Il Comandante (maiuscolo, mi raccomando!) della Costa Concordia,
il velocista degli scogli, non è responsabile della tragedia.
Il Comandante (ancora maiuscolo, sia chiaro!) è il responsabile della tragedia.
Sì, perché ogni Comandante (sempre maiuscolo), oggi almeno,
con il suo inevitabile seguito retorico di Codardia o di Eroismo,
ancora chiude, purtroppo, in sé –e non è giusto- tutti gli atti della responsabilità.
In una società complessa, mortificato in troppi tra noi,
soprattutto dal danarismo avvilente,
in ogni campo –e non è necessario produrre esempi!-,
il valore tradizionale della responsabilità soggettiva, e il Dovere,
affidare le sorti di una nave (e di ben altre navi) a un solo “uomo”,
a un Comandante, a un Leader, con o senza carisma,
è comunque un azzardo. Nel bene e nel male.
In realtà, al di là dei limiti/pregi della singola persona,
l’idea del Comandante (in maiuscolo), a illimitato e unico potere,
è diretta conseguenza di una visione maschilista della società,
a prescindere, naturalmente, dal sesso del Comandante.
E' ora di ampliare le responsabilità oltre l'io del Comandante,
e rendere strutturalmente funzionale il senso del dovere.
Immaginiamo, per un attimo, il comando della Concordia
affidato a due comandanti (minuscolo, per piacere!), un uomo e una donna,
ognuno con diritto di veto (a mo’ dei consoli della Repubblica nell’antica Roma):
“Schettì, che vuoi fa’?”
“Un inchino al Giglio, Giuseppì!”
“Lascia sta’, Schettì, è pericoloso, ci stanno i’ scogli”
“Ci penso io, non ti preoccupa’!”
“No, no, non ti permettere, voglio rispetta’ la rotta!”
“Maronna, Giuseppì, si ‘na palla! Con te non si può fa’ niente!”
“Mi dispiace, Schettì, cammina diritto, va’!”
Forse se il Comandante unico, figlio antico di un misfatto culturale,
fosse, laddove necessario, superato definitivamente,
le tragedie tipo Concordia non dovrebbero ripetersi.
O no?
Severo Laleo
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