martedì 21 gennaio 2014

Severgnini, Cuperlo e Renzi: lo stile è l’uomo



Severgnini a Ballarò, con un eccesso di leggerezza, giudica l'italiano 
di Cuperlo praticamente incomprensibile, addirittura 'non italiano' e, 
bontà sua, giudica un ottimo 'italiano' il parlar di Renzi. È cambiato il mondo, 
se anche un autorevole conoscitore della lingua italiana, non è più in grado 
di leggere, distinguere e capire le differenze. E quasi insulta ricordando 
in un passaggio l'invito (a Cuperlo!!!) a usare il congiuntivo.
Anche le persone corrette a volte cadono miseramente.
Anch'io voglio, via, con altrettanta leggerezza, esprimere un giudizio 
non solo linguistico, ma di stile dell'uomo.
L'italiano di Cuperlo, articolato e vario, a vocabolario ampio, 
a frase costruita con sapienza, è l'italiano di una persona perbene, mite; 
nessuna parola o espressione di Cuperlo potrebbe mai ferire qualcuno. 
L'italiano di Renzi è diretto, a frasi semplici, ricco di battute, 
dal vocabolario spesso insultante, specie quando parla degli altri, 
al contrario è plaudente quando parla di sé. E ha a tratti del violento 
il suo italiano. Ed è rude il suo sfottò.
Spesso  è sprezzante e meraviglia la pazienza remissiva degli interlocutori.
Anzi a volte la compiacenza sorridente dei presenti è al limite 
della soggezione.
Ad esempio, parlare del governo in termini di "strapuntini e sgabelli
offende il Primo Ministro (Cuperlo avrebbe un vocabolario rispettoso); 
dire ai piccoli partiti interessati a discutete di 'soglia' elettorale 
di “arrangiarsi” e attribuir loro, ripetendo un luogo comune 
(ah, gli stereotipi!), un potere di ricatto pregiudizialmente, 
è distruggere/negare la presenza dell'altro.
Non può durare. Abbiamo già consentito sbagliando in passato all'italiano 
(si fa per dire!) di Bossi e Berlusconi di sferrare ingiustificate bordate 
contro tutto e tutti. Non possiamo continuare su questo andazzo. 
Il rispetto deve diventare la cifra della nuova politica. 
Altrimenti è tutto come prima. 
E da Cuperlo anche Severgnini forse ha da imparare.
Lingua e stile. 
O no?
Severo Laleo


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