So bene, è una citazione inutile. Costringe
a leggere e studiare.
Piero
Gobetti, il liberale a schiena diritta e alta, intransigente
verso il potente Fascismo, è quasi
sconosciuto. La colpa?
E’ facile: i partiti vecchi e “nuovi”
hanno educato generazioni intere
non al sentire profondo della libertà e della
responsabilità personale,
ma alla pratica del potere e degli “inciuci”
(il dialogo aperto è altra faccenda).
E i “nuovi” virgulti, con un’idea “personale”
di spirito democratico,
comunque ammirati dal fascino di abilità (si fa per
dire!) politica del “Capo”,
sono già maestri nell’arte antica del maneggio e nuova
dell’uso dei media.
Contro liberi cittadini. Forse per questo Piero
Gobetti non riesce a diventare
un esempio morale e politico per i giovani.
A volte per capire le trasformazioni di un
Paese più di qualche libro
di sociologia politica può l’influenza. Sì,
perché ti costringe a occupare il tempo
a leggere di tutto, anche i commenti di
tanti lettori agli articoli intorno
alla nuova legge elettorale. Vien fuori, un po’ a caso, certo, un’immagine
di un Paese liquidatorio, irriflessivo, scarsamente preparato, livoroso,
contro ogni logica e dato storico, nei
confronti dei “piccoli”,
anche se partiti, tutto proteso a ridurre i
ragionamenti
e a aggredire con insulti.
Incapace di interrogarsi sul senso della
democrazia.
Si può sbagliare, ma è il risultato di anni
di diseducazione,
di volgarità irrispettosa, di smania di “vincere”,
a ogni livello
e dappertutto. Risultato anche di vent’anni
di berlusconismo
“elegante”, e per “servi liberi”.
“Vincere/vincente” è così nella sua
insignificante neutralità
un nuovo metro di misura. E di valutazione.
A prescindere.
Un esempio sintesi? Tra i più leggibili? Eccolo:
“Insomma, vogliamo
accettare le regole democratiche o no? Le primarie vanno
bene solo
se prevale chi piace a noi? Renzi ha stravinto (aveva vinto anche tra
gli iscritti!).
Allora lasciatelo lavorare, BASTA!”. C’è tutto.
Naturalmente, nel commento, il problema non
è in quel “Renzi”,
i nomi cambiano, ma nella diffusione di una
mentalità a delegare
senza partecipare. In una parola, la logica
del “basta”.
Eppure voglio continuare a sperare. All’improvviso, quando c’è da decidere
per
il bene comune, il popolo
dei referendum esce sempre.
E vota.
O no?
Severo Laleo
P.S. Ecco, sempre per ricordare uomini
attenti al dettato costituzionale
e alla libertà del voto, la storia, da
Wikipedia, di Epicarmo Corbino.
“Dal 10 maggio 1948 al 3 luglio 1951 fu deputato eletto
nel
gruppo parlamentare del Partito Liberale, poi dal 3 luglio 1951 al 24 giugno 1953
entrò nel Gruppo Misto al Parlamento. Successivamente formò un nuovo partito,
l'Alleanza Democratica Nazionale (ADN), movimento nato per contrastare
la
cosiddetta legge truffa proposta dal governo, a cui egli non aderì (e alla
quale
aveva tentato di opporsi
anche in aula, proponendo una soluzione di mediazione,
denominata "ponte
Corbino"). Nel 1953, contro la cosiddetta “legge truffa”,
che istituiva un
premio di
maggioranza per i partiti, singoli o apparentati tra loro,
che avessero
ottenuto la
maggioranza assoluta dei consensi popolari, Corbino,
dissentendo dal PLI,
costituì l'Alleanza Democratica Nazionale.
In questo modo si tolsero voti ai
gruppi di centro (così
come fece il gruppo
Parri-Calamandrei a sinistra), e la legge non ottenne,
anche se per poco, l'effetto sperato”.
E dall’altra parte non c’era Berlusconi, inimmaginabile per quegli
uomini
democratici e rigorosi, ma il democratico Alcide
De Gasperi!
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