni;
in una parola, è la scuola della gioia della vita
contro la strategia della paura della morte.
Un abbraccio a tutte/i voi, con l’impegno a essere al vostro fianco,
Severo Laleo


venerdì 18 maggio 2012

Stato Amico? La trasparenza della Pubblica Amministrazione è d’obbligo


 
Ecco l’annuncio della nascita di Foia.it per un "Freedom of Information Act" italiano: Il diritto di accesso alle informazioni della pubblica amministrazione. Lo rivendicano con urgenza le associazioni della società civile attive nella rete e nella carta stampata, giornalisti, professori ed esperti della pubblica amministrazione che si sono riuniti ieri presso la sede della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi). L’obiettivo comune è quello di ottenere, anche in Italia, un Freedom of Information Act (Foia), ovvero una legge che come già avviene in tutti i Paesi democratici - permetta in concreto alla comunità di controllare e far funzionare meglio le proprie istituzioni.
La totale trasparenza di quanto sta alla base delle decisioni pubbliche (i pareri interni, i documenti, le "carte" insomma), a tutti i livelli, è un formidabile strumento di "buon governo" che i cittadini attivano, non solo negli Stati Uniti e nel Nord Europa. In ottanta Paesi, nei cinque continenti (tra cui - oltre a Canada, Usa, Regno Unito e Svezia vi sono anche Messico, Brasile, Sud Africa, Nigeria, India, Giappone, Giordania e molti altri) il diritto di accesso alle informazioni e ai documenti della pubblica amministrazione funziona come bussola della pubblica opinione nelle piccole cose e nelle grandi crisi. Ma così non è in Italia, dove addirittura è esplicitamente negato per legge ciò che in gran parte dei Paesi occidentali costituisce la ragion d'essere della disciplina in vigore.
Lo stesso giornalismo non è costretto a fare la sua parte solo il giorno dopo, quando è venuta giù per il terremoto dell'Aquila la casa dello studente e ha ucciso i ragazzi.
L’Iniziativa per l'introduzione di un Freedom of Information Act prende corpo da oggi con un sito web ( www.foia.it ) nel quale sono illustrati gli obiettivi e sono evidenziati 10 buoni motivi che spiegano il perché di questa urgenza. Aprire i cassetti dà ossigeno alla democrazia che ne ha davvero bisogno, è un vero ostacolo alla corruzione e fa anche risparmiare.
Poche norme, semplici e chiare, da votare subito, possono aiutare una svolta traducendo quella che ora è una necessaria affermazione di principio in fatti tangibili.
Con l'Iniziativa e il sito Foia.it i promotori intendono informare i cittadini del loro diritto a conoscere e dei modi per esercitarlo, per quanto possibile, sin da subito: nei Comuni, nelle Regioni, negli enti pubblici dove buoni amministratori vogliono lavorare alla luce del sole. In materia ambientale (discariche, inquinamento, amianto), ad esempio, è già possibile ottenere importanti informazioni utilizzando la "convenzione di Aahrus", ratificata dall'Italia”.
Forse solo con la trasparenza un moderno stato democratico 
potrà diventare anche amico.
O no?
Severo Laleo

giovedì 17 maggio 2012

Parità uomo/donna e bicratismo perfetto. Appunti per una società nuova



Ormai non è più una novità, anzi si avvia a diventare “norma”,
la #parità donna/uomo nel Governo di un Paese:
Hollande, rispettando la promessa elettorale
(di evidente interesse per ogni elettrice, appunto, donna),
avrà un esecutivo di 17 donne e 17 uomini,
sebbene qualche ipercritico già calcoli i “pesi” dei diversi ministeri
(non vorrei si inventasse il manuale Cencelli dei generi!).
Forse è ora - ma il maschilismo nei nostri partiti è troppo radicato-
di estendere questa “norma” al nostro Paese
e a tutte le giunte degli enti locali, da Nord a Sud,
anche per il suo valore, a livello politico e culturale, unificante.
Eppure bisogna andare oltre. Qualcosa non convince in questa parità di governo,
elargita per illuminazione o per promessa elettorale:
la parità uomo/donna, in un organo di governo collegiale,
appare, ed è,  ancora una decisione personale e “illuminata”
di un organo monocratico, a prescindere dal suo genere.
Se non irrompe, la parità uomo/donna, nel livello monocratico di ogni “governo”,
la nostra società continuerà a restare imbrigliata 
nelle antiche strutture di potere di produzione maschile.
La scalata alla parità uomo/donna attraverso le quote rosa
non riuscirà mai a scalfire la struttura maschilista 
della nostra organizzazione sociale, se non spezza il monocratismo.
Per aprire una via possibile al cambiamento della società,
anche nella direzione dell’estensione della democrazia e della trasparenza,
e soprattutto della formazione di una decisione pubblica
non più condizionata/dominata da una cultura di genere maschile,
in tutte le “sedi/posizioni” di natura decisoria di pubblica utilità
la presenza uomo/donna non può non essere pari, anzi, dovrà essere pari.
In realtà, il monocratismo, il potere/dominio, cioè, di uno solo,
anche per via democratica, è proprio l’esito peggiore del #maschilismo,
con tutte le sue degenerazioni, dal leaderismo carismatico 
all’uomo della provvidenza (la P maiuscola, in questo caso, sarebbe un’offesa
all’intelligenza di qualsivoglia Provvidenza!).
Il maschilismo cade solo insieme al monocratismo.
Forse solo il bicratismo perfetto potrà segnare una nuova stagione di cambiamento.
O no?
Severo Laleo